Il Nicaragua (esteso per 131.847 km2 e con una popolazione di circa sei milioni di abitanti), che in un’antica lingua autoctona significa “terra circondata dalle acque”, è l’unico Paese dell’America latina che, nel bene o nel male, ha portato a termine una rivoluzione popolare.
Avvenuta nel 1979, da un lato era schierato il movimento sandinista, poi vincente, con a capo l’attuale e longevo presidente del Nicaragua, Daniel Ortega, e dall’altro lato le milizie controrivoluzionarie (i contras), poi sconfitte nonostante fossero appoggiate militarmente e finanziate apertamente dagli Stati Uniti d’America. Questa guerra civile fece precipitare il Paese nella fame e nella disperazione, soprattutto durante gli scontri, e ci furono cinquantamila morti tra civili e militari; più di centoventimila nicaraguensi fuggirono nei paesi vicini.
Dal 1912 al 1933 il Nicaragua era occupato dall’esercito statunitense. Dopo il successo della rivoluzione sandinista con a capo Augusto César Sandino, un eroe nazionale che venne assassinato insieme a suo fratello il 21 febbraio 1934 dalla Guardia Nazionale, dal 1936 al 1979 subì una spietata dittatura da parte del presidente Anastasio Somoza e dai suoi figli, che presero il potere con un colpo di Stato.
Quel brutto periodo è finalmente terminato e ora il Paese sta vivendo una relativa tranquillità. I nicaraguensi sono quasi tutti alfabetizzati (con la più alta percentuale, per densità di popolazione, di tutta l’America latina), accoglienti e colti. Il Paese ha dato i natali a uno dei poeti più importanti di tutta l’America latina, Rubén Dario (1867-1916), chiamato il “poeta errante”, che però alla fine morì povero e dimenticato da tutti come spesso capita ai grandi personaggi.
Il Nicaragua gode ancora di una vasta biodiversità, ma è a rischio a causa dell’uomo. In origine il Paese era ricoperto da boschi e foreste ma negli ultimi secoli, a cominciare dalla dominazione spagnola dal 1523 al 1838, il Nicaragua è stato deforestato per il 75% del suo territorio. Negli ultimi decenni il governo ha istituito dei parchi nazionali e uno dei più noti è il “Parque Nacional Volcan Masaya” in cui vivono diversi animali: pipistrelli, pappagalli verdi, scoiattoli, porcospini, aguti, volpi, puzzole, ocelot, tapiri, eccetera.
È nel parco del “Monbacho Volcan Nature Reserve” che ancora si trovano tre specie di scimmie, le ultime rimaste nel Paese: il cebo cappuccino (Cebus capucinus), la scimmia ragno (Ateles geoffroyi) e l’aluatta, altrimenti chiamata scimmia urlatrice (Alouatta palliata), la quale fino a poco tempo fa viveva anche nella riserva naturale di Miraflor (ora da lì è scomparsa). Le scimmie convivono, anche se a debita di-stanza, con coyote, cervi dalla coda bianca, donnole, pecari e bradipi, ventidue specie diverse di rettili, centosettanta di uccelli e cinquantamila di insetti.
Purtroppo accanto ai parchi, non solo quelli appena citati ma anche altri, è stata consentita la costruzione di alcune fattorie (finche) per la coltivazione del caffè, di cui il Nicaragua è un grande esportatore. Il pericolo più grande per le scimmie non è rappresentato dalle piantagioni, ma dai coltivatori che non le vedono di buon occhio e a volte le uccidono, anche se in realtà non sono loro ad arrecare i danni più gravi alle piantagioni ma funghi, insetti e parassiti come la cocciniglia e il ragnetto rosso.
In Nicaragua esiste un’isola “felice” in cui le scimmie possono ancora vivere relativamente in pace. Si tratta dell’isola di Ometepe (259 km2), che si trova al centro del lago Nicaragua, il più grande del Paese e secondo solo ai grandi laghi del Nord America. È lungo 170 km e largo 60 km, ed è alimentato dal Rio Tipitapa proveniente dal secondo lago del Nicaragua, quello di Managua, che ha preso il nome della capitale del Paese, appunto Managua. Tra i due laghi c’è un dislivello di quindici metri e ciò consente il flusso delle acque da un lago all’altro.
Quando in Nicaragua si dice “vado all’isola”, si intende quella di Ometepe, in cui purtroppo i nicaraguensi benestanti hanno degli chalet in cui passano le vacanze estive. A dire il vero sull’isola è stato costruito anche un albergo e alcuni bungalow, nonostante siano presenti due vulcani di cui uno ancora attivo. A Ometepe naturalmente è vietata la caccia e le scimmie non si possono toccare, nemmeno per dar loro da mangiare, altrimenti sarebbero già scomparse da molto tempo.
Nel cuore dell’isola c’è un’azienda agricola che non ha solo lo scopo di produrre caffè, ma anche quello di ospitare scuole estive per studenti universitari americani organizzate dagli istituti di Antropologia dell’Università di Pittsburgh e di Titusville con professori americani ed europei, alcuni dei quali italiani; è inoltre sede di una stazione biologica di ricerca, la “Suerte Biological Field Station of Ometepe”. Ci sono dei laboratori e una grande biblioteca per ripristinare le ricerche sul luogo abbandonate durante la guerra civile. Oltre a tenere corsi teorici per gli studenti, lo scopo della stazione è quello di fare pratica e osservazioni sul campo, soprattutto delle scimmie che ancora sono in Nicaragua, cioè l’aluatta, il cebo cappuccino e la scimmia ragno.
Poco lontano da Ometepe ci sono delle piccole isolette disabitate ma ricche di vegetazione, soprattutto di ficus, da cui le scimmie ricavano i loro alimenti principali; su una di queste isole i ricercatori hanno trasferito delle scimmie ragno e su un’altra dei cebi cappuccini, nella speranza che si riproducano e che possano continuare a sopravvivere nel Paese in cui sono nate e hanno sempre vissuto.