Nel bene o nel male, l’importante è che se ne parli. In Italia, se chiederete di “Sanremo”, nessuno vi dirà che non ne conosce il significato. Vi capiterà, tuttavia, che qualcuno storca il naso, in maniera anche un po’ snob, sdegnando il festival più importante della musica italiana. Qualcun altro, invece, vi potrebbe rispondere con molto entusiasmo. In ogni caso, nel bene o nel male, se ne parlerà sempre. Il motivo è semplice: Sanremo non è solo musica.
A febbraio, per poco meno di una settimana, in tv ci va un’intera società, un intero Paese con i suoi difetti e i suoi pregi, uno spaccato di un momento storico che proprio in quei giorni finisce nudo e crudo sotto i riflettori. Creato nel 1951 e condotto per la prima volta da Nunzio Filogamo, il Festival ha ininterrottamente allietato le case degli italiani fino al giorno d’oggi in cui si celebra la sua settantacinquesima edizione. Nato sulle spoglie di una breve rassegna di musica napoletana organizzata negli anni trenta nel famoso casinò di Sanremo, il Festival ha assunto il carattere nazionale che oggi conosciamo legando per sempre la sua storia con la località ligure che ad oggi è conosciuta come “la città dei fiori”: Sanremo.
La prima edizione, che vide la partecipazione di soli tre cantanti, fu vinta da Nilla Pizzi con Grazie dei fiori. Col passar degli anni il Festival ha segnato la carriera di molti cantanti, in un modo o nell’altro. È il caso alquanto curioso dei Jalisse, duo di musica leggera che ha vinto il Festival nel 1997 e che da quell’anno non è mai più stato selezionato per le serate finali.
Stelle e meteore, tutte passate per il palco del Teatro dell’Ariston, casa ormai consolidata del Festival. Aleandro Baldi, Massimo Di Cataldo, Annalisa Minetti (poi diventata atleta paralimpica), Tony Maiello (diventato poi autore musicale e che per un certo periodo ha anche venduto muffin) e, come detto, i Jalisse, sono solo alcuni dei nomi che hanno fatto breccia nel cuore degli spettatori del Festival ma che non sono riusciti a tenere accesa la fiammella del successo.
Perché, purtroppo, Sanremo ti dà ma ti toglie anche tanto. E poi c’è il successo che arriva per i presentatori, meglio conosciuti oggi come “direttori artistici”. Non sempre sono musicisti (anzi, forse è raro che lo siano) ma vengono scelti tra i volti più amati dei salotti televisivi italiani. Mike Bongiorno e Pippo Baudo, sono sicuramente loro i nomi più cari agli italiani, i “padri” del Festival. Ma non si può non citare anche presentatori come Fabio Fazio, Paolo Bonolis, Claudio Baglioni, Gianni Morandi, Amadeus, Carlo Conti che di recente hanno condotto il Festival per svariati anni. Tra le donne, oltre alle diverse co-conduzioni, si possono ricordare i Festival condotti da Simona Ventura e Antonella Clerici.
Tra i vincitori, infine, nell’Olimpo della musica italiana siedono sul trono Domenico Modugno e Claudio Villa con quattro trionfi a testa.
Ma ridurre il Festival di Sanremo a semplici numeri è un oltraggio a quello che Sanremo rappresenta e ha rappresentato per l’Italia. Ogni anno, nel momento in cui la RAI trasmette il Festival è sempre il caso di prendere taccuino e penna perché è certo che qualcosa di iconico o comunque memorabile succederà. Ovviamente, sempre nel bene o nel male. Si, perchè a Sanremo le discussioni non terminano mai.
Nell’edizione di quest’anno, ad esempio, il direttore artistico Carlo Conti ha deciso di far cantare a due artiste, una israealiana e una palestinese, la canzone della pace di John Lennon e, al contempo, ha diffuso un videomessaggio del Papa. Il riferimento, anche se non specificato letteralmente, era alla guerra nella Striscia di Gaza ma in entrambi i casi le polemiche non sono tardate ad arrivare: nel primo caso la critica ha dichiarato che una delle due cantanti, in realtà, avesse passaporto israeliano e non fosse realmente palestinese; nel caso del messaggio del Papa, invece, qualcuno ha affermato che fosse registrato, riciclato e retrodatato.
Andando indietro negli anni, però, gli eventi storici sono stati tanti.
Come non pensare, ad esempio, al famoso spacco del vestito di Belen che lasciava intravedere chiaramente il tatuaggio di una farfalla all’altezza dell’interno coscia nell’edizione del 2012.
L’abbigliamento e le posture, in effetti, sono cambiati tantissimo dagli anni Cinquanta ad oggi e la compostezza degli artisti della seconda metà del Novecento è un lontano ricordo. Ma questo, come tutte le cose, è un segno dei tempi e Sanremo, specchio della società italiana, si è adeguato. Il palcoscenico dell’Ariston è il palcoscenico dell’Italia intera, da cui è possibile lanciare messaggi e provocazioni. Come nel caso di Loredana Bertè che nel 1986 andò in scena con un pancione finto facendo ovviamente parlare di sé per tanto tempo.
Ma Sanremo è anche l’emblema del detto “il bello della diretta”.
Tanti, tantissimi, gli eventi sorprendenti da ricordare. In ordine sparso, solo per citarne alcuni: uno spettatore che minaccia il suicidio e viene salvato da Pippo Baudo, il cantante Bugo che esce di scena perché il compagno Morgan ha cambiato a sorpresa le parole della canzone, Vasco Rossi che decide di cantare dal vivo ignorando il playback, il giovane Blanco che non sente l’audio in cuffia e distrugge i fiori sul palco. Eventi extra-ordinari come quelli che hanno visto protagonisti gli ospiti stranieri che al Festival sono elemento fisso. Emblematiche le ospitate dei Placebo e di Elton John: i primi, nel 2001, distrussero le chitarre sul palco perché si sentivano ignorati dal pubblico; il secondo, invece, nel 1995 non si presentò all’Ariston avvisando solo pochi minuti prima e rovinando una festa che era stata interamente dedicata a lui.
Ad oggi, però, se si vuole analizzare il Festival non lo si può fare senza tirare in ballo la sua potenza “social” ed economica. I “meme”, ovvero i contenuti che diventano virali sui social network, trovano terreno fertilissimo e la motivazione è scontata.
Una potenza così forte che negli ultimi anni è nato il Fantasanremo, cugino del più noto Fantacalcio. I punti ottenuti dai giocatori dipendono anche da alcuni atteggiamenti e comportamenti messi in atto dai partecipanti reali, ovvero i cantanti, come ad esempio il modo in cui si vestono, il guadagnarsi fischi, pronunciare determinate frasi e così via. Non si vuole fare l’avvocato del diavolo, ma il dubbio che a volte alcune azioni che vediamo sul palco siano “condizionate” sorge spontaneo.
E poi, Sanremo è politica e impresa. Organizzato dalla rete nazionale italiana (e quindi dal Governo), è indubbio che il Festival non sia intonso e che alla base qualche gioco di potere ci sia. L’aspetto più interessante, di cui poco si parla, è però il flusso economico alle spalle di Sanremo. Nell’edizione 2025 si è stimato che si possa arrivare ad un guadagno pubblicitario tra i 60 e i 70 milioni di euro.
Il listino pubblicitario è monstre: uno spot da 15 secondi va dai 100 ai 150 mila euro, ma se si è interessati alla fascia più ambita, quella delle 23:30, il costo per circa un minuto di spazio arriva fino a 1.166.050 euro. Un pacchetto con sei passaggi in tre serate della durata di 15 secondi l’uno fuori break, ovvero il primo spot che viene mostrato ai telespettatori dopo l'annuncio della pubblicità, costa invece 451.640 euro. Il tutto in serate che tengono incollati per ore i telespettatori, che si godono i 30 artisti in gara, le gag dei presentatori, gli ospiti nazionali e internazionali.
Anche in questo caso, però, se ci si chiede perché ogni puntata duri fino a oltre l’1 di notte, una risposta orientativa la si può dare (e parte subito il retropensiero sul boom di spot pubblicitari incastrati fino allo stremo in ogni puntata). E, infine, non possiamo non accennare al metodo di votazione utilizzato per il vincitore. Ogni anno la polemica è accesissima e l’accusa di combine è dietro l’angolo.
Quest’anno è stato deciso che per decretare il vincitore finale ci saranno sempre le tre giurie (Giornalisti, Radio, Televoto da casa) con le percentuali canoniche (33% per ciascuna categoria tra radio e stampa, 34% per il voto popolare da casa), ma sono state apportate alcune modifiche. Per la serata finale di sabato, al termine delle esibizioni dei 29 artisti, vengono resi noti i cinque più votati e si dà il via ad una nuova votazione, ma in questo caso i voti precedenti ottenuti dai cinque finalisti non sono azzerati e si aggiungono ai voti ottenuti nelle serate precedenti e alla nuova votazione finale.
La stampa, inoltre, sarà libera di esprimere non una sola preferenza ma dovranno esprimersi su tutti e 5 i finalisti dando ad ognuno di loro un voto da 1 a 5. Insomma, una bella ventata di novità. Se ne discuterà? Ovviamente.
Perché, nel bene o nel male, Sanremo è Sanremo.