Cento anni fa moriva Ferruccio Busoni, compositore, pianista, critico, innovatore totale della musica del Novecento. Creatore di una nuova estetica e anticipatore della musica elettronica con la sua straordinaria intuizione dei microtoni.

Busoni nasce nel 1866 in una famiglia in cui la musica era pane quotidiano in quel di Empoli, la madre pianista triestina di origine tedesca e il padre clarinettista. Il piccolo Dante Michelangelo Benvenuto Ferruccio, che si farà chiamare sempre con l’ultimo nome, inizia lo studio del pianoforte in tenera età. Cresce a Trieste, città di confine in cui la cultura di matrice austro-ungarica si respira forte. A sette anni si esibisce per la prima volta al pianoforte e a 12 anni scrive già il suo primo concerto per pianoforte e archi.

Un talento precoce per una mente che spazia dal pianismo tradizionale all’insegnamento con la cattedra di storia della musica a Berlino, a lui succederà Arnold Schönberg. Ma soprattutto un visionario che riflette prima di tutti sul concetto di musica sperimentale. La ricerca di Busoni è innanzitutto filosofica e riguarda la ricerca febbrile del suono astratto e perfetto.

La formazione del giovane Busoni si compie nel mondo tedesco a cui, forse, sente di appartenere per vocazione. Studia composizione a Graz, a Lipsia e ad Helsinki dove insegna anche al compositore finlandese Jean Sibelius. Dal 1894 si stabilisce a Berlino sebbene continui anche a insegnare in Italia al Conservatorio di Bologna. Tuttavia, ormai abituato al clima culturale germanico, si trasferì prima a Zurigo e poi rientrò a Berlino dove visse fino alla sua morte avvenuta nel 1924.

Ferruccio Busoni fu l’ispiratore di moltissimi musicisti che costituirono uno spartiacque tra la musica tonale e la musica dodecafonica. Si è citato per l’appunto Schönberg che assunse la cattedra di Busoni a Berlino dopo la morte del maestro. Il lavoro di Busoni che fu anche un eccellente pianista dalle doti virtuosistiche, è soprattutto di anticipazione di ciò che, nei decenni a venire, divenne la musica elettronica, priva di quei codici di notazione che attengono al mondo del sistema temperato in uso per tutto l’Ottocento e gran parte del Novecento.

Ma cosa immaginò Busoni? La tastiera del pianoforte si basa sulla scala musicale diatonica che si compone di toni (intervalli tra una nota e l’altra) e semitoni (la metà di quella distanza), e nella scala temperata si hanno appunto giusto 5 toni e due semitoni. Ebbene, Busoni teorizzò, in realtà senza poterne sperimentare la sonorità, i terzi di tono, i cosiddetti microfoni, minimi tonali che solo i sintetizzatori o la computer music potrà far suonare come musica a tutti gli effetti.

Questo teorema visionario e assolutamente unico nella storia della musica, Ferruccio Busoni lo argomenta come abbozzo già in un saggio sull’estetica musicale del 1909, una sorta di nuova estetica in cui il suono astratto può diventare il suono perfetto. Due anni prima di morire Busoni affida alle pagine di un libro Lo sguardo lieto i suoi pensieri e le sue straordinarie teorie. Anche nel carteggio con il pittore Umberto Boccioni, che divenne suo intimo amico e lo ritrasse in una celebre opera, il maestro condividerà alcune sue intuizioni destinate a rivelarsi e trovare forma concreta nei decenni successivi.

Ferruccio Busoni non avrà successori veri e propri, sebbene avesse avuto molti allievi. Ad alcuni di loro, che reputava più meritevoli e “sensibili” nell’interpretazione, donò autentiche perle di saggezza espressiva pianistica. Sebbene geloso della sua conoscenza, non rivelerà mai completamente i suoi segreti virtuosistici, lasciando che gli allievi vi arrivassero per vie assolutamente autonome. Anche questo era parte della didattica “busoniana” che prediligeva l’interpretazione alla tecnica pura. Lo si può ascoltare e leggere nelle trascrizioni per pianoforte che il compositore fece di molti brani orchestrali: da Bach a Wagner.

Il celebre compositore è seppellito in Germania e riposa nel cimitero di Fridenau a Berlino. A lui è stato intitolato un prestigioso concorso pianistico internazionale che si svolge a Bolzano per il quale il primo premio non viene assegnato come tributo al grande Maestro. Tra i vincitori figurano anche Martha Argerich e Roberto Cappello. Chissà cosa avrebbe detto il maestro dell’era digitale, di internet e delle piattaforme di streaming musicale. Forse, in qualche modo, le aveva già pensate.