Spesso la vita si manifesta come una giostra. Uno di quei vecchi caroselli che si trovano solo alle fiere o in parchi appartati tra uno stradone e l’altro delle grandi città. Ogni volta che ci si sale i cavalli, le macchine o i leoni con il loro aspetto mutevole, ma pur sempre faceto, altro non sono che quei traumi saldi che ci portiamo appresso. Per crescere si dovrà fare più volte il giro del carosello godendosi la musica e la scomodità delle sedute. È importante però affrontare sempre tutto apertamente ignorando lo sguardo dei passanti. Tanto in questo eterno ritorno a noi stessi, ci sono anche loro, sempre con gli stessi sguardi amichevoli o giudicanti che siano.
Cancro è una parola bellissima
perché è l’unica che mi fa pensare
soltanto a te.
Da anni ho spostato il letto
ed ho notato che è rimasta
sospesa la tua ombra
sul muro bianco bucherellato
vicino al vetro cemento
quell’alone che fissano le papere
di ceramica eri,
pardon, sei tu.
Che luce che fa
e mi ricorda l’estate
e una vecchia Turan
piena di stickers sul cruscotto
ed ho un bellissimo cuore rotto
ogni volta che mi supera
una macchina grigia
guidata sgraziatamente,
ma lo sai che in via Gulli
la suora non c’è più
e manco il cioccolato
che rubavo alla ricreazione
e l’ostia che masticavo
senza emozione a bocca aperta
creando scompiglio
alla prima comunione.
Non ho mai capito l’immenso
e non processo l’infinito spaziale
figuriamoci quello temporale
per questo a volte mi sento ancora lì
ad ammirare allocchi con balocchi
che spiavo tra le tue gambe
tenendoti la mano al primo giorno di nido.
L’abbandono infantile è un reato
sicuramente penalmente punito
dal sistema giuridico italiano
e gli asili una mattutina
notte del giudizio
in cui tutto è lecito
e ogni mattina la facevi franca
lasciando lì la tua creazione
con così poca creanza
e mi fa ridere a ripensarci
che ora tocca a me lasciarti
che il testo stringe
ed è quasi l’ora di dormire
e guarda spengo la luce senza paura
ti ricordi non lo facevo se non c’eri tu
pensavo ai mostri nell’ombra,
ma ora sono sereno
lo dice anche il muro mamma
l’unica dolcissima ombra sei tu.
In Illo tempore
Prima dell’ingiallimento del cristallino
deambulavamo per la rossa pista
d’atletica come sonnambuli
in preda al sogno scolastico
i corridoi erano espressione
di una libertà capricciosa
e lungo le trombe delle scale
non temevamo la genesi
di subitanee definizioni
che accendevano le stellate oculari
senza troppi complimenti
ad ogni gradino si cambiava
emisfero e le costellazioni
tratteggiavano nuove immature esuberanze
che ci erano estranee a fine rampa.
Chissà quali stelle abbiamo seguito
per trascinarci all’ora
dell’agognata uscita.
Una volta le strade erano di passaggio
e non dovevamo scavare per il significato
riconosco ancora quando vi vedo
lo sguardo dei commensali
offuscato da frequenze
così intime
che non ce le sappiamo più comunicare.
È dall’epoca in cui anche i grandi piangono
che non sono più in grado di farlo.
Adesso che la potenziale burrasca
combinatoria divampa
in successioni sfrenate di chi,
siccome e quando
adesso che i corridoi sono catene
irreversibili di probabilità composte
e ogni salto è una preghiera
in cui non credo neanche più
Io, adesso disconosco l’indecifrabile sarto
che mi prende le misure
di quelli che prima erano solo grembiuli
ed ora cangianti cravatte
così in distonia
con il lento incedere celeste.
Chissà quali stelle state seguendo
amici miei
e in che emisfero emotivo vi trovate
chissà se anche voi
ora che il tempo lo misuriamo in anni
di queste galassie di secondi
con le vostre menti terrestri
proprio non sapete cosa farvene.
Pensieri Notturni
Siamo la continua domanda
e mai la sicura affermazione
di ciò che siamo
L’ho capito subito
quando ad ogni chiusura
delle palpebre corrisponde
un cambio, una leggera sfumatura
di colore nei tuoi capelli
nella forma del naso
e nella voce sempre meno sicura
di essere la stessa
e di occupare ancora quell’istante
spaziale
ancorati a diversi riferimenti
andiamo alla deriva.
Non c’è pensiero che non muti
la percezione del mondo
e son così cambiato
così derivato
rispetto al primitivo me stesso
che ti ho lasciato indietro.
La morte altrui
altro non è che la conseguenza diretta
del nostro ricambio cellulare
del movimento spaziale
delle traiettorie stellari
con cui salpo l’universo
senza chiederti il permesso.
Chissà dove vanno tutti la sera
senza dire nulla.