La storia del jazz è in buona parte fatta di leggende. La vita, le disgrazie, l’autodistruzione e la morte dei musicisti più importanti, tra quelli che hanno suonato questa musica, spesso si sovrappongono alla straordinaria qualità dei dischi, alle esecuzioni, al genio di chi è stato capace di far nascere e modificare più volte quella che resta la forma d’arte più made in Usa di sempre.
Di questa leggenda fanno senza dubbio parte i concerti, che rimanevano la prima fonte di sostentamento anche per i grandi del bebop, forse escludendone pochi tra quelli particolarmente bravi a spuntare contratti discografici, come Miles Davis. Probabilmente è difficile scegliere il più leggendario dei concerti incisi su disco, ma per molti la scelta cadrebbe sicuramente su “The Quintet – Jazz at the Massey Hall”, la registrazione di una serata canadese del maggio 1953 con i seguenti protagonisti: Charlie Parker al sax contralto, Dizzy Gillespie alla tromba, Bud Powell al piano, Charles Mingus al contrabbasso e Max Roach alla batteria. Si parla, per ognuno degli strumenti citati, dei musicisti di riferimento, almeno nell’era bebop, dei capofila di un genere che rivoluzionò il jazz e che non ha mai smesso si influenzarlo per le generazioni future.
L’edizione originale di questo disco, registrata da Mingus, riportava solo i brani eseguiti in quintetto, con un grave difetto di produzione. La parte di basso infatti era praticamente inascoltabile sul nastro, e Mingus decise di eseguirla in studio e sovrainciderla in un secondo tempo, forzandola un tantino sul piano dell’impatto e affievolendo la spontaneità. Nonostante ciò “The Quintet” è sempre stato un disco imperdibile. Dopo molti anni una delle tante etichette europee che ripubblicano materiale storico, sfruttando l’estinzione dei diritti d’autore, ha fatto un lodevole lavoro di remastering, stampando questa edizione del 2003, in cui, oltre ai pezzi suonati dall’intero gruppo, ne compare uno in solitario di Max Roach e sei tracce eseguite in trio (Powell-Roach-Mingus). Il cuore del disco però rimane lo stesso del vinile originale della Debut, con l’incredibile tripletta iniziale (Perdido, Salt Peanuts, All The Things You Are) e la chiusura di A Night in Tunisia.
Naturalmente come sempre accade quando giganti di questa dimensione suonano insieme, in termini di risultato il valore non è uguale alla somma delle singole capacità, ma ci sono momenti di strabiliante brillantezza per tutti, compreso Parker, che come spesso gli accadeva, arrivò al concerto in ritardo, facendo impazzire i colleghi. Anche il basso di Mingus riemerge dall’ombra grazie a un bel lavoro di rimasterizzazione a 24 bit operato dalla spagnola Jazz Factory, che fa parte del gruppo Disconforme, nel cui catalogo è possibile trovare una vastissima serie di perle tra cofanetti, album recuperati e, come in questo caso, rinfrescati e completati con varie bonus tracks. Qui la scelta è stata di attribuire la firma del cd a Bird, che nell’edizione originale, per ragioni legate ai contratti discografici, non compariva nemmeno, nascosto dietro allo strambo pseudonimo di Charlie Chan.
Solo la documentazione dei concerti di Bill Evans al Village Vanguard, tra le mie preferenze, insidia questo meraviglioso live.