L’Eterno è il gioco di un fanciullo con le tessere
Eraclito, Sulla Natura
(Frammento A18 Diels Kranz)
C’è gioco più rigorosamente archetipale degli scacchi? Empedocle ci ricorda che i quattro principi della natura delle cose veniva allegorizzati con nomi di dei: Zeus il fuoco, Hera la terra, Persefone l’acqua ed Ade l’aria. Questa quadripartizione torna nei frammenti alchemici di Zosimo di Panopoli e nel linguaggio mistico-ermetico medioevale-umanistico dove il segno dell’Uovo riporta simile struttura dinamico-metamorfica allegorizzando con le prime due coppie di discepoli-apostoli cristici: Pietro il guscio tellurico, Andrea la pellicola aerea, Giacomo l’albume acqueo e Giovanni il mistico e igneo tuorlo. Temi che compaiono anche nelle quadruplici umoralità dei quattro apostoli che circondano il Cristo del Cenacolo di Leonardo come nella simile tipizzazione dei “Quattro Apostoli” di Durer.
Anche negli scacchi compare questa relazione quadrilaterale: torre, cavallo, alfiere e regina sono le quattro potenze archetipali che decidono il gioco nel campo di battaglia quadrato del mondo e tra le due polarità oppositive estreme dei pedoni e del Re. I pedoni sono i guerrieri senza nome, la truppa indifferenziata, qualificata comunque dal numero otto. Il Re è Kronos, l’occulto, il latente, colui che si muove lentamente, aionicamente come Plutone, come Saturno. Anche le quattro potenze differenziate possono assimilarsi ai carismi di quattro dei: Hermes, Poseidone-Ade, Apollo-Artemide e la grande e triplice dea delle origini.
Nel loro complesso gli scacchi sono dominati da prevalenti carismi femminili in quanto è la Regina il pezzo più potente e se la scacchiera è quadrata tuttavia appare immagine-manifestazione del cosmo cioè di Gea ed è Nemesi-Adrastea che scandisce i movimenti con rigore implacabile. Tutto negli scacchi è doppio e speculare, come nel Mito greco.
Le due torri esprimono i due lati di Hermes: notturno e diurno, pastorale e furtivo e non a caso Hermes è il nume a cui sono associati i crocicchi, gli angoli delle case e il numero quattro, segno degli altari di pietra, le erme appunto. Nume doppio come le sue manifestazioni: i Dioscuri e tutti gli ambigui fondatori di città e civilizzatori: Bellerofonte, Perseo e Kadmo. Lo stesso Hermes aiuta l’elevazione delle mura di Ilio suonando la sua magica cetra. I due cavalli esprimono invece di carismi di Poseidone-Ade, veicolando la loro impetuosità rapace, la loro imprevedibilità aggressiva. Ade vola attraversando terre e acque con un carro d’oro trainato da cavalli divini come lo ammiriamo nelle Argonautiche Orfiche e il cavallo è segno della potenza di Poseidone, detto lo “Scuotiterra” e “Colui che abbraccia Gea”.
L’attacco con il cavallo comporta un suo irrompere improvviso, tipico di questi due similari “dei della soglia”, che si muovono liberamente fra gli abissi invisibili e la superficie illuminata. Gli alfieri chiaramente rinviano ad Apollo proprio per il copricapo delfico che li connota il cui senso misterico è accennato nell’Inno omerico ad Apollo dove il nume chiama come suoi primi sacerdoti in Delfi dei navigatori cretesi. Copricapo mitraico a punta che ricorda il muso del delfino e lo stesso termine “Delfi” è proprio dei carismi duplici di Apollo: solare e ctonio, solstiziale e oracolare-delfico.
Doppi anche per il rinvio alla coppia dei divini Gemelli Apollo-Artemide che sanno colpire con efficacia e violenza da lontano, con le frecce, come gli stessi alfieri spesso operano con imprevedibilità vincente. Apollo è poi detto “Lossia” cioè l’Obliquo, ad indicare il piano inclinato della Via Lattea, come obliquamente si muovono gli alfieri. La Regina infine, cosi mobile, fluida e plenipotenziaria non può che rinviare alla Dea delle origini a cui Robert Graves ha dedicato tutti i suoi studi e che successivamente si è ripartita nella triade: Afrodite-Athena-Hera, cioè le Acque/l’Aria/la Terra.
Visione emblematica di tale Dea una e triplice la troviamo nel lato posteriore dell’Ara Pacis Augustae di Roma dove abbiamo tre donne divine: una cavalca un grande cigno, una un mostro marino e una troneggia sulla terra circondata dai suoi frutti. Da questa tripartizione che troviamo ancora nell’episodio del giudizio di Paride sull’Ida deriverà la tarda allegoria delle tre Grazie. L’intreccio dei pezzi sulla scacchiera del cosmo è l’intreccio delle corone di Afrodite Urania, l’agitarsi delle redini di Ananke, l’alzarsi del velo di Ino, lo schioccare della frusta di Artemide.