È quasi un simpatico appuntamento quello che ci fa tornare a parlare anno dopo anno, della ricerca scientifica italiana in Antartide, quel Piano Nazionale giunto alla sua 39esima campagna. Laggiù, tra tempeste di vento e di neve, temperature ancora estreme ed inimagginabili per le nostre latitudini, decine di donne e uomini della ricerca italiana, scienziati e tecnici e uomini di buona volontà, si avvicendano in quella che strano a dirsi è la stagione estiva dell’estremo Sud, quella nella quale le condizioni meteorologiche aiutano se così si può dire, ma in realtà è così, le attività di ricerca alla scoperta di ciò che l’immensa distesa di ghiacci pur in sofferenza per il cambiamento climatico, ci racconta sulla storia e sulle evoluzioni della Terra.
Quest’anno, la 39esima campagna vede la partecipazione della nave italiana Laura Bassi, una rompighiaccio, che per due mesi navigherà circumnavigando l’intero Mare di Ross. L’avventura è iniziata quando la nave ha lasciato il porto di Lyttelton in Nuova Zelanda, ai primi di gennaio, facendo rotta verso l’Antartide dove supporterà le attività di ricerca legate a tre diversi progetti sullo studio delle dinamiche fisiche e biogeochimiche di specifiche aree antartiche. La spedizione oceanografica nel quadro della 39esima campagna è finanziata dal Ministero dell’Università e Ricerca (MUR) nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA), gestito dal Cnr per il coordinamento scientifico, dall’ENEA per la pianificazione e l’organizzazione logistica delle attività presso le basi antartiche e dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS per la gestione tecnica e scientifica della rompighiaccio. La nave circumnavigherà l’intero Mare di Ross e concluderà la sua missione antartica, di nuovo in Nuova Zelanda, dopo 60 giorni a marzo 2024.
La nave Laura Bassi, di proprietà dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS, quest’anno svolgerà un’unica rotazione dalla Nuova Zelanda all’Antartide, con a bordo 39 persone coinvolte come personale di ricerca e un equipaggio navigante di 23 membri. Per la prima volta la missione sarà condivisa con il progetto antartico neozelandese di cui fa parte un team di 12 persone.
Il viaggio della rompighiaccio è iniziato il 25 novembre dello scorso anno quando ha lasciato il porto di Napoli per intraprendere una navigazione di circa 40 giorni. La rompighiaccio ha attraversato il Mar Rosso e il Golfo di Aden, adottando tutte le misure antipirateria previste e navigando lungo il corridoio di sicurezza sotto l’ombrello di protezione garantito dalle navi militari di vari Paesi. E le vicende di queste settimane in quell’area stanno mostrando in pieno la pericolosità di tali tragitti navali.
A fine dicembre l’approdo in terra neozelandese a Lyttelton per imbarcare il personale che partecipa alla missione di ricerca. Chiuse le operazioni di carico, il 6 gennaio la nave è partita dal porto di Lyttelton alla volta del Mare di Ross.
Come racconta il comunicato del PNRA le attività di ricerca, nello specifico, riguarderanno il progetto “Tenore” (Terra Nova bay polynya high Resolution Experiment), coordinato da Giannetta Fusco dell’Università degli studi di Napoli “Parthenope” per lo studio della zona di polynya (uno specchio di acqua marina libera dai ghiacci e circondata dalla banchisa) della Baia Terra Nova; il progetto “Signature” (PhySIcal and bioGeochemical traciNg of wATer masses at source areas and export gates in the Ross Sea and impact on the SoUtheRn OcEan), coordinato da Pierpaolo Falco dall’Università Politecnica delle Marche che ha l’obiettivo di analizzare dal punto di vista biologico chimico e fisico le principali masse d’acqua del Mare di Ross e indagare la loro variabilità spaziale e temporale; infine il progetto “MORsea” (Marine Observatory in the Ross Sea), coordinato da Giorgio Budillon dell’Università degli studi di Napoli “Parthenope” e Pasquale Castagno dell’Università degli Studi di Messina per la gestione della rete degli osservatori marini posizionati fin dal 1994 nel Mare di Ross.
Oltre all’attività scientifica, tra il 21 e il 26 gennaio la nave ha compiuto anche lo scarico dei materiali necessari al funzionamento della base antartica Mario Zucchelli, mentre il rientro al porto di Lyttelton in Nuova Zelanda è previsto per i primi giorni di marzo 2024.
In particolare, al suo ritorno la rompighiaccio trasporterà due refrigeratori contenenti le carote di ghiaccio estratte nel contesto del progetto internazionale Beyond EPICA, coordinato da Carlo Barbante, direttore dell’Istituto di scienze polari del Cnr. E certamente sia consentito sorridere bonariamente all’idea di refrigeratori a quelle latitudini, ma assolutamente necessari per mantenere lo stato fisico delle carote di ghiaccio prelevate e che ci riportano indietro alla Terra di milioni di anni fa. Il progetto mira, infatti, proprio attraverso l’analisi del ghiaccio antartico, a ricostruire la storia climatica della Terra andando indietro nel tempo di 1,5 milioni di anni, per rivelare informazioni sulla temperatura e sulla concentrazione di gas serra nell’atmosfera. Quest’anno la nave darà supporto anche alle ricerche marine del programma scientifico neozelandese ospitando a bordo 12 ricercatori del Paese australe, una collaborazione internazionale di particolare prestigio per il PNRA.
La N/R Laura Bassi è oggi l’unica nave rompighiaccio italiana per la ricerca oceanografica in grado di operare in mari polari, sia in Antartide sia in Artico. È stata acquistata dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS nel 2019 grazie al finanziamento dell’allora Ministero dell’università e della ricerca – MUR e opera a supporto di tutta la comunità scientifica.
L’obiettivo principale della nave Laura Bassi è il supporto scientifico e logistico alle missioni polari italiane e al contempo consentire la ricerca oceanografica e geofisica dei ricercatori dell’Ente e della comunità scientifica nazionale ed europea a livello globale e, in particolare, polare.
Per le sue caratteristiche tecniche è una rompighiaccio categoria A classe PC5 ed è stata concepita come una nave speciale combinando in maniera ottimale sia capacità cargo sia di ricerca scientifica. Ha una stazza di 4028 tonnellate, è lunga 80 metri e larga 17 metri, ha un sistema di posizionamento dinamico che le garantisce un’elevata manovrabilità e un’accuratezza di stazionamento in un prefissato punto dell’ordine di 1 metro. La struttura del fasciame, particolarmente robusta, le permette di operare in mari coperti da ghiaccio senza temere danni strutturali.
Con qualche brivido in più ma certi che ogni conoscenza che si aggiunge ci consente di capire dove sta andando il nostro pianeta e con esso la vita che ospita e come possiamo correre ai ripari emendando quanto possibile i nostri interventi dannosi e ripristinando l’equilibrio rimasto immutato e mutevole al tempo stesso per centinaia di milioni di anni, pensiamo alla nuova campagna di ricerca e ai suoi scienziati e tecnici augurando loro buon lavoro e sperando in nuove ed importanti scoperte!