Per quelli della mia generazione, Samarcanda ha rappresentato qualcosa di mitico, per la sua storia millenaria associata ai grandi conquistatori - Alessandro Magno, Gengis Khan, Tamerlano - e alla favoleggiata “via della seta”, o per essere stata al centro di una regione dai tratti misteriosi, l’Asia Centrale sovietica, su cui poco trapelava in occidente al tempo della Guerra fredda. Ed ha certamente contribuito alla sua fama l’omonima canzone di Roberto Vecchioni.

Ma se in altri tempi, la distanza, le difficoltà nei trasporti e le condizioni politiche creavano barriere difficilmente sormontabili e facevano fiorire magnifiche leggende sulla città, oggi essa è, temo, destinazione di un turismo quasi di massa, soprattutto di europei che la riempiono con i loro autobus e le loro comitive. Io l’ho visitata qualche anno fa, in occasione di un viaggio di lavoro in Uzbekistan. Se la meta del mio viaggio era Tashkent, la capitale della repubblica centroasiatica, per una delle mie consuete conferenze, potei comunque approfittare del tempo libero per visitare Samarcanda in giornata, grazie al treno ad alta velocità che collega le due città.

Pur nel tempo limitato, come ogni buon turista (anche se, come me, “accidental”) visitai i vari monumenti; restai ammirato dai sapienti accordi e intarsi delle maioliche, gialle , blu e turchese che rivestono cupole e pareti delle splendide moschee; passeggiai per la vasta piazza Registan con le “madrase” (scuole coraniche) che la cingono e per i vetusti mausolei; mi persi nei mercati di frutta, verdura e tappeti, comprai le magnifiche stoffe Ikat che tanto furono apprezzate da mia moglie al mio ritorno a Vienna e assaggiai le saporite specialità del luogo. Ma soprattutto, mi familiarizzai con la straordinaria figura di Tamerlano (o Timur), onnipresente a Samarcanda, come in tutto l’Uzbekistan.

Tamerlano e Samarcanda

Tamerlano, lo spietato sovrano che unì i Mongoli in un impero che andava dalla Turchia all’India, decise di stabilirne la capitale proprio a Samarcanda, il luogo nei cui pressi era nato, da una famiglia della piccola aristocrazia nomade locale, nel 1336.

Per costituire il suo impero, riunì tribù e genti diverse in un poderoso esercito che attraversò l'Asia sottomettendo tutte le potenze che trovò sul proprio percorso. Fu per più di quarant'anni costantemente in guerra e il suo genio militare lo trasformò in una figura titanica, oggetto di odio, timore e venerazione sia in Oriente che in Occidente.

L'odierno Uzbekistan (con gran parte dell’Asia centrale), si colloca su quella zona di confine fra la civiltà turco-mongola da quella persiana, a cui ho fatto già riferimento in un mio precedente articolo sull’Azerbaijan. Tamerlano ne è un tipico rappresentante: un conquistatore Turco-Mongolo, poi persianizzato, che costruì il più grande impero eurasiatico dai tempi di Gengis Khan. Un mondo tanto vasto da lambire e toccare civiltà e terre molto distanti come l'India o la Georgia ma anche il mondo russo, quello lituano e polacco, la Cina, e in cui si riflettono e si fondono il mito iranico, la tradizione turco-mongola e l'islamizzazione delle popolazioni centroasiatiche. Si può affermare che, dopo aver conquistato la maggior parte del mondo islamico, Tamerlano abbia trasformato radicalmente, e per sempre, la storia di tutte le terre comprese tra il Mediterraneo e l'Hindukush.

La sua crudeltà e la sua doppiezza sono leggendarie. Qualche esempio. Quando conquistò l’Anatolia, i 36.000 difensori della città di Siva si arresero con la promessa che "il loro sangue non sarebbe stato versato". Furono quindi sepolti vivi, e Tamerlano poté cinicamente affermare di aver mantenuto la sua promessa visto che non era stata versata una sola goccia di sangue. A Baghdad, ordinò un massacro generale. 90.000 abitanti furono uccisi e gli edifici rasi al suolo. Solo gli uomini di lettere vennero risparmiati e deportati, così come 9000 vergini per l’harem imperiale.

Ma non si pensi che l‘imperatore mongolo fu solo questo. Pur essendo semi analfabeta, era, a detta anche dei suoi detrattori, estremamente intelligente e aveva un grande interesse per la cultura. A Samarcanda chiamò architetti e scienziati d’ogni provenienza per costruire una «città degli studiosi», così come vi attrasse (o meglio, vi deportò) artisti e artigiani dalle città conquistate in Iran e Mesopotamia, grazie ai quali rese bellissima la sua capitale. Ebbe un suo preciso progetto politico, un attaccamento maniacale per la famiglia e un’ossessione per la successione. Grazie a tali caratteristiche poté lasciare dietro di sé una dinastia, i Timuridi, fra cui figurano alcuni tra i più grandi studiosi ed esteti della storia islamica (fra tutti, Ulugh Beg, che si annovera fra i maggiori astronomi del tempo, assieme a Copernico, Keplero e Galileo). Insomma, Tamerlano aveva sì distrutto il vecchio ordine, ma le sue conquiste trasformarono l'Asia centrale in una delle regioni più ricche e geopoliticamente critiche del mondo.

Due luoghi legati a Tamerlano mi colpirono particolarmente durante la mia visita a Samarcanda: la sua tomba, e quella del profeta Daniele.

Il fastoso mausoleo di Tamerlano occupa un posto fondamentale nella storia della architettura islamica in quanto precursore e modello per le posteriori grandi tombe dell'architettura Moghul, tra cui il Taj Mahal di Agra. All’interno dell’edificio, sontuosamente decorato, la tomba di Tamerlano in marmo nero, è, in accordo col personaggio, la più sobria fra quelle dei suoi figli e nipoti.

Quanto alla seconda, ha una storia molto particolare. Quando Tamerlano conquistò la Persia trovò, a Susa, le spoglie del profeta Daniele (sì, quello della fossa dei leoni, molto venerato in tutta la regione), e ne ordinò la traslazione a Samarcanda. All’interno di un un basso edificio si trova il sarcofago, lungo ben 18 metri (!). Tale lunghezza deriva dalla leggenda secondo cui il corpo di Daniele crescerebbe di un centimetro l'anno. Nei pressi della tomba sgorga una fonte di acqua “miracolosa”. La bevvi, ma, sia detto senza alcun intento sacrilego, l’unico effetto fu quello di prendermi una poderosa dissenteria… (cosa, peraltro, assai comune in Asia centrale).

Infine, mi piace ricordare un busto di Tamerlano conservato al museo, basato sugli studi fatti da un gruppo di medici forensici sovietici sul teschio del condottiero negli anni Cinquanta del secolo scorso. Il risultato corrisponde alle descrizioni fatte dai suoi contemporanei: un uomo di corporatura media e dalle spalle larghe, con tratti mongolici e una corta barba quadrata. Ma soprattutto, sono l’espressione torva e l’aria truce a colpire l’osservatore. Insomma, un bel tipino, che non si vorrebbe incrociare di notte in una strada buia…

Tamerlano nella letteratura

La fama acquisita da Tamerlano in Asia e in Europa è riscontrabile in trattati politici e storici (Machiavelli, Voltaire) e in opere musicali dell'età barocca (Händel, Vivaldi). Per quanto riguarda la letteratura, che costituisce un po’ il filo conduttore di tutti i miei articoli, citerò due autori, uno orientale e l’altro occidentale.

Il primo è il grande poeta persiano Hafez, che fu testimone diretto degli orrori cagionati da Tamerlano e scrisse: “Ancora una volta i tempi sono agitati/ la ruota della fortuna ha girato/ quale sarà la prossima testa orgogliosa che finirà nell'umile polvere?”.

Una leggenda narra un incontro tra Hafez e Tamerlano durante la prima conquista di Shiraz, nel 1387. Il sovrano era furioso col poeta per i seguenti versi che aveva scritto: "Se quella ragazza turca di Shiraz accetta il mio cuore, e mi dà quel che auspico, a lei darò Samarcanda e Bukhara". Tamerlano disse a Hafez: "Ho soggiogato la maggior parte delle terre abitabili, per abbellire Samarcanda e Bukhara, le sedi del mio governo; e tu le regaleresti per… il neo di una ragazza (o ragazzo, secondo un’altra versione) a Shiraz!". "Ahimè, oh principe, è questa prodigalità la causa della miseria in cui mi trovate" rispose Hafez. Tamerlano fu divertito dalla risposta del poeta e lo congedò con molti doni. Probabilmente si tratta di una invenzione, ma è perfettamente nello spirito del tempo e dei personaggi.

L'altro scrittore è Christopher Marlowe, autore della tragedia Tamerlano il Grande (Tamburlaine the Great), scritta nel 1587, che rappresenta uno dei primi grandi risultati del teatro elisabettiano, nonché uno dei primi grandi successi di pubblico del teatro inglese. Essa contiene tutti gli elementi caratteristici della drammaturgia Tudor: allegorie magniloquenti, espressioni iperboliche e personaggi consumati da passioni divoranti. La tragedia, tipica dell’umanesimo rinascimentale nella sua idealizzazione dell'uomo e delle sue capacità, avrebbe anche avuto, secondo molti studiosi, una grande influenza sull'opera di Shakespeare.

Infine, per citare un autore più moderno, ricorderò il grande viaggiatore inglese del Novecento, Robert Byron che, nel suo The Road to Oxiana definì i Timuridi “i Medici d’oriente” per il loro mecenatismo e la loro passione per la pittura, la poesia e la calligrafia, facendone i protagonisti di un vero e proprio Rinascimento culturale della regione.

Tamerlano oggi

Tamerlano è considerato come il fondatore del moderno Uzbekistan. Le sue statue troneggiano nelle piazze di ogni città, e a Tashkent gli è stato dedicato un grande museo. Un mio interlocutore uzbeko mi faceva notare come i suoi concittadini non fossero molto cambiati dai tempi del grande imperatore: se un tempo avevano vissuto a cavallo, ora sfrecciavano sulla miriade di utilitarie giapponesi, cinesi o coreane (per lo più bianche) che intasano il traffico. E dall’antico spirito di conquista derivavano l’attuale intraprendenza.

Grazie a tale intraprendenza l’Uzbekistan, il più popoloso degli «Stan» ex sovietici, è oggi quello in maggior crescita economica. Indipendente dopo il collasso dell’Unione Sovietica, grande esportatore di uranio e gas, si destreggia abilmente fra Russia, Cina e Occidente.

E se Samarcanda fu da tempo immemorabile al centro della classica via della seta, oggi l’Uzbekistan costituisce lo snodo principale delle nuove vie della seta che stanno risorgendo: linee ferroviarie transcontinentali, strade, oleodotti, gasdotti, che collegano attraverso questa regione chiave l'est e l'ovest, il nord e il sud. Secondo molti osservatori, le reti delle ricostituite vie della seta che di qui passano (in particolare la “Belt and Road Initiative” promossa dalla Cina) sono di nuovo il sistema nervoso centrale del mondo. Tamerlano, ne sono sicuro, ne sarebbe fiero.