È possibile risolvere la questione omerica limitandosi a leggere il tascabile presente in tutte le rastrelliere girevoli di edicole e librerie tradotto da Rosa Calzecchi Onesti o da Jolanda de Blasi? Attenzione, perché il professor Ieranò, autore di un dotto saggio sulle figure di Elena e Penelope, leggendo questo scritto potrebbe mangiarsi le mani essendo arrivato a tanto così dal traguardo; pertanto, è bene si munisca di sali, prima di proseguire nella lettura nel presente, brevissimo scritto. Il saggio del Professor Ieranò, peraltro, l'abbiamo trovato casualmente, mentre ci documentavamo sulle figure di Elena e Penelope, dopo essere stati attraversati da un lampo d'intuizione potente come una folgore.
Di solito, per noi funziona così: prima intuizione, e poi studio. Da dove vengano queste intuizioni (posto, e non concesso, si tratti di intuizioni giuste; ma analogamente a Samuel Butler, come spiega lo stesso Professor Ieranò, riteneva nella figura di Nausicaa si nascondesse la vera autrice dell'Odissea, ossia una donna, non potendosi trattare, secondo Butler, di uomo, per via dello scavo psicologico esageratamente puntuale di quell'alieno ineffabile chiamato universo femminile – quello sì pieno di buchi rosa, quasar e pulsar -, anche i sottoscritti diventano estremamente assertivi quando si tratti di loro lampi d'intuizione: noi ci crediamo, nelle cose che scriviamo, altrimenti non ci sogneremmo minimamente di proporle al lettore, solo Dio lo sa.
Fatto sta, stavamo ripensando a un nostro precedente scritto dal titolo "Il corpo militare dell'umanità", uno scritterello importantissimo sporcato da un finale, in fin dei conti, imbevuto di retorica pacifista, certo non in linea coi tempi dato l'alto numero di scenari di guerra nell'attuale attualità, quando nella mente ci è rimasto impigliato il concetto di "pomo della discordia". Nel nostro scrittarello paragonavamo infatti Elena di Troia a Eva della Bibbia (la Bibbia è un libro; non il nome di un'antica città), poiché anche Eva ebbe a che fare con un "pomo della discordia", quello che finirà nel gozzo di Adamo a sempiterna memoria: ed ecco comparirci la soluzione del plurisecolare enigma omerico.
In sintesi, Elena e Penelope rappresentano entrambe, rispettivamente tanto nell'Iliade quanto nell'Odissea, il "pomo della discordia". Hanno medesima funzione. Sono uguali. In termini di funzione narrativa sono lo stesso personaggio.
Infatti, così come Elena riesce a far scatenare la guerra tra Achei e Troiani, allo stesso modo Penelope scatena una faida tra i Proci. Le due fanno la stessa cosa. Certo, Elena in modo più evidente e comportandosi in modo più lascivo e lussurioso; Penelope mantenendo, invece, almeno in apparenza, la sua dignità di sposa: ma la funzione all'interno dell'economia dell'epica narrazione, e della poetica omerica riguardo la figura femminile, è pressoché identica. La donna divide. La donna crea caos. Per far procedere il motore narrativo Omero aveva bisogno di uno start, e l'individuò nelle figure femminili preminenti del suo poema.
L'Odissea senza Penelope, e senza una Penelope assediata dai corteggiatori, cosa sarebbe infatti? Mero viaggio turistico d'Ulisse verso la sua petrosa patria – magari un viaggio no Alpitour, ma non molto di più. Ma con Penelope la tensione giunge alle stelle, perché tu non sai mai se Penelope alla fine cederà o non cederà alle lusinghe di Antinoo&Co., e perciò ogni nuovo stop di Ulisse nel corso del suo nostos accresce l'ansia del lettore (o dell'ascoltatore a seconda dei secoli). Penelope è un polo d'attrazione, sì, per via della sua posizione regale (calamita per principi mortali tanto quanto lo è la bellezza di Elena per i condottieri nelle terre d'Ilio), ma è anche elemento disgregatore. Infatti, a ben vedere, Penelope è minaccia al trono di Ulisse. Se Penelope cede, un usurpatore siederà sul trono. Ma Penelope non cede, e Ulisse vince la sua corsa contro il tempo.
Penelope è pomo della discordia.
Elena è pomo della discordia.
Elena e Penelope sono legate da rapporti, come fa notare il Professor Ieranò, di cuginanza. Ciò conferma la specularità dei personaggi, specialmente nella loro funzione E poi, Penelope, come regina, non aveva certo bisogno di cedere alle tentazioni della lussuria. Non aveva bisogno di sedurre i Proci con le arti erotiche. Li aveva già ai suoi piedi, per via del suo status sociale di regina. Elena invece forse non era regina come Penelope ma era la donna più bella del mondo. Da lì derivava il suo implacabile potere sugli uomini. Dunque, ci sono più somiglianze che distinguo tra i due personaggi: e possiamo pertanto respingere con una certa indifferenza la tradizione millenaria, illustrata peraltro benissimo dal Professor Ieranò, che vuole le due figure una l'opposto dell'altra. E nel terzo canto dell'Iliade (e questo particolare Ieranò, abile nel dire e non dire, lo nota, ma lo lascia in sospeso, senza soffermarsi; il che ci fa pure supporre Ieranò sappia facendo finta di non sapere e pertanto gli dobbiamo pure delle scuse per averlo tirato dentro questo scritto e per aver dubitato) Elena è intenta ai lavori di telaio, come più tardi, ossessiva, la cugina Penelope.
Le conseguenze a questo punto sono persino ovvie: Omero è autore tanto dell'Iliade quanto dell'Odissea. Nessun dubbio. C'è stato un solo autore dietro i due poemi. Non è più possibile mistero alcuno. Perché quelle che ci sembrano difformità tra Elena e Penelope sono invece assolute specularità. La concezione femminile è la medesima. Il motore sotto l'intelaiatura narrativa la stessa. Le donne.
Le donne. Le donne sono sempre, in ogni romanzo, il romanzo stesso. Il romanzo non ruota intorno alla donna: non ne ha bisogno. Il romanzo è la donna, anche quando la donna non sia protagonista. D'altronde la donna non ha bisogno di essere protagonista di un bel nulla: essendo ovunque e dappertutto, in un romanzo, essendo dentro al protagonista e muovendolo all'azione, sarebbe un inutile surplus. La donna protagonista dei romanzi moderni ha più il sapore di un'incarnazione: il romanzo stesso si fa carne e curve e tutte quelle cose belle. Elena e Penelope dimostrano l'esistenza storica di Omero come autore di entrambi i poemi. Altro che Nausicaa! E poi, la presunta autrice dell'Odissea davvero si sarebbe consegnata all'eternità ritraendosi col nasone? Questione omerica risolta. Batti cinque!