In che modo le dinamiche all’interno dei gruppi rock hanno fatto nascere canzoni epiche.

Ci sono delle storie che sono rimaste sconosciute per tantissimo tempo. Almeno alla grande platea. Internet ci ha aiutato a scoprire numerosi retroscena riguardanti il mondo del cinema o della musica, utili per comprendere il successo di determinati personaggi. I video su YouTube, le interviste, gli speciali, si sono moltiplicati, e molti segreti che non conoscevamo sono diventati di dominio pubblico. Quando si parlava dei The Doors era la figura di Jim Morrison a catturare l’attenzione e a infiammare l’immaginario dei fan. In pochi conoscevano l’apporto che ha dato alla nascita di determinati brani storici come Riders on the Storm il musicista Ray Manzarek. Lo abbiamo scoperto in seguito proprio grazie alle interviste e agli speciali che la rete ha reso virali. Ray Manzarek è stato uno dei membri fondatori dei The Doors e il suo contributo è ampiamente riscontrabile quando ci concentriamo esclusivamente sul sound unico della band.

Manzarek non solo era il tastierista del gruppo, ma era l’anima della band. Il suo approccio innovativo e la sua capacità di mescolare generi diversi hanno dato vita al catalogo irripetibile di questo gruppo che ha sconvolto le regole dell’intrattenimento durante un periodo storico davvero difficile. Tra attacchi alla libertà di espressione e Guerra del Vietnam, l’identità musicale di questa band, alla fine degli anni '60, ha cavalcato onde lisergiche pericolosissime prima di entrare definitivamente nella storia della musica. E non solo di quella rock.

Come è stato possibile? Se guardiamo oltre la personalità, il talento e il genio indiscutibile di Jim Morrison, troviamo un altro elemento della band che era in grado di creare opere d’arte stando assolutamente nell’ombra. Schivo, quadrato, serio e colto, Manzarek utilizzava l'organo Vox Continental per creare sfondi di tempeste, inquietudini dell’animo, suoni di guerra, capaci di minare l’equilibro degli ascoltatori. Era un marchio di fabbrica del sound dei Doors. Questo strumento, insieme al Fender Rhodes Piano Bass (che suonava per sostituire un basso tradizionale), creava un suono ipnotico e psichedelico, distinguendo i Doors da altre band dell'epoca. È proprio così. I The Doors non avevano il bassista. Almeno nelle registrazioni in studio. Negli spettacoli live, alcuni bassisti supportavano la band, lo fecero Larry Knechtel, Jerry Scheff e Douglass Lubahn. Per il resto era la mano sinistra di Manzarek a suonare le linee di basso con grande flessibilità dando al lavoro in studio un approccio unico.

Manzarek era profondamente influenzato dalla musica jazz, da quella classica e dal blues. Queste influenzano venivano integrate nelle composizioni della band. La sua formazione musicale classica lo aiutava a strutturare brani complessi, mentre il suo amore per il jazz lo portava a improvvisare liberamente durante le performance dal vivo. Il rapporto artistico con Jim Morrison era uno degli elementi centrali del successo dei The Doors. Morrison era un front man carismatico, Manzarek era il "cervello musicale" che traduceva le visioni poetiche di Morrison in musica.

Questo equilibrio creativo era essenziale per la loro sopravvivenza. Oltre ad essere un eccezionale musicista, Manzarek aveva una visione chiara di come voleva che la musica venisse suonata. Ha lavorato con i produttori e gli ingegneri del suono per assicurarsi che i brani della band avessero la giusta atmosfera, la potenza e la profondità. Ray Manzarek era, senza dubbio, il pilastro musicale dei Doors, e il suo genio era quello di creare sound melodici, ma allo stesso tempo oscuri, ipnotici e pieni di energia.

Gli Smiths sono considerati una delle band più influenti del movimento indie rock britannico degli anni '80. Il loro sound cercava di combinare un approccio chitarristico melodico al jangle pop. E ci riusciva benissimo. E questo grazie al talento smisurato di Johnny Marr. Mentre sul palco Morrissey si esibiva facendo strage di cuori e dando alla band di Manchester una identità tra le più originali del panorama dell’epoca (il loro stile verrà copiato e darà vita a numerosi gruppi fondamentali della scena musicale inglese degli anni Novanta, dagli Oasis, ai Blur fino ai Radiohead), Johnny Marr creava un genere musicale adattando i testi di Morrissey verso oscuri scenari musicali perfetti per i temi trattati quali alienazione, romanticismo, politica e critica sociale.

Johnny Marr è stato il principale architetto del suono unico e rivoluzionario degli Smiths, contribuendo in modo decisivo al successo della band. Il suo talento come chitarrista, compositore e arrangiatore ha definito uno stile e ha portato una intera generazione fuori dalle tendenze musicali inglesi troppo legate al ricordo dei Beatles, degli Who e alla tradizione degli anni Sessanta.

Marr si è distaccato non solo dalla tradizione inglese ma anche dal suono predominante degli anni Ottanta, dominato da assoli di chitarra elettrica e dall'uso eccessivo di effetti. Il suo stile era pulito e stratificato. Il suo approccio si ispirava a chitarristi come Keith Richards e James Honeyman-Scott, per combinare melodie intricate con l’utilizzo creativo del fingerpicking. Marr aveva un'abilità innata nel creare arrangiamenti complessi e melodie irresistibili. Le sue canzoni non seguivano la tipica struttura rock, ma presentavano variazioni armoniche che facevano sembrare ogni brano diverso dall’altro. Questo è stato possibile nel momento in cui la decisione di sfidare i metodi di produzione tradizionali è diventata definitiva. Da quel momento la band si è garantita una identità riconoscibile e il successo è arrivato senza trovare ostacoli.

Nonostante il budget relativamente basso dei primi album degli Smiths, Maar ha utilizzato tecniche come la sovrapposizione di più tracce di chitarra per creare un suono pieno e ricco. Le sue idee hanno reso il sound del gruppo di Manchester potente e nuovo, lo stile si è sposato perfettamente con i testi provocanti e indefiniti di Morrissey. Note precise e pulite affiancate a poche parole con cui si puntava dritti al cuore dell’ascoltatore. Una ricetta che in seguito è diventata vincente anche per numerose altre brand d’oltremanica.

Quando i Nirvana emersero sulla scena musicale, specialmente dopo l'uscita del loro secondo album Nevermind, nel 1991, si scatenò un vero e proprio pandemonio culturale e musicale. La band di Kurt Cobain, Krist Novoselic e Dave Grohl divenne rapidamente il simbolo di una nuova era musicale e generazionale. In molti lo chiamarono Grunge, ma gli stessi protagonisti non furono da subito d’accordo con questa definizione. Storcevano il naso, facevano commenti caustici. Il singolo Smells Like Teen Spirit fu il confine segnato. Si chiudeva un’epoca e se ne apriva una totalmente nuova.

L’attenzione ricadde su Kurt Cobain, sulle sue vicende legate ai suoi problemi fisici, storie sentimentali turbolente e problemi di droga e depressione. Il suo talento era incontestabile, l’attrazione degli appassionati di musica rock fu immediata. Eppure, lo abbiamo capito dopo, il successo dei Nirvana era legato alla presenza di una quantità spropositata di talento all’interno della band. E molto di questo talento era legato alla figura del batterista Dave Grohl, fondatore in seguito dei Foo Fighters, cantante affermato e personaggio pubblico di spicco degli anni Duemila.

Dave Grohl come batterista è noto per il suo stile estremamente energico e potente, che ha dato ai Nirvana un suono robusto e aggressivo. Quando si unì alla band nel 1990, il suo drumming divenne un elemento distintivo, in grado di creare una dinamica perfetta tra le chitarre distorte di Cobain e le linee di basso pulsanti di Krist Novoselic. Il suo stile aggressivo, con colpi di rullante e tom particolarmente forti, contribuì a rendere il suo della band inconfondibile. Nevermind deve molto al lavoro di Grohl. Le sue parti di batteria, insieme alla produzione di Butch Vig, hanno contribuito a rendere il sound della band più accessibile, pur mantenendo l'attitudine punk e la furia grunge.

Le linee di batteria precise e martellanti non solo hanno fatto da base, ma hanno anche aggiunto una dimensione di intensità che ha catturato l'attenzione del pubblico e delle radio. Anche se Cobain era il principale autore delle canzoni, Grohl non si limitava solo a suonare la batteria. Portava idee musicali e contribuiva ad arricchire la struttura di alcuni brani. La sua capacità compositiva si è affermata in seguito definitivamente con brani come Everlong, My heroes, Learn to fly. Dave Grohl è sempre stato un batterista versatile, capace di adattarsi all’improvvisazione e all’evoluzione delle canzoni dal vivo. Durante i concerti dei Nirvana, spesso variava le sue performance, dando ulteriore vita e spontaneità alle esibizioni della band. Questo approccio ha reso ogni performance unica, contribuendo all'aura esplosiva che circondava i Nirvana dal vivo.

La storia del rock è ricca di esempi simili. La qualità degli artisti e la quantità di personalità geniali che hanno operato dietro le quinte dei più grandi gruppi musicali della storia porta a pensare che il successo di determinati percorsi sia proprio legata a chi ha agito nell’ombra. Chi ha lavorato in silenzio, lasciando che copertine e applausi finissero a chi si esibiva come frontman.

John Paul Jones, bassista e tastierista dei Led Zeppelin, è spesso sottovalutato rispetto a figure più visibili come Jimmy Page e Robert Plant, ma il suo contributo è stato essenziale per la costruzione del sound della band. Jones non solo suonava il basso, ma era un maestro degli arrangiamenti e portava la sua esperienza musicale nella creazione di brani iconici come Stairway to Heaven. La sua abilità con strumenti diversi e il suo orecchio per gli arrangiamenti orchestrali hanno aggiunto una profondità unica alla musica dei Led Zeppelin.

Anche se i Beatles sono principalmente associati a John Lennon e Paul McCartney, il ruolo di Ringo Starr come batterista ha avuto un impatto significativo sul loro sound. Ringo era un batterista tecnicamente virtuoso, anche se non dava nell’occhio. Il suo stile semplice, preciso e innovativo ha contribuito a definire molte delle canzoni dei Beatles. Il suo contributo è stato essenziale nel creare groove memorabili e nell’aggiungere un’energia unica, specialmente in brani come Come Together.

Flea, il bassista dei Red Hot Chili Peppers, è stato un componente fondamentale nella creazione del suono funk-rock della band. Con il suo stile di basso aggressivo e funky, ha dato ai Red Hot Chili Peppers una base ritmica unica, che li ha distinti dalla maggior parte delle band rock dell'epoca. Brani come Give It Away e Around the World sono esempi del ruolo centrale che il suo basso ha avuto nella definizione dell'identità musicale della band. Eppure la storia di questo gruppo è sempre stata incentrata sulle evoluzioni nel palco e i problemi di dipendenza del frontman Anthony Kiedis. Ma anche sulla volubilità del fantastico chitarrista John Frusciante, con le sue uscite dal gruppo e i suoi ritorni perentori che hanno sempre riacceso il fuoco nei fan della band statunitense.

Charlie Watts, batterista dei Rolling Stones, era il cuore pulsante della band. Anche se la maggior parte dell'attenzione era spesso rivolta a Mick Jagger e Keith Richards. Watts manteneva una solidità ritmica impeccabile che ha permesso ai Rolling Stones di esplorare diversi generi, dal rock al blues, al country. La sua eleganza e il suo stile sobrio alla batteria erano il perfetto complemento all'energia grezza di Jagger e Richards. L’obiettivo iniziale del gruppo britannico è sempre stato quello di esplorare le radici del blues e del jazz anche quando si sono accorti si essere rimasti impantanati nella palude dorata del rock. Questo percorso è rimasto comunque fedele a se stesso proprio grazie a Charlie Watts la cui scomparsa è stata per il gruppo una perdita irrecuperabile.

Nick Mason, batterista dei Pink Floyd, è stato un elemento chiave nella costruzione delle complesse strutture ritmiche della band. Anche se Roger Waters e David Gilmour sono spesso considerati le menti creative del gruppo, Mason ha contribuito enormemente a costruire l'atmosfera e il sound sperimentale di album come The Dark Side of the Moon e Wish You Were Here. Il suo drumming ipnotico e rilassato ha aggiunto profondità e texture ai capolavori psichedelici della band.

Larry Mullen Jr., batterista degli U2, e Adam Clayton, bassista, sono state due figure chiave nella creazione del sound distintivo della band irlandese. Mullen è noto per il suo stile di batteria semplice ma potente, che ha permesso agli U2 di sviluppare un sound epico e atmosferico. Brani come Sunday Bloody Sunday sono esempi della sua capacità di usare il ritmo per amplificare la carica emotiva e politica delle canzoni. Clayton ha dato un contributo fondamentale con le sue linee di basso in brani come With or Without You creando strutture solide che hanno permesso alla chitarra eterea di The Edge e alla voce di Bono di brillare. Pur mantenendo un ruolo più discreto rispetto agli altri due compagni della band, il loro lavoro dietro le quinte ha avuto un impatto profondo sul successo degli U2.

Questi musicisti, da Ray Manzarek a Dave Grohl, da Johnny Marr a Flea e a tutti gli altri esempi citati, sono stati fondamentali per il successo delle rispettive band. Anche se sono finiti meno frequentemente sotto i riflettori, se non conosciamo le loro biografie, se li abbiamo amati poco o niente in confronto ai protagonisti principali, il loro contributo alla storia della musica non ha prezzo e l’apporto che hanno dato alla nascita dei brani che abbiamo amato di più è stato sempre decisivo. Per questo dobbiamo ricordarli, dobbiamo prestare attenzione al loro lavoro quando ci capita di rivedere un concerto o ascoltare un brano che ci riscalda il cuore.

Stare dietro le quinte certe volte è più facile, altre è scomodo e faticoso. Ma quando si è veri artisti, che i riflettori siano accesi o spenti, è il talento che conta, quello che continua a lavorare e a produrre. Anche lontano dalle attenzioni del grande pubblico. E quando lo spettacolo comincia, è il loro operato che alla fine fa sì che le cose vadano per il verso giusto. E che le canzoni diventino per sempre opere d’arte a cui non si può rinunciare. Anche su questo si basa la storia del rock. Anche su questo continua a basarsi oggi che molte figure sono scomparse o sono state dimenticate. Il loro lavoro è la fonte della nostra felicità.