Eleonora Duse. Se a un attore in tournée spetta il primo camerino del Teatro della Pergola, quello della Divina, ancora oggi si sente onorato. “La più grande attrice del mondo” secondo il critico austriaco suo contemporaneo Hermann Bahr.
Annotò Guido Noccioli, collega della superstar internazionale: “Firenze, 4 dicembre 1906. Giornata terribile. La prova della nuova scena per il Rosmersholm, il dramma di Ibsen. La signora adora questo lavoro. La scena nuova di cui parlo è ideata da un giovane pittore inglese: Gordon Craig. È una scena strana tutta verde e illuminata da 10 riflettori. I mobili sono verdi, di tela uguale la scena: in fondo una gran porta a vetri dà su un paesaggio che ricorda stranamente quello dell'Isola dei Morti. L'altra porta grande è coperta da un velo bleu. Altri veli sono ai fianchi. Un sogno! Piacerà al pubblico? La signora è entusiasta”.
Eleonora Duse, l’italiana. L’inglese Gordon Craig, convinto, quando non usava nemmeno sognarlo, che fosse il regista il vero protagonista di uno spettacolo, nel 1907 si trasferì a Firenze, dove nel 1913 fondò la Scuola di Arte del Teatro nell’Arena Goldoni. E Jacques Copeau, il francese. Interprete, regista, drammaturgo e critico fu fra i fondatori del Théâtre du Vieux-Colombier di Parigi e nel settembre del 1915 incontrò Craig a Firenze, entrambi erano alla ricerca di rinnovamento. Circa un secolo fa. Se a volte Firenze rimane intrappolata nelle fronde della Primavera del Botticelli perché il passato ineguagliabile dispone al godimento senza novità, succede, altre volte, che la città organizzi microscopici rinascimenti. Nei luoghi della Duse, di Gordon Craig e di Copeau, la Fondazione Teatro della Toscana, diretta da Marco Giorgetti, e il Théâtre de la Ville di Parigi, animato dal regista Emmanuel Demarcy-Mota, hanno creato il progetto L’attrice e l’attore europei, con “l’impegno di formare una figura di interprete capace di superare tanto i confini nazionali quanto le barriere linguistiche. Un attore aumentato, un attore engagé, che impegni e si impegni, in campo artistico, sociale, anche su questioni sanitarie e scientifiche; un attore in grado di far parte di troupe di nazionalità diverse”.
L’alleanza dei sipari franco-fiorentini risale alla lettura a Firenze della Carta europea 18-XXI nell’ottobre 2019, con i suoi valori: giovani, Europa, salute, ambiente, educazione, formazione. Poi l’immaginare le monde d'après, il mondo all’indomani della famigerata pandemia. “Seguendo questo pensiero - spiegano le due istituzioni - sono stati attivati diversi progetti, come le Consultazioni poetiche, che tante persone hanno tenuto vicine al teatro durante e dopo quell’evento epocale. Man mano, si è fatta strada la certezza che le monde d'après per esistere realmente avrebbe dovuto essere caratterizzato dagli stessi valori della Carta europea 18-XXI, che una nuova idea di una Europa della Cultura sarebbe stata centrale; che congiungere il teatro ad altre discipline, come la scienza e la medicina, sarebbe stato fondamentale per iniziare il cammino verso una dimensione futura”.
Primo esito sperimentale del progetto L’attrice e l’attore europei è stato l’inserimento nel cast di Ionesco Suite, spettacolo identitario del Théatre de la Ville di Parigi, di attrici e attori del Teatro della Toscana scelti tra i diplomati della Scuola Costa e di Oltrarno, uno per replica, al termine di due momenti di lavoro realizzati a Firenze da attrici e attori del Théâtre de la Ville di Parigi, Gérard Mallet, Stephane Krähenbühl, Jauris Casanova, con Julie Peigné, Emmanuel Demarcy-Mota, e con prove finali a Parigi. “Altro momento cruciale il coinvolgimento dell’Académie Santé-Culture, piattaforma di scambio tra cultura e medicina che mira ad approfondire non solo i punti di contatto tra salute ed espressione artistica, ma anche il comportamento umano e il ruolo del cervello nella gestione delle emozioni e della motricità, anche in rapporto a pazienti nei quali questo controllo è compromesso, come i malati di Parkinson; e parallelamente in grandi personaggi del teatro, come Amleto. Questo processo si è spinto fino a creare una versione ‘aumentata’ di Ionesco Suite nella quale, affiancando le attrici e gli attori, studenti di medicina del gruppo ospedaliero de la Pitié Salpêtrière intervengono nel testo e illustrano al pubblico i comportamenti patologici dei personaggi della pièce. Un altro tassello che sottolinea l’impegno del Teatro della Toscana in questo delicato e fondamentale campo che quest’anno ha già portato le Consultazioni poetiche a Montedomini, tra le più antiche case di riposo europee, e attende di farle entrare negli ospedali della regione”.
Hanno partecipato alle iniziative fiorentine Marie France, figlia di Ionesco, e Fernando Arrabal, ultimo esponente delle grandi avanguardie storiche del Novecento. Demarcy-Mota e la sua compagnia hanno presentato a Firenze anche il loro Luigi Pirandello con Six Personnages en quête d’auteur. Subito dopo, lo sguardo dei due teatri franco-fiorentini si è posato a sud. “In tempo di guerre vicine a noi e di estremismi, che ci ricordano come la pace in Europa sia una fragile eredità – afferma Emmanuel Demarcy-Mota– è fondamentale dare con tutte le forze dell’arte un nuovo slancio all’idea europea. La ricerca di una relazione forte e nuova con l’Africa rappresenta una parte importante di questo slancio”.
Negli spazi dell’Ex Cinema Goldoni, dove Gordon Craig e Coupeau si videro nel 1915, si è appena svolta la giornata di incontri e presentazione di iniziative artistiche Théâtres d’Europe et d’Afrique: pour une nouvelle approche de la transmission artistique et de la coopération culturelle “che ha inteso rintracciare nuovi sentieri affinché artisti europei e africani possano camminare fianco a fianco nel cuore delle problematiche del XXI secolo e creare nuove forme di collaborazione, solidarietà e condivisione tra le arti, le scienze, la salute, l'ambiente e l'educazione”. E, con diciotto artisti italiani, francesi e camerunensi che recitavano in otto lingue - italiano, francese, portoghese, spagnolo, inglese, yiddish, bafia e fulfulde (due idiomi del Camerun) - è andata in scena l’azione poetica e musicale Tenir Paroles. Le parole dall’Ottocento della poesia L’Étranger di Baudelaire:
Dimmi, chi ami di più, tu, uomo enigmatico? Tuo padre, tua madre, tua sorella oppure tuo fratello?
Non ho padre, né madre, né sorella o fratello
La tua patria?
Ignoro sotto quale latitudine essa sia situata
Eh! Che ami tu dunque, straordinario straniero?
Amo le nuvole… le nuvole che passano… laggiù… laggiù… le nuvole meravigliose!
Le parole dal Novecento della poesia Suis ta destinée di Fernando Pessoa:
Segui il tuo destino,
annaffia le tue piante,
ama le tue rose.
Il resto è l’ombra di alberi estranei.
Le parole recenti di Edouard Glissant e Patrick Chamoiseau da Quand les murs tombent (2017):
La tentazione del muro non è nuova. Ogni volta che una cultura o una civiltà non è riuscita a pensare l’altro, a pensarsi con l’altro, a pensare l’altro in sé, queste rigide difese di ferro, di filo spinato, di reti elettrificate o di ideologie chiuse si sono innalzate, sono crollate e ora ritornano con nuovi stridori.
E tante altre parole, anche di canzoni, Todo cambia di Mercedes Sosa, per citarne una famosissima: “Tutto cambia, ma non cambia il mio amore per quanto lontano mi trovi né il ricordo né il dolore della mia terra e della mia gente”. Todo cambia, e così cambia il teatro che, però, non smette di essere indispensabile.
Quando nell’autunno del 2019, il Théatre de la Ville di Parigi, agli albori della collaborazione con il Teatro della Toscana, si presentò alla Pergola, in esclusiva italiana, con Mary said what she said di Robert Wilson, il pubblico di tutta Italia si fiondò a vedere Isabelle Huppert nel ruolo di Maria Stuarda. La Huppert, oltre ad ammaliarlo in scena, con l’arte che il mondo le riconosce, non mancò di alimentare la propria leggenda. Sembrava apparire e scomparire negli angoli della Pergola, mentre, seduta arretrata in un palco, assisteva al concerto delle sue amiche pianiste Katia e Marielle Labèque che, in quei giorni, inauguravano la stagione degli Amici della Musica di Firenze insieme con Maria Cassi. Si disse che la diva avesse assoldato una controfigura affinché gli ammiratori la lasciassero in santa pace. Isabelle Huppert nel suo camerino, pronta a essere Maria Stuarda: “Sono condannata a sapere chi sono e cosa sono ogni momento”. Il camerino era quello della Duse, ovviamente.