Padova custodisce un capolavoro unico nella Cappella degli Scrovegni: il famoso ciclo di affreschi di Giotto che ci delizia di colori e immagini, ma ci riporta anche al mondo trecentesco ricco di personaggi che hanno creato la storia d’Italia.
Iscritti nel Patrimonio UNESCO il 24 luglio 2021, “I cicli affrescati del XIV secolo di Padova” pongono la nota Cappella tra i capolavori dell’umanità.
Il 6 febbraio 1300, Enrico Scrovegni acquista da Manfredo Dalesmanini i terreni necessari per costruire un palazzo con cappelletta: sono i terreni dove sorgeva l’arena romana di Padova. Enrico è figlio di Rainaldo, personaggio illustre della città veneta, spesso ospite di personaggi famosi nel suo palazzo sito in stra Maggiore, vicino alla cattedrale. Ottimi i rapporti di Rainaldo con il clero, anche grazie al permesso di transito sui propri terreni dei beni destinati ai monasteri senza il pagamento di gabelle, come invece richiesto dal podestà e dagli Anziani di Padova.
Dante Alighieri, che ambienta il proprio capolavoro proprio a partire dal 1300, anno giubilare, pone Rainaldo Scrovegni nel XVII Canto dell’Inferno della sua Commedia, tra gli usurai che cercano ma non si riparano dal fuoco eterno che piove su di loro, riconoscibili dalla borsa del denaro che portano al collo, con lo stemma di famiglia. Non ci sono prove che lo Scrovegni fosse un usuraio: anche se prestava soldi, non ne chiedeva un alto interesse, come sarebbe stato punito dalla Chiesa alla quale era appunto molto legato, ma di certo Dante aveva una certa acredine nei confronti della famiglia che gli aveva assicurato protezione fuggito da Firenze.
Sembra infatti che, per non offendere Enrico, Alighieri abbia condannato all’Inferno suo padre, Rainaldo, assieme a Vitaliano del Dente, sposo in seconde nozze della figlia di Rainaldo e sorella di Enrico, Beatrice Scrovegni, buona matrigna della figlia di Vitaliano Agnese, la quale andrà in sposa a Bartolomeo della Scala, signore di Verona. Bartolomeo e Agnese accolsero Dante a Verona durante il suo esilio e pare che Alighieri da Verona sia andato a Padova ad ammirare il ciclo di affreschi di Giotto.
Alla morte di Bartolomeo della Scala avvenuta nel 1304, Dante rimase senza protezione, dato che Agnese non lo portò con lui quando decise di tornare a Padova, sua città natale. Da questo, quindi, può essere che il sommo poeta abbia deciso di mandare all’Inferno sia Rainaldo, che Vitaliano, al tempo ancora vivo. Enrico Scrovegni, intanto, aveva fatto costruire palazzo e cappella, e in questa, tra il 1303 e il 1305, Giotto, celebre pittore fiorentino, poté continuare la sua pittura innovativa, con sperimentazioni pittoriche che diedero ampio spazio al figurativo, interpretando in modo inedito e libero le rappresentazioni liturgiche medievali, arricchendole di tratti sentimentali nuovi.
La prospettiva cambia, lo spazio scenico in cui si svolge la narrazione pittorica è collegata riquadro per riquadro, in una storia che conduce al Giudizio Universale del muro di fondo. La natura viene ritratta dal vivo, così come la città e i personaggi, uomini e donne che sembrano vivi, sottolineando di ciascuna figura la capacità di libero arbitrio, la tristezza e la gioia, il dolore e la felicità in modo nuovo per i tempi e fresco ancora oggi.
Giotto supera la concezione bizantina dell’uomo a sola immagine di Dio, creando figure di dimensioni pari a quelle dei personaggi divini, in modo da interpretare il Vangelo alla luce di una naturalezza che, tra prospettive e colori, fa degli esseri umani rappresentati delle figure vere, alle prese con la vita di tutti i giorni.
Prende corpo quella che sarà la pittura del Rinascimento, che non tralascia il ricreare marmi e intarsi, mosaici e motivi classici che renderanno l’architettura dipinta autentica agli occhi del visitatore, mentre il complesso della pittura diventa un racconto e un film davanti ai nostri incantati occhi. La Cappella degli Scrovegni di Padova è un capolavoro da conoscere e da ammirare.