Il licantropo, o lupo mannaro (dal latino “Lupus Hominarius” lupo umano) è una delle figure più affascinanti del folklore europeo. Se nell’immaginario contemporaneo non ha lo stesso posto d’onore riservato al vampiro, forse perché è mancata un’opera della stessa popolarità del Dracula di Bram Stoker, ha radici forse ancora più profonde e oscure del mostro succhiasangue, corredata da citazioni letterarie di tutto rispetto. Il licantropo (parola greca che significa appunto “uomo lupo”) è un mostro che nasce dalla paura ancestrale, presente in tutti i villaggi d’Europa, per il lupo, animale che nelle notti davvero senza luce negli isolati villaggi del tempo che fu, incuteva terrore vero, soprattutto in inverno quando, spinto dalla fame, usciva dai boschi per entrare nei villaggi e far strage di animali e, qualche volta, di bambini (e questo si rispecchia in diverse fiabe popolari).
Il Lupo Mannaro del folklore nasce da riti stregoneschi. Il licantropo è uno stregone che scientemente sceglie di prendere questa forma animale: alla paura del lupo si unisce la paura popolare per la figura della strega. Sebbene di solito si pensi a questi miti come a qualcosa di medievale, le origini sia del lupo mannaro e della strega sono molto più antichi. La prima testimonianza di questa credenza la troviamo addirittura nella mitologia greca e precisamente nel mito di Licaone, re dell’Arcadia. Costui faceva praticare sacrifici umani con tanto di pranzo cannibalesco con le viscere delle vittime.
Zeus, inorridito, avrebbe trasformato Licaone e i suoi accoliti in lupi per un periodo di otto anni. Scaduto questo tempo, sarebbero tornati umani a patto di non essersi mai cibati di carne umana. La letteratura latina tratta il mito del licantropo nel Satyricon di Petronio Arbitro. Durante la famosa cena di Trimalcione il liberto Nicerote racconta di aver assistito alla trasformazione in lupo mannaro di un suo compagno di schiavitù, mentre si trovavano in un cimitero: questo brano di Petronio è una singolare nota “horror” in quella letteratura classica che molti percepiscono, a torto, come luminosa e privi di lati oscuri.
Ma dal basso Medioevo in poi abbiamo la letteratura più ricca su questo mostro del folklore. Nonostante San Tommaso d’Aquino avesse ragionevolmente definito la metamorfosi in un lupo come un’illusione percepita dai sensi, lo scienziato alchimista Paracelso li considerava reali e addirittura l’imperatore Sigismondo del Lussemburgo fece discutere in sua presenza, da un conclave di sapienti, la questione dei lupi mannari, e fu unanimemente stabilito che la mostruosa metamorfosi era un fatto accertato e costante. Ci fu addirittura, nel 1792, il caso della “Bestia di Cusago” di un presunto licantropo a Cusago, nei pressi di Milano, che uccise una decina di bambini e di cui si occupò l’illuminista Cesare Beccaria. Il filosofo fece mettere alcune trappole e dopo aver catturato un lupo di dimensioni anormali ritenne chiusa la faccenda.
Esiste persino una versione “buona” di questo essere. E qui abbiamo il caso documentato del vecchio Thiess, un contadino ottantenne della Livonia, sul Baltico, che, nel 1691, affermò di sua volontà in un tribunale distrettuale di essere un lupo mannaro. Ma, questa è la parte interessante della deposizione, il vecchio Thiess sosteneva che i lupi mannari non sarebbero creature demoniache, al contrario sarebbero “i cani di Dio” che combattevano streghe e stregoni per proteggere gli abitanti del villaggio.
Addirittura, sosteneva Thiess i lupi mannari si recavano all’inferno per combattere Satana in persona. Confessione sconcertante che ribalta l’immagine del licantropo. Ma la testimonianza del vecchio Thiess si lega alla prima opera sulla licantropia dopo il Satyricon, ovvero il poema francese del XIII secolo Guillaume de Palerme nel quale il protagonista è protetto dallo zio che è un lupo mannaro: anche in questo caso abbiamo il capovolgimento della figura del licantropo.
In età moderna va ricordata certamente la novella Male di Luna di Luigi Pirandello: un altro autore classico oltre Petronio si occupa del tema della licantropia. Ma Pirandello, in pieno clima positivista (il racconto è del 1913) descrive la licantropia come una semplice malattia, un forma di isteria. Il cinema intanto si impadronisce di questa figura con film come Werewolf of London e The Wolf Man con l’iconico Lon Chaney jr (e più recentemente An American Werewolf in London di John Landis) che reinventano il folklore abbandonando l’aspetto stregonesco e facendo sì che la licantropia venga trasmessa tramite morso, tema ricalcato dal più popolare vampiro.
Il tema del licantropo stregone è ripreso nel romanzo Darker than you think di Jack Williamson: qui si riprende il tema del lupo mannaro come strega o stregone mutaforma. Williamson, scrittore di fantascienza, lega questa trasformazione a processi mentali-quantistici.
Ma nonostante del lupo mannaro si siano occupati anche autori popolarissimi coem Stephen King col suo Unico indizio: la luna piena questo mostro non ha ottenuto la stessa fortuna del vampiro. Nonostante su di lui ci sia una letteratura che affonda nell’antichità classica, nonostante un retroterra folklorico più interessante di quello vampirico e nonostante l’interesse di una creatura “doppia”, sia uomo che animale, che ancora oggi potrebbe prestarsi ad interpretazioni psicanalitica.