Sono passati ottant’anni e ancora la data dell’8 settembre risuona come nefasta per l’Italia. Il 3 settembre 1943, infatti, venne firmato a Cassibile, in provincia di Siracusa, quell’armistizio che segnerà una profonda spaccatura nel Paese, l’inizio della guerra civile, ulteriori sofferenze per un popolo già provato dal regime e dai primi anni di guerra, oltre allo sfascio dell’Esercito italiano rimasto allo sbando sostanzialmente perché senza precise direttive. La seconda guerra mondiale per l’Italia non si era aperta con quelle semplici ed efficaci idee di vittoria e conquista che Mussolini pensava alla dichiarazione consegnata alla Francia: sembrava necessario combattere un po’ per poter vantare un posto al tavolo delle trattative, in quella blitzkrieg nazista resa evidente dallo sfilamento delle truppe sotto l’arco di trionfo di Parigi.
In realtà le cose furono ben diverse, con la resistenza francese, ma anche quella inaspettata greca, i problemi in Montenegro, le battaglie in Africa che avevano minato l’impero. Si era arrivati al 1943 con seri timori di un’invasione dell’Italia dal Sud, proprio dalle coste dell’Africa ormai saldamente in mano agli anglo-americani. Il Re si era seriamente preoccupato quando, nel mese di luglio, aveva visto Roma sorvolata dai caccia bombardieri nemici, mentre Benito Mussolini era impegnato in una riunione con Hitler a Este.
Le agitazioni sociali premevano per un cambiamento, perché il razionamento dei viveri, i bombardamenti, la paura e la miseria cominciavano ad essere dilaganti. Con lo sbarco in Sicilia degli Alleati, avvenuto dalle isole minori, poi sempre più pressante verso Nord, era chiaro che la situazione stava precipitando. Vittorio Emanuele III stava pensando ad un cambiamento al vertice del governo (così come spostamenti di uomini in vari ruoli li aveva compiuti il Duce, nel tentativo di stabilizzare le cose, se migliorarle era impossibile), e stava pensando al sostituto di Mussolini che sarà poi il Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio.
Era importante creare le basi per accordi nuovi, cambiando i protagonisti soprattutto scomodi che dovevano essere additati come responsabili, meglio se unici, del tracollo generale che sembrava ormai all’orizzonte prossimo. Era un comportamento comune, così come saranno al vaglio opportunità di abdicazione del Re per salvare il Regno da eccessive ritorsioni. Era evidente come il principale responsabile politico fosse il fascismo, pertanto prenderne ora le distanze sembrava non solo inevitabile, ma la soluzione più comoda.
Così, con trattative segrete, venne firmato l’accordo di resa incondizionata dell’Italia agli angloamericani, sganciandosi non soltanto dal partito di regime che verrà immediatamente messo fuorilegge alla destituzione del Duce, ma anche dall’alleato nazista. Hitler, dal canto suo, temeva un cambiamento di fronte dell’Italia dopo che il Gran Consiglio del fascismo aveva destituito Mussolini poi fatto arrestare dal Re e portato prima a Ponza, poi sul Gran Sasso, ed aveva ordinato di preparare le truppe al Brennero per un’eventuale invasione del Paese, mentre riceveva assicurazioni di fedeltà al patto che legava Italia e Germania dal Re d’Italia stesso, telefonicamente.
Secondo gli accordi, l’armistizio non sarebbe entrato in vigore fino alla sua comunicazione ufficiale che doveva avvenire cinque giorni dopo la firma. L’8 settembre, pertanto, alle ore 18.30, Radio Algeri annunciò la cessazione delle ostilità da parte italiana, mentre Badoglio lo annunciò dai microfoni dell’EIAR alle ore 19.45. Festanti gli italiani che per un momento pensarono che la guerra fosse finita; senza ordini i militari che, anche durante le riunioni ai vertici intervenute tra il 3 e l’8 settembre, non avevano avuto altre notizie che quelle dei movimenti alleati, senza alcun riferimento agli accordi che si davano come in corso e non già sottoscritti.
La situazione si rivelò ben presto caotica e terribile: soprattutto al Nord le truppe tedesche vennero comandate di prendere possesso di ogni caserma italiana, chiedendo la consegna delle armi a coloro che, di fatto, erano diventati nemici. Furono molti gli atti di eroismo da parte di coloro che non obbedirono agli ordini imposti da stranieri, e furono molti i soldati che risposero al fuoco. La data dell’8 settembre 1943 fa ufficialmente iniziare il fenomeno che verrà poi denominato Resistenza: molti militari italiani vennero imprigionati dai tedeschi che occuparono il Centro-Nord del Paese, altri decisero di darsi alla macchia, diventando quei banditi ricercati che si organizzarono per la lotta armata all’invasore e che poi vennero chiamati partigiani. L’Italia, spaccata e dilaniata, visse uno dei momenti più bui della sua storia.