Mikhael Germain Di Mattia è uno di quegli artisti che hanno il coraggio di dedicarsi caparbiamente all’Arte, cimentandosi con la propria versatilità in una serie di sfide che lo vedono protagonista in vari campi del sapere. Dalla sua missione di cantante, a quella di attore, dalla sua scommessa come regista documentarista ai suoi studi come sceneggiatore, partorisce opere complesse elaborate nei minimi dettagli grazie al suo assoluto perfezionismo.
Una delle sue opere che ha avuto un grande successo è un libro che racchiude le conoscenze maturate nel suo cammino artistico, ma anche nei suoi percorsi spirituali che lo hanno spinto sempre di più ad indagare l’animo umano. Non sto dicendo che egli stesso sia il protagonista dell’opera ma che essa raccoglie tutte le sue esperienze. E adesso questo romanzo, pubblicato in italiano nel 2020, è uscito a luglio 2023 anche nella sua traduzione spagnola col titolo El Arquero. La Orden del Arco, con le Ediciones Matrioska. Si tratta di un’epopea sentimentale ed esoterica, erotica e spirituale che si svolge in un’atmosfera che oscilla tra la confessione e la riflessione sui grandi temi della vita, un vero cammino iniziatico verso i misteri più sconosciuti dell’esistenza.
Siccome poi Mikhael Germain è anche un regista, ha la capacità di descrivere i viaggi fisici e metafisici del protagonista Josè, le visioni e i sogni lucidi che lo guidano verso la sua strada del cuore, come se volesse mostrare al lettore le scene di quell’avventura da uno schermo interiore. Il percorso di Josè è un viaggio dell’eroe che si compie nel tempo della ricerca spirituale, quasi che il prima e il dopo, che i vari passaggi temporali siano stati assorbiti da uno sguardo che coinvolge tutti i tempi contemporaneamente in un susseguirsi di eventi sincronici che conducono il ragazzo sempre più avanti e oltre la realtà tangibile. E proprio l’oltre è lo spazio invisibile dove, come un novello Balzac, Mikhael Germain ricerca l’Assoluto, quella Pietra Filosofale che riesca a svelare i misteri del proprio sé.
Un antico manoscritto lo indirizza verso la strada dell’altrove, in un succedersi di tappe che lo sospingono sempre più vicino alla verità, in bilico tra la realtà illusoria e il sogno di un mondo spiritualmente più elevato. L’arciere che tende la corda dell’arco rappresenta il simbolo di un percorso di iniziazione connesso alla figura dell’Arcangelo Michele che Mikhael Germain ha ben narrato in un documentario assai poetico di qualche anno fa.
Per cibarsi di queste sostanze bisogna essere dei viaggiatori siderali come Josè, infatti, «Il vero pellegrino», per l’Autore, è simile ad un alchimista e il suo cammino è «un grande lavoro interiore» perché serve a liberarsi di «un sistema, alleggerendo la materia, nell’attraversare tutto il campo stellato, il Campostela», che si estende per tutta la Via Lattea andando «oltre la stella centrale, Sirio, la fine delle terre, Finisterre». L’obiettivo del pellegrinaggio è il ricongiungimento con «Il proprio Cristo interiore», con il proprio corpo di luce. Ed esattamente in quel momento si torna «al centro, ad onorare Alcione, il sole delle Pleiadi, e i sette sistemi solari che ruotano intorno ad esso, chiamate le sette sorelle». Che meraviglia! L’infinitamente piccolo del nostro microscopico Sé, quando l’uomo ritorna al suo centro ritrovando armonia ed equilibrio, diventa uno specchiarsi nell’infinitamente grande. E questo significa, infatti, «andare oltre la stella Sirio, capitale della nostra galassia, e andare oltre questa per entrare nel primo infinito, nel secondo e in altri infiniti mondi». Tutto questo è molto poetico: come un moderno Leopardi, come un pastore errante dell’Abruzzo, Mikhael Germain Di Mattia indaga i più intimi segreti della materia, dei mondi visibili e invisibili, del mistero di noi stessi, degli enigmi ancora insoluti del cosmo.
Come nei «Racconti di un pellegrino russo» Josè compie un cammino mistico ricercando la «preghiera del cuore» e come un vero «Siddharta» cerca disperatamente l’Illuminazione. Nella sua ostinazione a ricercare la centratura interiore, Josè fa compiere un cammino anche al lettore, solleticando la sua curiosità con i significati esoterici disseminati nel manoscritto - che gli viene donato da un enigmatico frate cistercense -, proprio in tutte le pagine del romanzo, realizzando un lavoro complesso e coraggioso che si spinge anche oltre la vita, si confronta con la paura della morte e con le energie oscure che sembrano impedire l’evoluzione di ogni individuo, riportandolo indietro ogni volta che giunge a compiere un passo decisivo in avanti.
Il romanzo sembrerebbe un percorso mistico rivolto al maschile, eppure non mancano i personaggi femminili, che anzi rivestono un ruolo fondamentale, ma soprattutto emerge la necessità di integrare le due sessualità, prima che in ogni altra relazione, dentro di Sé, riscoprendo quel Sacro femminino che la società contemporanea ha buttato in fondo ai recessi dell’inconscio.
L’Autore cita, infatti, la mandorla mistica «Essa è l’occhio della luce del sacro femminile che si unisce con l’occhio del sacro maschile, generando il seme cristico. In parole povere, sono le due facce della nostra natura che si integrano, al di là dell’aspetto sessuale. In origine noi esseri umani eravamo perfettamente androgini…». Questa ricerca dell’equilibrio tra le due parti appartiene a molti di noi, ma di certo in Di Mattia è quasi un’ossessione, come se al di là di quell’estasi mistica che descrive così chiaramente Teresa D’Avila, non sia possibile una vera armonia. «L’equilibrio perfetto della mandorla mistica è questa fusione delle parti dentro di noi, quello che qualcuno chiama “nozze sacre”». Ormai gli amori e amoretti che fanno parte del vissuto della giovinezza di Josè lasciano spazio a una sessualità più matura, prima di tutto riunificando le proprie parti scisse e in secondo luogo le scissioni sociali tra maschi e femmine, il cardine del disastro contemporaneo delle relazioni.
Nelle pagine di questo libro si respira l’atmosfera di libri e film come Il nome della rosa, quel mistero nascosto nella perfezione delle Cattedrali e dei Monasteri che per Mikhael Germain diventano una sorta di architettura divina imperniata sulla precisione dei numeri, delle Ghematria che consente l’elevazione verso Dio.
Ma prima che questo avvenga il percorso è lungo e intricato, attraversa luoghi che, riconnessi tra di loro, potrebbero costituire un vero cammino letterario, pieno di simbolismi, armonia e bellezza. Il nostro regista ha di certo fatto una accurata ricerca sulla storia, sulla architettura e soprattutto sulla simbologia in cui sono incardinate le tappe del suo viaggio. Non mancano riferimenti alle proporzioni sacre:
«Dai tempi degli antichi Egizi esiste una proporzione divina che viene o meglio veniva usata per costruire in perfetta armonia… È nella pittura, nella musica, ed è presente in tutte le cose create, compresa la natura».
In questa ricerca delle proporzioni divine di ogni creatura c’è la visione dell’Autore, la Spiritualità guadagnata attraverso un manoscritto che non è altro che una mappa interiore fatta di incontri sincronici con personaggi che rivelano le proprie parti intime e con luoghi misteriosi e sacri al contempo.
C’è anche una sorta di ricerca del sacerdozio interiore, mediante la figura del più grande sacerdote di tutti i tempi, Melchisedec. In realtà questo personaggio nella Kabbalah ebraica «Melchi-Tzedek, il re di pace e giustizia, era il perfetto fondamento del mondo. Su questo fondamento si posava tutto l’ordine dell’Arco».
Ma qual è il compito preciso degli Arcieri dell’Ordine dell’Arco?
Quello di far «sbocciare una nuova umanità», incastonata sulle ricchezze dello spirito, ossia: «la creazione dell’arte, la bellezza pura, ogni espressione della musica, la danza, la pittura, le immagini, la scrittura e il canto».
Del resto l’umanità si è perduta nei chiassosi discorsi della mente «perché molti sono intrappolati negli strati più bassi della materia e negli abissi infernali dell’ego e della mente inferiore», nella ricerca del potere, del denaro e nel consumo senza limiti, anche della terra stessa, della natura e di ogni essere vivente. L’idea di tornare, quindi, alla centratura spirituale che giace inascoltata dentro ogni essere è un suggerimento ancor più valido nella realtà contemporanea che sta vivendo un’emergenza nata proprio dalla dimenticanza della parte più importante dell’uomo.
Dunque, come deve essere usato l’Arco e le sue frecce?
«Centrare il bersaglio è come il segreto del canto, che apre il cuore di chi ascolta! Immagina le tue sopracciglia e i tuoi occhi come se fossero un arco teso: se l’arco è rivolto verso l’alto, la freccia scoccherà dalla pineale e sarà una freccia di luce, la chiave del paradiso che apre la porta al divino…».
Ma prima bisogna imparare a scolpire la pietra della propria interiorità indurita dalle contorsioni della mente:
«La pietra ha tutto dentro: scolpire vuol dire tirare fuori ciò che già c’è, disse il grande Michelangelo! Se sei un’anima bella, tirerai fuori il bello, se sei forte esprimerai potenza; se imparerai a plasmare la pietra, potrai modificare il corso della tua esistenza; se le toglierai il peso, la vita diventerà gioiosa…».
E tutto questo ulissico viaggio che compie Josè aiutato da vari Maestri che incontra nel suo percorso, ha come scopo la ricerca del corpo di luce di quell’essere «illuminato da un’energia sfolgorante», che non sia né maschio né femmina, «sposato alla dolcezza del femminile eterno, così da essere uomo nell’esteriore e donna nell’interiore», che veniva chiamato Adonai, ossia «l’eterno mascolino unito all’eterno femmineo in un’androginia perfetta, ad immagine e somiglia di colui che è, il nostro Creatore, Padre e Madre di tutti gli uomini».
Dopo essere diventato egli stesso un arciere, Giuseppe d’Arcadia, ovvero Josè, raggiunge infine Gerusalemme dove, inaspettatamente, svela l’enigma sulla meta finale del suo viaggio…
L’insegnamento che si può trarre dalla storia di Giuseppe è che bisogna avere fede nei propri sogni, saperli interpretare, facendo attenzione a quel particolare linguaggio velato, fatto di segni, simboli e di incontri, che lungo il cammino della propria esistenza conduce alla propria autentica realizzazione.
La sua vicenda guida ogni uomo, altresì, verso la conquista di un tesoro inestimabile, l’eredità di Celestino, che con il suo messaggio di pace e riconciliazione, la Perdonanza Celestiniana, conduce alla tradizione spirituale della città dell’Aquila, proclamata nel 2019 Patrimonio immateriale dell’umanità dall’UNESCO.
L’Arciere è una sorta di fiaba iniziatica che, in una allegoria moderna, racconta il viaggio dei viaggi che ogni uomo dovrebbe intraprendere: il viaggio all’interno di se stesso.