Esistono pochi luoghi della Terra dove si concentra in tutta la sua potenza e visibilità la vita del pianeta. Non che le migliaia di vulcani non diano segni della loro esistenza in tutto il globo, ma in questi luoghi specifici la nostra piccola isola celeste dimostra tutta la sua capacità di trasformazione spesso al di fuori della nostra comprensione ma anche della nostra capacità di intervenire.

Sono luoghi come l’Islanda, la faglia di Sant’Andrea e tanti altri. Quello che però lascia sbigottiti per il suo senso di movimento e di vitalità, è certamente quella lunga striscia (oltre 6 mila chilometri) disegnata dalla tettonica e dalla cosiddetta deriva dei continenti che va sotto il nome di Rift Valley o Rift. Il termine inglese nella sua sintesi vuol dire “spaccatura”. Altro nome o riferimento non potrebbe essere più preciso e constatabile nella realtà sia visiva sia fenomenologica.

Questa spaccatura inizia a nord in Medio Oriente, in quella Siria oggi martoriata e in cerca di riscatto, dove è impercettibile ma non meno rilevabile agli esperti e poi prosegue nella Valle del Giordano che scorre verso sud attraverso il lago Hula e il Mar di Galilea, in Israele, fino al Mar Morto. A sud del Mar Morto, la Rift Valley è occupata dal Wadi Araba e ancora più a sud dal golfo di Aqaba e dal Mar Rosso e di qui sino in Etiopia dove la sua caratteristica di separazione si mostra nella sua plasticità. A Gibuti per l’esattezza o più precisamente territorio degli Afar e degli Issa.

Qui la “vita” della Terra dà il suo segnale immediato con la presenza di coni vulcanici attivi e di sismicità elevata. È il punto cruciale dove la spaccatura prima rilevabile strumentalmente si manifesta nella sua reale portata. Da qui e sino in Mozambico, passando per la regione dei grandi laghi, le cicatrici antiche e recenti mostrano quello che nelle epoche geologiche si determina e avrà luogo: la separazione dell’Africa continentale da quella che tra milioni anni sarà una nuova grande isola o piccolo continente direttovero l’Oceano Indiano. Nel mezzosi formerà un vero e proprio oceano. Nessuno dei viventi di ora potrà vedere tutto questo, ma la conoscenza acquisita ci permettere di immaginare questo domani!

Proprio in questo senso, nell’evoluzione di questo gigantesco fenomeno geologico una ricerca condotta dall’Università di Firenze e dall’Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr di Firenze, in collaborazione con varie università internazionali, ha messo in evidenza un punto importante: l’attività vulcanica della Rift Valley non sia avvenuta in modo continuo bensì ‘a scatti’. Questo importante studio è di recente stato pubblicato sulla rivista Communications Earth & Environment.

L’assunto scaturito dalla conoscenza dei dati acquisiti indietro nel tempo indica che l’attività vulcanica della Rift Valley negli ultimi quattro milioni di anni non è stata costante e continua nel tempo ma è avvenuta ‘a scatti’, ossia con brevi periodi di intensa attività esplosiva intervallati da periodi di quiete o ridotta attività. Si tratta per la prima volta un'analisi dettagliata dell'evoluzione vulcanica della Rift Valley in Etiopia, in quella zona dell’Africa dove il fenomeno geologico mostra tutto il suo signficato e trova dimostrazione scientifica.

Spiega il ricercatore Giacomo Corti del Cnr-Igg:

Grazie ai dati raccolti durante diverse campagne sul campo e alla datazione in laboratorio dei numerosi campioni di rocce vulcaniche, abbiamo identificato un periodo principale di intensa attività vulcanica tra 3,4 e 3,8 milioni di anni fa, seguito da altre quattro fasi di forte vulcanismo. In ciascuna di queste fasi sono stati riconosciuti eventi esplosivi di grande entità, alcuni dei quali hanno prodotto depositi vulcanici spessi decine di metri. Questi eventi hanno avuto un impatto significativo sul paesaggio, trasformando vaste aree e rendendole inospitali per lunghi periodi, con possibili conseguenze sul clima globale.

L’altro elemento caratterizzante è che “tali eventi si sono verificati in un periodo cruciale per l’evoluzione degli ominidi, un’epoca in cui gli Australopitechi, come la famosa ‘Lucy’, lasciavano il posto alle prime specie del genere Homo, i nostri antenati più prossimi”, precisa Raffaello Cioni dell'Università di Firenze.

È quindi molto probabile che questi eventi, in una regione e in un intervallo di tempo cruciali per l’evoluzione umana, abbiano avuto un impatto enorme nel modificare l'ambiente e le condizioni di vita in questa area cruciale per l'evoluzione umana.

Qualche elemento ulteriore per descrivere di cosa si parla. La Rift Valley africana è nota per la sua straordinaria biodiversità ed è considerata uno dei luoghi più importanti per le scoperte paleoantropologiche. Caratterizzata da un sistema di valli lineari che si estende per migliaia di chilometri, è il risultato della continua separazione del continente africano nella sua parte orientale. È una regione di grande interesse geologico, dove vulcanismo, terremoti e fratturazione della crosta terrestre rivelano le potenti forze tettoniche che modellano il pianeta e che potrebbero aver influenzato l'evoluzione dei nostri antenati.

I risultati di questo studio rappresentano un importante passo avanti nella comprensione dei processi geodinamici alla base della formazione delle Rift Valley continentali. - conclude Zara Franceschini dell'Università di Firenze - Il nostro lavoro mostra come questi processi possano avere un’evoluzione temporale molto irregolare, con conseguenze rilevanti per la morfologia, il clima e le condizioni ambientali di vaste regioni del pianeta.

La Rift Valley oppure Great Rift Valley, varia in larghezza dai 30 ai 100 chilometri e in profondità da qualche centinaio a parecchie migliaia di metri. Si è creata dalla separazione delle placche tettoniche africana e araba, e dalla separazione dell'Africa dell'est dal resto dell'Africa, processo iniziato 35 milioni di anni fa e che continua tutt'oggi. Deve il suo nome all'esploratore John Walter Gregory che nel 1894 descrisse questa singolare e spettacolare realtà naturale e geografica.

Non si tratta però di una spaccatura pura e semplice. Infatti, nella parte più meridionale del Mar Rosso la Rift Valley si dirama in due direzioni diverse, verso est e verso sud. La zona della diramazione è chiamata triangolo degli Afar o depressione della Dancalia in quella che viene definita come tripla giunzione geologica. La diramazione verso est forma il golfo di Aden, e da questo punto in poi la Rift Valley continua come dorsale oceanica fino ad unirsi, in corrispondenza della zona detta della frattura di Owen con la dorsale di Carlsberg, estremità nord-occidentale della dorsale medio indiana.

La diramazione verso sud è spesso indicata come sistema di rift dell'Africa orientale e fino a poco fa veniva chiamata essa stessa Great Rift Valley. Tra la depressione di Afar e la depressione del lago Turkana in Kenya, si sviluppa la cosiddetta Rift Valley etiopica, che separa l'altopiano etiopico, a ovest, da quello somalo, a est. Più a sud il rift dell'Africa orientale si divide in due rami, il ramo orientale e il ramo occidentale.

Il ramo occidentale della Rift Valley è chiamato faglia albertina e si estende dall'estremità settentrionale del lago Alberto all'estremità meridionale del lago Tanganica. È delimitato da alcune delle montagne più alte dell'Africa, inclusi i Monti Virunga, i Monti Mitumba e il Ruwenzori e contiene alcuni dei grandi laghi africani, che includono laghi tra i più profondi del mondo, come appunto il lago Tanganica, profondo fino a 1470 metri. Al contrario il Lago Vittoria non è direttamente parte del sistema della Rift Valley, anche se in realtà è posizionato tra i rami orientale e occidentale.

Il ramo orientale, chiamato rift di Gregory, si sviluppa in Kenya e Tanzania; ad esso è associata la montagna più alta d'Africa, il Kilimangiaro ed altri rilievi principali come il monte Kenya. I laghi del ramo orientale sono meno profondi rispetto a quelli del ramo occidentale e sono caratterizzati da un'alta concentrazione di sali minerali dovuta alle piogge, che portano i sali minerali dai vicini vulcani, e alla forte evaporazione dell'acqua. I due rami si riuniscono nella parte meridionale terminale, formando il lago Niassa, il terzo corpo d'acqua dolce più profondo del mondo, con profondità massima di 706 metri e disperdendosi poi nella valle dello Zambesi, nel Mozambico centrale.

L'attività geotermica e l'allargamento della faglia proseguono idati scientifici ha causato un assottigliamento della litosfera fino a uno spessore di soli 20 chilometri, quando per i continenti lo spessore tipico è di 100 chilometri. Tra qualche milione di anni, la litosfera potrebbe spaccarsi e l'Africa orientale potrebbe dividersi dal resto del continente. L'attività vulcanica e la inusuale concentrazione di punti caldi ha prodotto le montagne vulcaniche oltre al Kilimangiaro e Kenya, il Karisimbi, Nyiragongo, monte Meru, monte Elgon e il vulcano Ol Doinyo Lengai, che è l'unico vulcano natrocarbonitico del mondo (cioè con presenza di carbonati). Il 3 aprile 2018 tale faglia ha prodotto in Kenya una frattura lunga 100 chilometri e larga 20 metri.

Abbiamo di passaggio sottolineato l’importanza della zona nella storia dell’umanità ai suoi albori. La Rift Valley infatti è stata una ricca sorgente di scoperte paleoantropologiche. Gli abbondanti sedimenti della valle, provenienti dalla rapida erosione degli altopiani circostanti, hanno creato un ambiente favorevole alla preservazione dei resti umani. Sono infatti state trovate numerose ossa di ominidi, antenati della moderna specie umana, tra cui anche quelle della cosiddetta "Lucy", uno scheletro quasi completo di australopiteco. Più di recente sono stati ritrovati i resti di due ominidi: una scimmia antropomorfa risalente a 10 milioni di anni fa e chiamata Chororapithecus abyssinicus, trovata nel triangolo di Afar, nell'Etiopia orientale, e il Nakalipithecus nakayamai, risalente anch'esso a 10 milioni di anni fa.

La sensazione di fronte a tutto quanto abbiamo descritto è entusiasmante ed inquietante al tempo stesso. Sono molte più le domande che rimangono aperte che le risposte che via via incessantemente arricchiscono le nostre conoscenze. Un grande affresco della Terra e della storia dell’umanità che dovrebbe nella sua grandezza tenerci lontani dall’odio e dalle guerre, impegnati come dovremmo essere a conoscere tutto quanto possibile del nostro irripetibile fenomeno umano, della sua capacità e della sua fragilità!