La storia di come abbiamo portato gli esseri umani sulla Luna è ben documentata. Io stesso vi ho dedicato tre saggi, ma non avevo mai affrontato in un unico capitolo tutto quello che abbiamo lasciato sulla superficie, e non intendo gli ovvi strumenti scientifici, ma ricordi personali, simbolici, messaggi, fino ad arrivare a piccoli musei d’arte contemporanea. Esistono diverse ragioni per cui gli astronauti delle missioni Apollo hanno lasciato molti oggetti sulla Luna. Vi furono ragioni tecniche, pratiche, religiose e sentimentali.
Arrivare sulla superficie lunare, soprattutto se vista con gli occhi dell’umanità del XX secolo, è stata un'impresa estremamente impressionante, e questo traguardo è stato in qualche modo commemorato sul nostro satellite. Ma il più delle volte era dettato da questioni pratiche ed era programmato fin dalla partenza. Poiché la quantità di peso che il modulo di atterraggio poteva riportare indietro era limitata, per fare spazio alle rocce lunari da riportare sulla Terra, si pensò di scaricare tutto ciò che non era più utile per la missione. In cambio di ciò che si sono lasciati alle spalle, le missioni Apollo sono così riuscite a riportare circa 380 kg di rocce e suolo lunare.
Fare un elenco di cosa è stato lasciato è apparentemente semplice, poiché tutto è documentato, ma di sicuro qualcosa è sfuggito alle severe disposizioni della NASA, e probabilmente non saremo in grado di saperlo con certezza se non andando sul luogo del “fatto”.
Fra i materiali non più utili al ritorno abbandonati in superficie vi sono: scope, rastrelli, trapani e attrezzature di vario tipo. Tutte le apparecchiature televisive e fotografiche, e poi i caschi, i guanti, le soprascarpe e gli zaini di sopravvivenza. La missione Apollo 12 però, lasciò involontariamente sulla superfice, buona parte delle pellicole fotografiche utilizzate, ed è per questo che della seconda esplorazione lunare esistono solo poche immagini.
Alcuni degli oggetti lasciati però erano parte di cerimoniali e commemorazioni programmate. Apollo 11, e in seguito tutte le altre missioni, portava sulla gamba ove era fissata la scaletta una targa in onore dello sbarco che recitava:
Qui gli uomini del pianeta Terra hanno messo piede per la prima volta sulla Luna nel luglio 1969, d.C. Siamo venuti in pace per tutta l'umanità.
Prima di lasciare la superfice per ricongiungersi in orbita con Micheal Collins, il comandante Neil Armstrong e Edwin “Buzz” Aldrin compirono un altro gesto simbolico, lasciando ai piedi del Modulo Lunare la replica in oro (13 cm) di un ramo d'ulivo, tradizionale simbolo della pace, a rappresentare un desiderio di concordia per tutta l'umanità, e un disco di silicio con i messaggi di buon augurio dei leader di 73 paesi (per l’Italia dal presidente Giuseppe Saragat1).
Il disco, dalle dimensioni di una moneta da 50 centesimi di euro, ha inciso sui bordi delle microscopiche parole. Nella parte superiore c'è l'iscrizione: "Messaggi di buona volontà da tutto il mondo portati sulla Luna dagli astronauti dell'Apollo 11". In quella inferiore: "Dal Pianeta Terra – luglio 1969". I messaggi scritti furono consegnati dalla NASA alla GCA Corporation di Burlington, che utilizzando una telecamera li ridusse a dimensioni microscopiche, realizzando una foto-maschera negativa finale di tutti i documenti, assieme ai quali vi era anche l’elenco dei membri del Congresso che firmarono la legge che rese possibile la missione Apollo 11, e i nomi degli alti funzionari della NASA.
Questa maschera fu poi consegnata alla Sprague Electric Company di North Adams, che l'impresse in modo indelebile sul wafer di silicio. Un lascito molto personale è stato quello dell'astronauta Charles Duke, di Apollo 16. Nel 1972 quando calpestava la polvere del nostro satellite, Duke aveva 36 anni ed era il più giovane astronauta a camminare sulla Luna. Forse è anche per questo che prima di ritornare, ha abbandonato sulla superficie una foto di famiglia, dove sul retro si leggeva:
Questa è la famiglia dell'astronauta Charlie Duke del pianeta Terra che sbarcò sulla luna il 20 aprile 1972.
Utilizzo il passato, perché se oggi tornassimo sul posto, la lunga esposizione alle micidiali radiazioni solari ha completamente sbiancato la foto. Ma il gesto sentimentale non cambia. Il miglior papà di sempre? Forse. Dopo tutto, ha portato i suoi figli sulla Luna.
L’inevitabile sbiancamento dovuto alle radiazioni ha certamente trasformato in pallidi drappi sintetici, tutte le bandiere statunitensi lasciate sulla Luna a marcare la presenza degli astronauti Apollo. Ogni luogo di sbarco lunare, infatti, era simbolicamente segnato con una bandiera degli Stati Uniti. Un gesto forse criticabile, ma come dargli torto, dopo tutto sono stati loro i primi ad andare.
Quella di piantare bandiere, come un alpinista marca la cima mai prima raggiunta dopo la sua conquista, è una tradizione che inizia nel 1969 con la storica missione di Apollo 11. Sebbene la decisione di portare una bandiera sia stata presa quasi all'ultimo minuto, non c’è dubbio che le foto fatte con accanto gli astronauti, siano fra le più iconiche fra quelle scattate sulla Luna. In seguito, tutte le altre missioni Apollo ne avrebbero portata una. Bandiere che furono ripetutamente fotografate anche in pose emozionali, come quelle dell’ultima missione Apollo 17, dove Eugene Cernan e Harrison Schmitt appaiono con la Terra, piccolo punto azzurro nello spazio nero, fare capolino alle loro spalle.
Oppure quella più scherzosa dell'astronauta dell'Apollo 16 John Young, che è stato immortalato dal compagno Charles Duke, mentre saluta la bandiera compiendo un salto, che nella bassa gravità lunare appare enorme e irreale.
Le bandiere delle missioni Apollo meritano un ulteriore approfondimento. Poiché sulla Luna non c'è vento, queste non potevano restare distese. Per ovviare all’inconveniente, i tecnici s’ingegnarono costruendo dei leggerissimi tubi metallici estensibili, in modo che una volta dispiegate potessero essere viste in tutta la loro estensione, come se il vento le distendesse. Di tutte quelle lasciate sulla Luna, quella dell'Apollo 17 ha poi una storia veramente unica. Questa bandiera, molto più grande di quelle che l’avevano preceduta, aveva già viaggiato verso la Luna con Apollo 11, che poi la riportò a terra dove, successivamente, fu appesa al muro del Mission Operations Control Room a Houston, ove rimase fino a quando si decise di riportarla sulla Luna, per lasciarvela, con la missione Apollo 17. Quando Eugene Cernan la estrasse dalla custodia per erigerla nella valle lunare di Taurus-Littrow, via radio comunicò:
Vi garantisco che questo è uno dei momenti più emozionanti della mia vita.
Gli astronauti Apollo hanno lasciato sul nostro satellite anche altri simbolici memoriali. Armstrong e Aldrin lasciarono l’emblema della missione Apollo 1 per ricordare gli astronauti Virgil Grissom, Edward White a Roger Chaffee, morti nel 1967 durante il test finale del modulo di comando Apollo; e due medaglioni dedicati ai cosmonauti russi Yuri Gagarin e Vladimir Komarov, il primo morto in un tragico incidente aereo, il secondo al rientro dallo spazio dopo il collaudo della nuova astronave Soyuz.
Si deve invece a David Scott, comandante dell’Apollo 15, il memoriale degli Astronauti Caduti. Scott lasciò sulla superfice una scultura commemorativa, il “Fallen Astronaut” (l’Astronauta Caduto), una piccola statuetta in alluminio di un essere umano, creata dall'artista belga Paul Van Hoeydonck. Dopo la missione, Scott affermò che l'opera aveva lo scopo di rappresentare gli astronauti americani e i cosmonauti russi caduti, ed era stata posata a faccia in giù, accanto a una targhetta che elencava i nomi delle quattordici persone che avevano perso la vita per il progresso dell’esplorazione spaziale. In seguito, l’artista belga dichiarò che nelle sue intenzioni la scultura era stata creata per simboleggiare tutta l'umanità, e non solo gli astronauti, ma poco cambia del suo significato finale.
Scott fece anche qualcosa di strettamente personale e che dichiarò solo al suo ritorno. Lasciò una piccola Bibbia di pelle rossa sulla console di controllo della automobile lunare, che per la prima volta era stata portata sulla Luna per aiutare gli astronauti nella loro faticosa esplorazione (altre due auto sarebbero poi seguite con Apollo 16 e 17). Un gesto totalmente personale ma che fece molto discutere le altre comunità religiose, che si sentirono in qualche modo escluse. Anche Alan Bean, oggi noto pittore e quarto uomo a scendere sulla Luna, ha contribuito alla memoria di un astronauta caduto. Durante la sua missione con Apollo 12, lasciò una spilla da aviatore per ricordare l’amico e compagno di addestramento Clifton Williams, che avrebbe dovuto essere al suo posto come pilota del modulo lunare, ma che morì prima in un banale incidente aereo.
Meno prosaico il lascito di Alan Shepard, comandante della Apollo 14, che è riuscito a entrare nel Guinness dei primati, giocando a golf intergalattico durante la sua passeggiata sulla Luna del 1971. Per realizzare il suo proposito, convinse un tecnico della NASA a modificare una pala destinata alla raccolta di campioni lunari, in modo da potervi inserire la testa di una mazza da golf, che riuscì a contrabbandare portandola a bordo senza dichiararlo, del Modulo Lunare di Apollo 14. Non appena ne ebbe tempo, fra lo stupore dei presenti al Centro di Controllo di Houston, Shepard, che era stato il primo americano a volare nello Spazio, estrasse in diretta TV due palline da golf che colpì sulla superficie, e che ora giacciono nel cratere di Fra Mauro, a testimoniare la grande passione di Alan per questo sport.
Una piuma e un martello sono invece il lascito scientifico più allegorico della missione Apollo 15. Alla fine del XVI secolo, fra i suoi esperimenti Galileo Galilei dimostrò che la velocità con cui gli oggetti cadono è indipendente dalla loro massa. Per dimostrarlo, lasciò cadere oggetti di masse diverse dalla Torre Pendente di Pisa, ma sebbene avesse ragione, c’era la resistenza dell’aria a ostacolare i suoi risultati. Per questo motivo, nel 1971 David Scott, in accordo con la NASA, condusse un esperimento simile sulla superficie lunare.
Scott lasciò cadere allo stesso tempo una piuma di falco (per l’esattezza proveniva da Baggin, il falco mascotte dell'Accademia dell'Aeronautica) e un martello. Il mondo ebbe così occasione di constatare in diretta televisiva l’esattezza della teoria di Galilei, osservando la caduta contemporanea dei due oggetti. La piuma avrebbe poi dovuto tornare trionfalmente sulla Terra, ma una volta sulla superficie finì per perdersi nella polvere lunare, forse accidentalmente calpestata dallo stesso Scott, che fece di tutto per trovarla, ma inutilmente.
Il lascito più misterioso è quello del Moon Museum. Una piccola galleria d'arte contemporanea che (pare) sia stata lasciata sulla Luna, all’insaputa degli astronauti dell’Apollo 12. La storia risale a pochi giorni prima che l'equipaggio tornasse sulla Terra. Il New York Times riferì che un museo miniaturizzato era stato segretamente installato su una gamba dell'Intrepid (il nome dato al Modulo Lunare) e lasciato sulla Luna. Secondo il quotidiano, il wafer di ceramica e placcato in iridio di 19 per 13 mm, riportava le opere d'arte di Robert Rauschenberg, David Novros, John Chamberlain, Claes Oldenburg, Forrest Myers e Andy Warhol, sei artisti di spicco della fine degli anni '60. Grazie all’iniziativa di Myers, i sei disegni erano stati miniaturizzati con lo stesso procedimento utilizzato per il dischetto di Apollo 11, e incisi direttamente sul wafer con l'assistenza degli ingegneri dei laboratori della Bell.
La foto, pubblicata dal N.Y. Times, mostrava il chip e cinque delle sei incisioni, poiché per motivi di eleganza che possiamo tranquillamente chiamare censura, il contributo di Warhol, fu strategicamente nascosto dal pollice della mano che reggeva il piccolo museo. Nella descrizione, il lavoro di Warhol era descritto come "un ghirigoro calligrafico composto dalle iniziali della sua firma", mentre in realtà, non era altro che la stilizzazione di un pene. Che il museo sia davvero sulla Luna resterà un mistero ancora per molto. Infatti, all’articolo non seguì mai alcuna conferma o smentita da parte della NASA o di qualsiasi altro “addetto ai lavori”, e l’unico modo per appurare la verità sarà tornar sul sito e verificare di persona.
Negli anni che seguirono il progetto Apollo, molti tecnici impiegati nelle fasi finali di allestimento delle missioni, vennero allo scoperto dichiarando di aver collocato piccoli effetti personali sui lander della NASA. Ricordi e simboli, come piccole bandiere, nascosti negli strati di coibentazioni dorate che avvolgevano gran parte della base del LM, che poi restava sulla Luna dopo la partenza degli astronauti, ma anche per questi non è disponibile alcuna prova.
Per dovere di cronaca però dobbiamo ricordare che gli astronauti lasciarono sulla Luna anche ricordi meno nobili, come tutti i rifiuti organici. Contrariamente a quanto predisposto sul Modulo di Comando, l’unico elemento che sarebbe rientrato a Terra, tutti i rifiuti umani generati dalle missioni lunari, in totale 96 sacchetti, sono stati abbandonati in superficie. Rifiuti che peraltro alcuni scienziati sarebbero desiderosi di esaminare, per comprendere come il tempo e le radiazioni li abbia influenzati. Pare strano ma sarebbe una manna per alcuni biologi, ma per ora si trovano sulla superficie della Luna, e crediamo che difficilmente a qualcuno in futuro verrà voglia di andare a raccoglierli.
Note
1 Il messaggio del presidente italiano Giuseppe Saragat: "Il coraggio e la tecnologia degli Stati Uniti d'America hanno portato al nostro satellite questo messaggio del Capo della Nazione italiana che si vanta di annoverare tra i suoi figli Galileo Galilei, il cui genio ha aperto la strada alla scienza moderna. La conquista della Luna è una gloriosa pietra miliare lungo la strada di tutta l'umanità, verso il raggiungimento della pace, della libertà e della giustizia."