Il fenomeno della urbanizzazione in Europa affonda, come è noto, le sue radici nel Medioevo. Nell'alto Medioevo (che va dalla caduta dell’Impero romano d'Occidente, avvenuta nel 476 d. C., all'anno 1000) vi fu una corsa ad allontanarsi dalle grandi città, che, diminuendo di popolazione, rimasero in mano sostanzialmente alle grandi famiglie aristocratiche; Roma ne è l'esempio paradigmatico. A partire dal V secolo le città italiane e Roma, in particolare, come conseguenza della guerra gotica, vennero abbandonate; la popolazione, infatti, per non essere coinvolta nella guerra e nei ripetuti assedi, aveva abbandonato le città per rifugiarsi nelle campagne o sulle alture fortificate meglio protette, portando, quindi, a compimento quel processo di ruralizzazione e di abbandono dei centri urbani. Giustiniano I, tentò di tenere in piedi tutte quelle infrastrutture create dai romani (acquedotti, ponti e strade) con scarso successo. Roma, dicevamo, ebbe grandemente ridotta la popolazione (che agli inizi del V secolo contava ancora circa 100.000 abitanti e che alla fine dello stesso secolo si era ridotta a non più di 30.000 persone): gran parte degli antichi edifici pubblici era in rovina, mentre l'abitato si era spostato principalmente nella zona del Campo Marzio e di Trastevere, presso il fiume. Epidemie e fiscalismo bizantino completano il quadro di una Roma depauperata, corrotta, dove la vita doveva essere diventata insostenibile per la stragrande maggioranza dei romani.
Le città rinacquero, quindi, sotto la spinta della nuova generazione dei commercianti, molti di loro piuttosto spregiudicati, tra l'XI e il XIV secolo. Un forte impulso all'urbanizzazione venne data dalle associazioni artigiane; per diventare artigiani bisognava passare da un lungo periodo di tirocinio alla fine di questo tirocinio l'apprendista artigiano doveva essere giudicato dai membri delle Arti o Corporazioni che ne valutavano il “capolavoro”. Le Arti si dividevano in “maggiori” (tra cui notai e banchieri) che avevano uno status sociale maggiore, e “minori” (come i fornai e i calzolai) che avevano uno status sociale meno elevato. A fianco di questi antesignani degli istituti tecnici, abbiamo la nascita delle università, prima, rette dal clero e poi anche dalla borghesia.
Possiamo quindi immaginarci città come Bologna, Roma, Napoli e Siena che rinascono sotto il viavai di giovani studenti e apprendisti che vivono quella parte della loro vita dedicata all'apprendimento nelle città (insieme ad una buona dose di momenti di goliardia), prima di ritornare al loro luogo di origine o di sistemarsi nelle città creando nuovi nuclei famigliari.
Possiamo ipotizzare che l'Europa del XXI secolo vive in una fase di stagnazione paragonabile a quella del basso Medioevo: Londra, per esempio è la città più cara al mondo insieme a Tokyo e Singapore, accessibile solo ai ceti con maggiore apporto finanziario. Roma, storicamente, “città aperta” e accogliente per tutti i ceti sociali, a partire dagli ultimi anni ha incominciato un percorso analogo a quello londinese: il costo della vita è aumentato a dismisura, come anche gli affitti delle case e l'acquisto di un bene immobile. Le storicamente economicissime trattorie romane vanno sparendo anche a causa dell'aumento del costo dei beni primari (luce, gas, ecc.) e dei prodotti alimentari. Se si aggiunge il pietoso stato delle infrastrutture (strade, autobus, metropolitana e raccolta rifiuti) si ha un quadro impietoso della città eterna, che nessuna amministrazione di destra o sinistra è riuscita a rimettere in piedi.
L'esperimento, durante la drammatica pandemia dovuta al Covid, dell'uso dello smart working, ha mostrato la possibilità di poter lavorare da remoto – sebbene i costi sociali non siano stati ancora ben apprezzati. Il digitale e la smaterializzazione del lavoro stanno rendendo quindi possibile il lavoro a distanza, anche a lunga distanza: molte università internazionali cercano docenti che possedendo un buon inglese siano in grado di tenere lezioni online pur abitando dall'altra parte della Terra e si prevede che anche altri lavori possano seguire questo sviluppo.
Siamo, allora, a un crinale storico: da una parte osservatori affermano che la tendenza alla smaterializzazione del lavoro porterà ad uno sviluppo massiccio dello smart working, in quanto, lasciando all'impiegato liberi i tempi e i modi del lavoro, possono aumentare le prestazioni dell'impiegato stesso e liberare da spese strutturali (il workdesk, l'elettricità ecc.) l'azienda, allo stesso tempo verrebbero meno i costi ecologici come l'inquinamento dovuto all'uso dei mezzi di trasporto. I più scettici, che, invece, reclamano la perdita del contatto fisico (e probabilmente un controllo maggiore) tra i membri dell'azienda plaudono ad un ritorno ai vecchi metodi gestionali.
Lo sviluppo del lavoro lungo le linee di un diffuso smart working implicherebbe, per esempio per Roma, una fuga dalla città verso mete, magari più salubri, ma ancora vicine. Molti rivendicano l'abbandono di Roma, e in generale delle città d'arte, nelle mani del turismo di massa e degli studenti universitari (forse in un modo simile in cui le città vennero ripopolate, come abbiamo visto sopra, grazie alla nascita delle attività universitarie e delle associazioni artigiane). Le città, svuotate sostanzialmente del ceto medio e delle famiglie, che si riverserebbero nei paesi del circondario per trovare una qualità della vita a misura d'uomo, lontani dalla trascuratezza ambientale e strutturale in cui certe città si trovano, come in particolare Roma, diventerebbero delle Disneyland per turisti e studenti.
Con la digitalizzazione ci troviamo di fronte ad una serie di biforcazioni della storia, che riguardano il genere umano, il modo in cui gli esseri umani hanno vissuto la loro vita dalla rivoluzione industriale in poi, in relazione ad una serie di problemi che le politiche industriali hanno creato negli ultimi cento anni, come il problema della sovrappopolazione, del cambiamento climatico e di gestione della res publica, esacerbati dalla montante ideologia neoliberista. I problemi urbanistici se non risolti, cercando di moderare tutti gli interessi in gioco, possono diventare la bomba ad orologeria che farà saltare tutti i complessi meccanismi su cui la società moderna si è basata, facendola precipitare in una sorta di nuovo feudalesimo in cui gli assedi e i sacchi delle città non sono tra eserciti ma tra orde di incolti turisti sul modello dello all-you-can-take (persino un pezzo di Colosseo). Non si tratta, infine, di essere apocalittici o integrati; si tratta piuttosto di concepire una visione politica di insieme verso cui il modello della digitalizzazione ci sta portando in tutti i vari settori.