Gli studi sulla leadership sono un campo di investigazione delle scienze sociali e umane di recente costituzione. Come nel caso della intelligenza artificiale, il campo ha le sue primavere e i suoi inverni dovute, probabilmente, al clima storico-politico più o meno aperto in cui essa si trova. Attualmente i lavori più importanti pubblicati sulle riviste accademiche che si occupano di leadership, si focalizzano soprattutto sulla psicologia (in genere quella behaviorista) o su dati sociologici raccolti in base ad analisi quantitative e qualitative.
Un altro trend importante negli studi della leadership segue il modello offerto dallo storico, studioso di politica e premio Pulitzer per una biografia su J.F. Kennedy, James MacGregor Burns, e recepito dallo psicologo e studioso di organizzazione aziendale Bernard Bass, chiamato modello trasformativo-transazionale.
Infine, un altro modello, che alla base ha la teoria dello scambio sociale e la teoria vertical dyad linkage (VDL), è conosciuto come teoria LMX o Leader-Member eXchange sviluppato a partire dagli studi dello psicologo George B. Graen e approfondito dalla studiosa di leadership May Uhl-Bien.
Un'altra caratteristica degli studi della leadership, proprio per la sua recente istituzionalizzazione come disciplina, è quella di avere studiosi americani come pionieri e di non essere un campo in cui gli studiosi uomini sono predominanti.
Un altro gruppo di teorie molto popolari sono quelle chiamate teorie della contingenza o situazionali (tra le quali la teoria di Hersey e Blanchard) che enfatizzano gli stili di leadership in base alla situazione in cui il leader si trova. Queste si concentrano su alcune variabili in particolare, associate al contesto e che possono determinare quale particolare stile di leadership è più adatto alla situazione. Mentre nella teoria della contingenza i leader possono non cambiare il proprio stile di leadership, in quella situazionale il leader cambia il proprio stile a seconda di come cambia la situazione (in alcuni casi il leader userà uno stile autocratico, in altre uno stile democratico).
Come abbiamo visto l'esigenza di apparire una disciplina “scientifica” ha fatto sì che lo studio storico della leadership, nonostante che molti affermino una didattica della leadership basata sull'esempio, sia marginale. La richiesta di maggiore sensibilità etica, per esempio, nel campo dell'organizzazione aziendale ha creato un filone, non maggioritario, ma importante, all'interno della leadership che si occupa di problemi etico-giuridici, probabilmente spinto dai vari scandali politici, aziendali e finanziari che si sono succeduti non solo negli USA sin dagli anni '70. La marginalità degli studi sulla leadership che usino una prospettiva storica ha fatto sì che teorie come la Teoria del Grande Uomo, che ha fatto da apripista alle teorie contemporanee della leadership basate sui tratti e sul comportamento, venga di fatto dimenticata da un punto di vista metodologico (anche se da un punto di vista storico-filosologico questa teoria viene studiata alla stregua di un reperto archeologico).
Thomas Carlyle, uno dei primi intellettuali vittoriani, filosofo e poeta scozzese individuò nello studio delle caratteristiche dei grandi uomini, i soli a poter cambiare le sorti e le fortune del mondo; lo studio delle caratteristiche e del comportamento di questi individui eccezionali, secondo Carlyle e autori tra i più importanti dello studio della leadership contemporanea, come Manfred F. R. Kets de Vries, sono fondamentali per capire lo sviluppo e la psicodinamica stessa della leadership personale. De Vries, addirittura, si spinge ad affermare che «molti dei più chiari principi della leadership sono molto antichi. Ho sottolineato come molti dei principi della leadership dei tempi di Alessandro il Grande sono applicabili ancora oggi» (De Vries e Engellau, Are Leaders Born or are they Made?, London: Karnak, 2004: xvii).
Tenterò quindi di mostrare quali sono le peculiarità che lo studio storico della leadership, inteso niccianamente non come storia monumentale, né antiquaria, ma piuttosto come critica del sapere non solo del passato, ma capovolgendo Nietzsche, anche del sapere contemporaneo (F. Nietzsche, Considerazioni Inattuali, 1876).
Le teorie della leadership in senso non istituzionalizzato, infatti, risalgono alla notte dei tempi: accettando l'osservazione di De Vries possiamo dire che queste teorie le ritroviamo nei libri sacri come la Bibbia, la Torah o il Quran, ma anche nelle grandi narrazioni mitologiche quali l'Iliade e l'Odissea di Omero, ma anche nei racconti indiani quali il Mahabharata e il Ramayana, oppure nella babilonese Epopea di Gilgamesh: tutti i racconti hanno spunti e suggerimenti che starebbero bene in quei libri che narrano ed analizzano biografie di personaggi di successo contemporanei e ne evincono elementi di leadership da copiare (anche se non è possibile copiare questi fattori perché come vedremo la leadership è un fenomeno dipendente da una serie di variabili e fattori difficilmente prevedibili).
Quindi, è passaggio obbligato cercare di capire come nelle comunità greche presocratiche venisse concepita la leadership: la caratteristica generale della cultura greca molto prima di Socrate è quella di concepire l'archè (lo studio dell'elemento ultimo della natura) anche come comando; Vernant nel suo Le origini del pensiero greco, Puf: 1962 fa vedere come la separazione tra archè e basileia (il sapiente, colui che sa) sia alla base del pensiero politico greco, cioè la separazione tra aspetto propriamente decisionale e aspetto religioso del potere, benché tra i due ancora sussista una certa relazione cosmologica (l'ordine celeste deve essere mappato sulla razionalità vigente della polis) ma, non c'è più «un personaggio unico che domina la vita sociale - come era per esempio il faraone nella vita degli egizi o, in qualche modo l'imperatore nelle antiche dinastie cinesi – ma su una molteplicità di funzioni, che contrapponendosi le une alle altre, esigono una ripartizione, una delimitazione reciproca» (Vernant, cit., p. 49).
Mentre prima di questa separazione il demos era silente o addirittura assente di fronte al palazzo “dei signori”: ecco che qui nasce la distinzione tra leader e i leader da una parte e i follower, cioè il demos che può svolgere, finalmente, una funzione attiva nelle scelte politiche.
Molte teorie della leadership, specialmente nelle teorie che enfatizzano lo stile manipolatorio o autocratico, vedono i follower un gregge, una folla, da dominare e assoggettare ai voleri del “capo”. Non è forse quindi un caso se nel periodo di transizione della Grecia tra il V e il IV secolo emergono i sofisti che affermarono e affinarono la tecnica della dialettica e della retorica mirata non alla ricerca della verità, ma alla persuasione dell'altro. Nella concezione politica greca il follower è un cittadino attivo che, non importa il suo status sociale, ma solo l'appartenenza a quella polis, poteva intervenire nella discussione e delle scelte politiche. Benché questo, in qualche modo, sia stato recepito dalla politica, anche grazie alla divisione montesquieuiana dei poteri, le grandi multinazionali, e spesso, realtà industriali di medio e piccolo livello, sembrano essere ferme ad una concezione gregaristica dei follower e patronale del leader.
Non è quindi strano l'atteggiamento di Platone verso la leadership. Platone che aveva flirtato sin da giovane con la possibilità di una carriera politica sin dalla gioventù e che abbandonerà forse, solo dopo il secondo viaggio a Siracusa (J. Derrida, La tentazione di Siracusa, Mimesis, 2019). Gli studi sulla leadership riconoscono in Platone il primo importante pensatore che si sia confrontato con il problema della leadership (K. Grint, Leadership: classic, contemporary and critical approaches, Oxford, 1997); ed è forse con Platone che si inizia a sistematizzare la teoria dei tratti e degli stili, teorie così popolari nel campo dello studio della leadership: Platone, infatti, nella sua sterminata produzione descrive una serie di strumenti per capire il fenomeno della leadership. Bastano solo La Repubblica e il Timeo per apprezzare lo sforzo del pensiero platonico; Platone infatti, nel libro VIII della Repubblica offre una sistematizzazione delle costituzioni - timocrazia (basata su una rigida architettura sociale, come quella esistente a Sparta e simile alla tradizionale divisione indiana in caste), oligarchia, democrazia e tirannide - che faranno da modello per gli stili base di leadership (Lewin et al., Patterns of aggressive behavior in experimentally created social climates, Journal of Social Psychology, 10 1939 per esempio distingue in Autoritario, Democratico, Laissez faire a cui in seguito si è aggiunto il tratto paternalista/coaching).
La caratteristica principale del leader, secondo Platone (nozione che probabilmente traeva dalla lezione socratica, e dal successo come governante del suo avo Solone) era la capacità del leader/re di essere un filosofo, un sapiente, e che ritrovò nel suo viaggio in Italia verso la Sicilia nella figura di Archita di Taranto – personaggio storico ancora poco studiato e che secondo autori come G. Ryle (in Plato's Progress, Cambridge UP, 1966) esercitarono una profonda influenza in Platone sia per la capacità di leadership (Taranto ebbe il maggiore sviluppo della sua storia sotto Archita) che per la sua conoscenza dottrinale nelle discipline matematiche e ingegneristiche, ed in particolare della conoscenza del pitagorismo). Secondo Ryle, molta della cosmologia e della medicina contenuta nel Timeo deriva dagli insegnamenti di Archita e Filistione di Locri.
Ma cosa intendeva Platone per sapienza? Date le frequentazioni platoniche, non possiamo non guardare all'origine della filosofia greca che per sapienza da una parte intendeva la disvelazione di ciò che si cela dietro le apparenze (la scoperta dell'aletheia) intesa anche come conosci te stesso, integrata con il pubblico dibattito nell'agorà, ovvero come ha affermato Vernant (op.cit.), preparazione sofistica all'esercizio del potere della città. Questa disciplina interna ed esterna voleva permettere al leader di riformare la vita sociale della polis, ordinandola sovranamente, rinunciando alla vita pubblica (cosa che i leader di oggi difficilmente accetterebbero di fare) cercando rifugio in una sobria vita contemplativa. D'altronde nella Lettera VII Platone afferma:
«Una volta arrivato, non mi piacque affatto la cosiddetta dolce vita, fatta tutta di banchetti italioti e siracusani, di una esistenza passata a riempirsi due volte al giorno, mai soli la notte, [C] con tutto quel che segue ad una tale condotta. Il fatto è che a partire da una condotta e da tali inveterate abitudini nessun uomo che viva sotto il cielo potrebbe divenire saggio né sperare di divenire morigerato - e dove lo troverebbe un temperamento di natura così straordinaria?-: e lo stesso discorso può ripetersi per le altre virtù. Né c’è legge che possa assicurare la pace ad uno Stato i cui cittadini si credono in dovere di dilapidare ogni sostanza [D] in spese pazze, e stimando quasi un obbligo l’ozio, interrotto solamente da banchetti, libagioni e piaceri d’amore. È evidente che tali città siano coinvolte in una continua sequela di tirannidi, oligarchie, democrazie, i cui capi non vorranno neppure sentir parlare di una costituzione giusta ed equilibrata. Dunque, nel mio viaggio a Siracusa, queste considerazioni si aggiunsero alle precedenti. [E]».
Quindi, appare chiaro come i comportamenti del leader, secondo Platone, devono rispondere ad un rigoroso criterio disciplinare e di conoscenza se non si vuole che la società/organizzazione non cada nel caos o nella più bieca tirannide. Il fallimento del progetto delineato nella Repubblica portò Platone a ripensare il concetto stesso di leadership e individuare meglio le sue caratteristiche nella figura del demiurgo, come definito nel Timeo.
Abbiamo visto come già nella filosofia greca e in particolare nell'insegnamento del “primo Platone” possiamo trovare di molto utile per lo studio della leadership, e come le moderne teorie della leadership devono molto, come giustamente afferma De Vries (vedi sopra), alle riflessioni filosofiche degli antichi Greci. Nel prossimo articolo parleremo più diffusamente della svolta nel Timeo e le sue ripercussioni nella filosofia di Aristotele e come il loro contributo agli studi della leadership siano importanti per capire certi aspetti teorici nella disciplina.