Trattasi di un comportamento da psicanalizzare perché in Italia dovrebbe essere la prima disciplina. E invece è l'ultima. Ormai è diventato un luogo comune. Frasi vuote come "quello che abbiamo noi in Italia non ce l'ha nessuno", "in Italia potremmo vivere solo di cultura", "quello che abbiamo qui ce lo invidia tutto il mondo", ormai provocano l'itterizia e uno stillicidio della pazienza spaventoso.
Infatti, per quale assurdo motivo nessuno di noi fa alcunché di concreto perché si possa vivere solo di cultura? Probabilmente perché siamo una massa di ipocriti i quali, sapientemente portati ad ignorare la propria storia, si bevono qualsiasi storiella. O forse perché le skills o, meglio, abilità veramente richieste dal mercato italiano sono veramente difficili da sviluppare. Non solo non si insegnano a scuola. Ma si raffinano in un gioco perverso accessibile solo a pochi, ricattabilissimi eletti.
Infatti, volendo stilare una classifica ipotetica, basata sugli stipendi degli esseri (umani?) più pagati d'Italia, vediamo come nella top 20 ci sono abilità quali:
- corruzione (ormai è più una filosofia di vita, un atteggiamento dell'anima, un moto interiore che ti deve venire spontaneo altrimenti non puoi accedere agli stipendi top);
- falso in bilancio (meglio noto come contabilità creativa o flamboyant);
- pubblicità ingannevole (Berlux style: crafti una cazzata, ci credi e la rivendi subito come puro Vangelo);
- sfruttamento a vario titolo su prestazioni-cose-persone (con punte di squisita raffinatezza che carezzano lo schiavismo e farebbero impietosire un pretoriano romano…);
- peculato (costituisce una sorta di piatto unico di solito servito con concussione a julienne, una tartare di estorsione, il tutto condito con una spolveratina di frodi miste per sedurre anche i palati più sofisticati);
- associazione a delinquere (oramai uno sport nazionale, disponibile nella variante "di stampo mafioso", è roba sopraffina diciamo garanzia di bacio accademico postdottorale con cattedra universitaria imperitura e posto d'onore fra gli illustri nel Piazzale fiorentino degli Uffizi.
Ma bisogna lavorare sodo per arrivarci. Alcuni circoli nel Paese vantano già tre stelle Michelin fisse in materia, dal 1861. Potrebbero chiedere il "fuoriclasse ad honorem" a mani basse. È proprio più un discorso "d'innocenti evasioni", come le chiama l'eccellente Cetto LaQualunque, roba che viene fuori tra amici al bar dello sport in alternativa all'ormai noioso torneo di briscola o burraco. Truffa in varie salse e cotture adattabile a tutti i gusti gelato gourmet, truffa ai danni dello stato (da scrivere minuscolo perché in Italia è solo un participio passato): alcuni la considerano un'abilità minore perché è talmente diffusa da risultare annacquata. Diciamo che se non la fai devi proprio cambiare Paese perché non ti mischi con la nuova mutazione genetica autoctona.
Ovviamente si tratta di una classifica di estratti da alcuni dei curricula top-Italia 2020s: tuttavia salta subito agli occhi un corollario evidente.
Che se ne fa una tale classe dirigente (o digerente, considerato tutto quello chessemagnano…) della cultura? Già è tanto se non elabora un piano per bruciare gli archivi, spianare chiese e palazzi storici, polverizzare musei e luoghi della memoria per rimpiazzarli con grattacieli, McDonald’s, Starbucks, H&M e compagnia.
Su questo si vedano le già devastanti, infondate, immonde distruzioni perpetrate al centro di Firenze durante gli anni Novanta dell'800: un patrimonio immenso letteralmente polverizzato perché alcuni palazzinari senza scrupoli volevano arricchirsi costruendo da zero, scusati (secondo loro) dall'adeguamento per esigenze stilistiche.
Dunque l'arte di ricordare è altamente tossica per questa classe digerente, la quale cerca e sponsorizza in tutti i modi l'assenza di memoria, ingrediente essenziale per alimentare la quotidiana demenza che condanna la società reale quando all'arrabattarsi, quando all'inedia, quando alla depravazione, quando all'emigrazione.
Da qui si capisce la morte della Storia dell'Arte. Cancellata da buona parte dei curricula scolastici, è stata relegata a mero riempitivo per cattedre inutili, un copia/incolla da programmi ministeriali per androidi, vergognosamente scollegati dalla realtà. Così, mentre condanniamo i nostri ventenni a sprecare tempo in falsi lavori da androidi che li lasciano vuoti, arrabbiati e/o depressi, il nostro patrimonio se ne va bellamente in malora.
L'aspetto più superficiale e visibile è la vita penosa che sono costretti a fare i cittadini nei luoghi cosiddetti turistici. Venezia è utilizzabile come manifesto: non ci sono più veneziani da un po'. L'ansia per il denaro ha trasformato tutto in Disneyland, fino a vendere le attività in Piazza San Marco durante la pandemia, per la paura di restare senza denaro.
Però il "tutto" di cui sopra non è frutto di un set cinematografico hollywoodiano che si costruisce e smonta in una notte! È frutto dell'energia spesa attraverso molti secoli da uomini, donne, bambini e animali per fare questo tutto. Se una persona tenesse presente questo dovrebbe inchinarsi e ringraziare i costruttori veneziani ad ogni passo dentro ogni calle: hanno creato l'unico in mezzo all'acqua! Vengono i brividi solo al pensiero! Ma è vero! Quei muri non ce li hanno messi gli alieni: sono il frutto dell'ingegno, della tenacia, della volontà straordinaria di questi ragazzi di cui nessuno si ricorda più!
E che dire di quell'altra manica di sognatori che si sono inventati il Duomo di Modena! Lo ritenevano così importante da scrivere la sua storia in un codice dedicato e, tanto per essere sicuri, nella pietra stessa. Nel codice c'è la foto dell'architetto, tale Lanfranco che istruisce anonime maestranze. Ma senza quegli anonimi il Duomo non splenderebbe lì.
E che dire di Firenze!? Uno dei pochi posti al mondo in cui l'energia permette ad uno studioso di guardare mezzo guscio d'uovo sopra un tavolo e farci una delle più grandi cupole dell'antichità! Eppure, anche Filippo Brunelleschi (l'autore della cupola citata… quella che si vede in tutte le foto di Firenze), senza i ragazzi che si sono materialmente impegnati con lui lassù, a 70 e passa metri d'altezza, non avrebbe completato nulla!
È questo il nostro compito primario come storici dell'arte: riportare in vita la fatica, far percepire il sudore che c'è dentro ogni mattone, ogni trave, ogni cornice, pezzo di tela, arazzo, affresco che ancora oggi abbiamo l'assoluto privilegio di vedere. Spingendosi volentieri, almeno nel mio caso, fino a contemplare la cacca del mulo di cui nessuno si ricorda. Appunto mi piace riportare alla memoria di tutti: senza quel mulo non avremmo nulla! Certo è molto più comodo sbrodolarsi l'ego in longhiane circonvoluzioni linguistiche, spesso vuote e poco appropriate, anziché sbattersi come Cavalcaselle per operativamente salvare il patrimonio e tramandarlo alle generazioni future! Non mi stupisco che nessuno oggi sappia chi è stato e cosa ha fatto Cavalcaselle. Quindi intanto invito a recuperarne la memoria con una ricerca web, mentre in contributi successivi ne approfondiremo la figura.
Ovviamente, stante il preambolo fatto all'inizio, uffici pubblici preposti alla conservazione e valorizzazione (le famose sovrintendenze con nomi lunghi e altisonanti), sono contenitori vuoti da diversi decenni. Non se ne conosce l'operato a meno che non si debba ristrutturare una gronda penzolante in un palazzo storico: di solito bloccano i lavori ad libitum. Pare siano straordinari sostenitori del silenzio/assenso. Silenzio… perché di fatto non c'è più nessuno che abbia voglia di fare qualcosa per salvare la storia.
Quindi tanti saluti all'ingegno italico! Ci stiamo riducendo ad una manica di inutili inetti. Addio ai grandi cantieri di Assisi, dove con poca tecnologia e tanta buona volontà, in nome di un ideale, di un nuovo santo dirompente, il cosiddetto poverello di Assisi, ragazzi di buona volontà si sono fatti strada in mezzo al monte arrivando ad altezze considerevoli con ponti rudimentali, al buio e al freddo per lasciare pitture oggi malandate oltre l'accettabile. Per vedere quelle pitture oggi si paga il biglietto i cui introiti non vanno certo per la conservazione ma soltanto per ingrassare le varie organizzazioni di frati che non hanno nulla a che spartire con poverelli e povertà.
Eppure io, e tanti altri come me, non ci arrendiamo. Nel nostro piccolo, con la morte nel cuore, cerchiamo di riportare in vita gli Immortali, raccontare le loro imprese, portarli sotto i riflettori perché dal loro esempio, ancora vivo sotto i nostri occhi, possiamo reimparare continuamente la lezione: non solo per non dimenticare! Ma per trarre ispirazione, risvegliare l'ingegno, risvegliarsi dallo stupido sogno tecnologico…
In fondo pensateci bene: che valore può mai avere un account Instagram di fronte alla Cupola di Brunelleschi o alla Cappella Sistina?