L’indagine parte da due questioni: che cosa si intende per lingua parlata? Come si sviluppa la lingua parlata nei secoli tra il Tardoantico e il Medioevo?

Il processo evolutivo, della lingua parlata in Europa, si può riassumere come segue: dal latino, passando per il volgare e giungendo alle lingue regionali (francese, spagnolo, italiano, ecc.).

Norberg afferma: «Il periodo di storia del latino che noi tratteremo qui comprende circa mille anni. La fine di questo periodo è nettamente segnata dal Rinascimento».

Per affermare ciò che segue e precede ci si avvale degli studi del linguista, filologo, latinista Dag Norberg, svedese e autore di fondamentali opere sulla latinità medievale in prosa e in versi; nello specifico ci si avvale dello scritto: Manuale di latino medievale.

Che cosa si intende per lingua parlata latina?

«Il latino parlato […] non è mai morto; è cambiato da una generazione all’altra, si è differenziato, e questa evoluzione ha provocato la nascita delle lingue neo-latine o romanze».

Indicativa, per trovare una risposta alla domanda, è l’affermazione:

«Il latino fu all’inizio una lingua di rustici e contadini […] Malgrado questo umile esordio il latino è diventato a poco a poco una lingua di cultura e si è esteso in tutta l’area occidentale dell’Impero Romano. Poche lingue hanno conosciuto un successo così pieno».

Il latino classico, di solito, viene studiato sui libri, nelle scuole e nei licei per: aiutare a comprendere la realtà; sviluppare la logica; aiutare a conoscere i propri progenitori (Virgilio, Cicerone, Plauto, ecc.); aiuta a conoscere parole nuove, a comprendere da dove esse derivano e a trovare significati autentici dei termini che utilizziamo nell’italiano.

Oltre ai grandi classici ricordiamo, però, che a Roma esisteva anche un popolo che parlava, che si recava al foro, al mercato, alle terme (anche Cicerone probabilmente in famiglia usava una lingua comune con la quale esprimeva le sue emozioni e i suoi sentimenti).

La definizione di lingua parlata si può, dunque, riassumere:

è la forma linguistica che gli uomini e le donne nel tempo utilizzano per esprimersi. L’uomo mediante la lingua parlata esprime il suo essere, risponde alla domanda: “chi sono io?”, “chi è l’altro”, “che cosa significa quello che mi circonda?”, “come posso esprimere a parole un oggetto che mi è di fronte?”.

Il latino parlato viene suddiviso da Norberg in: sermo vulgaris ovvero la lingua comunemente usata; sermo familiaris ovvero la lingua madre o lingua della casa; sermo communis ovvero la lingua comune; sermo rusticus ovvero la lingua rustica della campagna.

Alcuni esempi

I termini che saranno citati nell’elenco puntato che segue nella lingua italiana sono verbi “astratti” - “intellettivi”, i termini dai quali essi derivano ci rivelano però un significato tutt’altro che astratto:

  • Reputare = [pŭto], pŭtas, putavi, putatum, pŭtāre; significa potare.
  • Discernere = [cerno], cernis, crevi, cretum, cernĕre; significa scegliere; quindi scegliere tra due cose.
  • Pensare = [pendo], pendis, pependi, pensum, pendĕre; significa anche pesare.
  • Spiegare = [explĭco], explĭcas, explicavi, explicatum, explĭcāre; significa stendere.
  • Ragionare = [rătĭōcĭnor], rătĭōcĭnāris, ratiocinatus sum, rătĭōcĭnāri; fare i calcoli.
  • Immaginare = [cōnĭcĭo], cōnĭcis, conieci, coniectum, cōnĭcĕre: lanciare, spingere, buttare.
  • Desiderare = [dēsīdĕro], dēsīdĕras, desideravi, desideratum, dēsīdĕrāre; rinchiudere.

I termini sopra citati hanno dei significati, dunque, pratici come si intuisce; da ciò deduciamo che il processo che si compie è: osservazione di un fenomeno o di un oggetto; trasformazione teorica intellettiva quindi filosofica concettuale dell’oggetto.

Come si sviluppa la lingua parlata nei secoli del Tardoantico e Medioevo?

Le fonti del passato a nostra disposizione, per raccontare la lingua parlata, sono principalmente iscrizioni ed epistole.

Invece, uno dei sussidi di cui ci si può avvalere per capire il come la lingua latina si sia evoluta nel Tardoantico e Medioevo è Du Cange, Glossarium mediæ et infimæ latinitatis da questi volumi si possono recuperare informazioni sulla formazione/trasformazione della lingua; insieme a questo si cita anche il Thesaurus Linguae Latinae, un monumentale dizionario di latino che comprende la lingua latina dalle sue origini fino alla latinità altomedievale di Isidoro di Siviglia.

Anche in questo contesto si possono citare degli esempi per esprimere tali trasformazioni:

  • Anus = ānellus diminutivo; significato anello, anellino; in italiano anello non è diminutivo ma nome positivo, il diminutivo in italiano si forma seguendo un altro processo e diviene anellino (così anche in francese).
  • Castrum = castrellum diminutivo; significato accampamento, piccolo accampamento.
  • Cultĕr = cultellus diminutivo; significa coltello, coltellino.
  • Cista = cistella diminutivo; significa cesta, cestello.

Gli esempi dimostrano che nella lingua d’uso i diminutivi si sono evoluti; le lingue romanze funzionano, dunque, in dipendenza alla lingua volgare.

La lingua parlata, in sintesi, giunge a noi sotto forma di italiano (o francese o spagnolo) attraverso le lingue romanze, le quali derivano dal latino.

In conclusione, si afferma che la lingua parlata degli uomini e delle donne della storia si è evoluta nel reale. Il compito del linguista, dunque, è un po' come il lavoro dello storico, cercare di rinchiudere in compartimenti e contenitori quello che nel reale succede.

La lingua è un po' la storia: libera, ribelle, non vive di regole prestabilite, è sciolta dalle catene della grammatica o della cronologia.

Bibliografia

D. Norberg a cura di M. Oldoni, Manuale di latino medievale, Avagliano, Napoli 1999.
Du Cange, Glossarium mediæ et infimæ latinitatis.
Thesaurus Linguae Latinae.