Picasso uomo egocentrico, tortuoso, aspro, persino crudele, ha avuto una incredibile vitalità fino a 91 anni: negli ultimi anni il suo carattere era andato progressivamente peggiorando e lui si era chiuso sempre di più in se stesso. La sua sete di conoscenza l'ha portato a sperimentare ogni tecnica e ogni materiale reperibile. Per lui non valevano le regole e le convenzioni e ad un certo punto gli venne meno anche la pietà, anche se, nelle prime opere, rivela un animo sensibile e attento agli umili.
Di tutto era appassionato, in primis opere d'arte che collezionò tutta la vita, al punto che acquistava nuove dimore, le riempiva di opere e di quadri e, quando lo spazio disponibile si esauriva, ne acquistava una nuova. Ma si entusiasmava anche di cinema, di fotografia, di poesia, di filosofia, ma soprattutto di donne e in primo luogo di pittura e d'arte, dal momento che ha prodotto 13.000 opere, di cui 3500 dipinti. Ne dipingeva in genere tre al giorno, infaticabile.
Le donne sono stato il pretesto, il collante e l'ispirazione della sua creatività: se si considerano le opere d'arte in progressione, vi si può leggere la sua ricca vita amorosa. Di una donna voleva tutto, oltre che il corpo, l'anima: le dipingeva teneramente, in modo rabbioso, eroticamente, secondo i sentimenti che gli ispiravano al momento. Infatti il suo rapporto con loro era ambivalente fino al sadismo: le amava, le vezzeggiava, le esaltava, ne faceva delle dee, ma quando perdeva interesse per una nuova conquista, le massacrava psicologicamente, fino ad annientarle, arrivava persino a picchiarle, se erano troppo insistenti.
Le rendeva schiave, senza di lui non sapevano più vivere: a tal punto che alcune si tolsero la vita dopo averlo perso, o si ridussero pazze. Dora Maar ebbe a dichiarare “Picasso era uno strumento di morte, una malattia, il mio padrone!”. Tradiva continuamente, ma era al contempo gelosissimo, al punto di rinchiudere in casa l'amata del momento.
La madre di Picasso, quando conobbe Olga Kokhlova, la ballerina che lui voleva sposare, le disse: “Oh, mia povera piccola, non sai a cosa vai incontro, nessuna donna potrà essere felice con mio figlio, perchè è già sposato con la pittura”. Pablo sposò Olga e quando lei fuggì con il figlio Paul perchè non sopportava più i tradimenti continui, non le concesse mai il divorzio per non dividere le sue sostanze, che nel frattempo s'erano moltiplicate, man mano che le opere prendevano valore e la sua fama aumentava.
Alla fanciulla ventiduenne che lo amò quando lui aveva tre volte i suoi anni, disse: ”Per me tu conti come la polvere!”. Era Francoise Gilot, l'unica che lo abbandonò portandogli via i figli, proprio quando lui sembrava aver preso gusto a crescerli. Su di Picasso è stato detto di tutto, le sue opere sono state analizzate in tutti i particolari, la sua vita scandagliata fino all'ultima indiscrezione e in aggiunta alcune sue donne hanno pubblicato memorie per raccontarne i particolari più intimi.
Hanno parlato tanto di lui perchè era un genio multiforme e un personaggio carismatico. Instancabile nel produrre opere d'arte, nel trovare nuovi amori e nuove relazioni, bulimico anche con le correnti artistiche: le ha visitate ed espresse tutte, inventandone di nuove, portando l'arte verso sviluppi impensabili prima di lui. Il più grande artista del 900: ha ricevuto premi all'infinito, è stato esposto in ogni parte del mondo, ha lasciato dimore e castelli, un patrimonio ineguagliabile, le sue opere continuano ad apprezzarsi alle aste, le mostre dedicate a lui fanno accorrere migliaia di persone, la sua opera “Guernica”, pur essendo vetusta di quasi un secolo è attualissima! E' l'icona della pace contro la guerra. Come lo è la sua colomba, disegnata con pochi efficacissimi segni.
Ma chi era veramente Picasso? Lui si è descritto in molte memorie, molti hanno scritto di lui di prima mano testimoniando ciò che vedevano e conoscevano di lui: ma quando si osservano le opere pare sempre di non conoscerlo perchè lui è tutta una contraddizione. Era poco avvenente, aveva un carattere difficile e ringhioso, era infedele seriale, avaro al punto di sostituire il pagamento in denaro con un disegno buttato lì su di un foglio qualsiasi, piuttosto che sborsarlo. Tuttavia le donne lo amavano, lasciando questa vita incapaci di starne lontane.
Eppure c'è stato un momento in cui è stato attento e tenero verso la sensibilità altrui, alle difficoltà, alle sofferenze. Cosa ha fatto di lui l'uomo incapace di provare empatia? L'uomo che dipingeva atti d'amore simili allo sbranarsi delle belve, che deformava le donne che lo amavano nel ritrarle, che trovava godimento nel vederle soffrire, provocava le liti tra di loro mantenendo apertamente relazioni in contemporanea, che obbligava a convivere donne che si odiavano, che invece di apprezzare il dono di un figlio, non considerava più donna quella che aveva partorito.
Se riguardiamo la sua vita ricordiamo che Pablo Picasso è nato a Malaga nel 1881 e morto a Mougins (Francia) nel 1973: che è stato un pittore, scultore e litografo spagnolo di fama mondiale, considerato uno dei maestri della pittura del 900. Il bisnonno materno era originario della Liguria, quindi c'è anche un po' di italiano nei suoi geni.
Il padre dell'artista era un pittore naturalista, professore di disegno alla scuola di Belle Arti. Pablo sin da bambino dimostrò passione e per il disegno e il fatto che il padre fosse professore di Belle Arti ebbe un influsso decisivo sulla sua formazione culturale e tecnica. Si racconta che il padre gli cedette i suoi colori e la sua tavolozza ritenendolo superiore a lui. Infatti molto presto aveva raggiunto una perfezione tale che realizzò la sua prima esposizione all'età di quattordici anni a La Coruna, dove viveva.
Si trasferì quindi a Barcellona, ma nel 1900 si recò a Parigi, allora capitale dell'Arte, dove frequentò i più famosi artisti del tempo come Breton, Apollinaire e Gertrude Stein. Viveva tra Monmartre e Montparnasse e i primi tempi ebbe a soffrire di povertà. Durante la seconda guerra mondiale rimase a Parigi occupata dai tedeschi che disapprovavano la sua pittura, per cui non poteva esporre le sue opere, ma ebbe cura di nasconderle nel caveau di una banca per preservarle dalla furia nazista.
Picasso si è sposato due volte ed ha avuto quattro figli da tre donne diverse. Si conoscono numerose altre relazioni. Durante la guerra civile spagnola rimase neutrale, come durante la prima e seconda guerra mondiale, ma attraverso la sua arte espresse condanna e rabbia contro il franchismo e contro le guerre dipingendo “Guernica”, proprio a testimonianza del suo orrore nei confronti delle guerre e delle tragedie che portano con sé. Dopo la seconda guerra mondiale si iscrisse al partito comunista francese, mentre fino ad allora si era definito anarchico.
Il suo lavoro di artista è suddiviso in periodi. Le sue opere prima del 1900 sono per lo più tradizionali. Dal 1900 inizia il “Periodo Blu” in cui realizza lavori caratterizzati da questo colore e dal turchese, ravvivati da pochi altri colori. E' una pittura quasi monocromatica, giocata sui colori freddi, dove i soggetti appartengono alla categoria degli emarginati che rappresenta sospesi in un'atmosfera malinconica. Tra le opere si ricorda “Donna con lo scialletto blu”, “Celestina”, “La stiratrice”.
Nel 1905 subentra il periodo “Rosa”, caratterizzato da uno stile più allegro, ravvivato dai colori rosa e arancione, mentre spesso tra le figure dipinge Arlecchini: tuttavia la malinconia è sempre presente. Dipinge spesso anche il mondo del circo, i saltimbanchi, gli acrobati. Tra le opere si ricordano “Famiglia di acrobati”, “Donna col ventaglio”, “Due fratelli”. Dal 1907 subentra il periodo cosidetto “Africano” in cui risulta evidente l'influenza dell'arte africana. L'opera più notevole di questo periodo è “Les Demoiselles d' Avignon”.
Il periodo del cubismo analitico inizia nel 1910: il paesaggio occupa un ruolo limitato nelle sue opere. Egli lavora spesso con Braque in numerose nature morte rappresentando oggetti che si frammentano in una miriade di immagini che si sovrappongono. E' l'adozione di una molteplicità di punti di vista per raggiungere una visione totale e per creare oggetti estetici estremamente strutturati. Vengono favorite la monocromia e lo studio della luce.
Dopo il cubismo analitico passa al periodo del cubismo sintetico, questa sintesi inizia con l'introduzione progressiva di lettere stampate, di listelli di legno e di altri oggetti, attraverso collage e papiers collés, che si presentano come autentici brani di realtà integrati al quadro. Nel periodo successivo alla prima guerra mondiale Picasso produsse lavori di stile neoclassico. Questo “Ritorno all'Ordine” lo troviamo nelle opere di numerosi artisti di quel tempo come Derain, De Chirico, Severini, nel Neoggetivismo, in Germania e nei Valori Plastici nel Novecento in Italia. I dipinti e i lavori di Picasso di questo periodo richiamano volontariamente le opere dei Grandi Maestri del Rinascimento Italiano.
Negli anni cinquanta il suo stile cambia nuovamente: l'artista si dedica alla reinterpretazione dell'arte dei Maestri producendo una serie di lavori ispirati al dipinto di Velazquez “Las Meninas”, a Goya, a Poussin, a Manet, a Courbet e a Delacroix. Nel 1973 Picasso muore, per un attacco di cuore, all'età di 91 anni a Mougins, in Provenza, dove risiedeva. Al momento della sua morte molti dei suoi dipinti erano di sua proprietà ed inoltre possedeva una considerevole collezione di opere di artisti suoi contemporanei con cui scambiò opere.
Non avendo lasciato un testamento le tasse di successione dei suoi figli vennero pagate allo stato francese attingendo alle sue opere e alla sua collezione. Questi lavori andarono a formare il nucleo dell'immensa collezione del Museo Picasso di Parigi. Nel 2003 i discendenti di Picasso inaugurarono un museo dedicato alle sue opere nella sua città natale Malaga in Spagna. A Barcellona si trova un museo dedicato a lui con molti dei suoi primi lavori, opere conservate dalla famiglia che rappresentano per lo più corride e il mondo dei toreri.
Guernica è il più noto dipinto di Pablo Picasso, considerato il suo capolavoro. Picasso dipinse questo quadro di grandi dimensioni (cm. 349 x 776) per l'Esposizione Universale di Parigi del 1937, su incarico del governo repubblicano spagnolo, per decorare il padiglione che rappresentava la Spagna all'esposizione parigina.
La tela venne dipinta in sole cinque settimane nell'atelier parigino di Picasso il quale era stato profondamente colpito, come tutti, dal bombardamento avvenuto pochi giorni prima nella cittadina basca di Guernica ad opera dell'aviazione tedesca della legione Condor di Goring. La Germania nazista era alleata col dittatore spagnolo Francisco Franco: Guernica fu rasa al suolo e 1500 civili innocenti perirono. Il governo repubblicano spagnolo reagì appellandosi all'Europa per denunciare l'attacco e commissionò l'opera a Picasso come testimonianza di tanto dolore.
Perciò Guernica diventò subito simbolo di denuncia contro la barbarie di tutte le guerre ed è stato il più celebre manifesto politico del Novecento. Nell'opera non ci sono elementi che richiamino i fatti di Guernica e niente ci indica che vi sia stato un bombardamento, fatta eccezione per il palazzo in fiamme a destra. Il tema che rappresenta è piuttosto una protesta contro la violenza, la distruzione e le guerre in generale.
Picasso stesso spiegò quello che aveva voluto raffigurare: il toro rappresenta la brutalità, il cavallo il popolo, la lampadina la Verità che fa luce sul luogo dell'orrore e smaschera la menzogna del regime fascista. Gli altri elementi rappresentati sono a sinistra una colomba, che è un chiaro richiamo alla pace, il cavallo agonizzante simboleggia il popolo spagnolo degenerato. A sinistra c'è poi una madre che grida al cielo disperata, con in grembo il figlio ormai morto. A questa figura fa da contraltare l'altra figura femminile a destra che alza disperata le braccia al cielo. In basso nel dipinto c'è un cadavere che ha nella mano destra una spada spezzata, da cui sorge un pallido fiore, a dare speranza per un futuro migliore.
Il posto centrale del dipinto è rappresentato dal cavallo che ha l'aspetto allucinato di un animale impazzito, nella bocca ha una sagoma che ricorda una bomba: è lui la figura che simboleggia la violenza della furia omicida. Sopra di lui è posto un lampadario con una lampadina a filamento. E' un elemento di contrasto che rende più drammatica la presenza del cavallo imbizzarrito. Il lampadario è unito a un lume sostenuto dalla mano di un uomo a memoria della barbarie che implica la guerra. Al cavallo si contrappone un toro sulla sinistra: è il simbolo della Spagna offesa, e ci ricorda le corride.
Il dipinto è quasi monocromo poiché vengono utilizzati toni grigi, neri e bianchi aumentandone la drammaticità e l'assenza di vita. Le figure del dipinto raccontano la tragedia di quanto è avvenuto: hanno tratti deformati per accentuare la brutalità dell'evento, caratteristiche dell'arte del grande artista. Dopo l'esposizione del 1937, quando il governo repubblicano era ormai caduto, Picasso non permise che il suo dipinto più famoso venisse esposto in Spagna, dichiarando che solo alla morte di Francisco Franco avrebbe potuto tornare. Il MOMA di New York lo ospitò per molti anni, dopo aver viaggiato in tutto il mondo, anche in Italia, come icona contro le guerre e solo nel 1981 tornò in patria: ora si trova al Museo della Regina Sofia di Madrid.
Le sue opere sono tante, e tra di loro molti capolavori, ma io continuo a chiedermi chi era veramente Picasso... allora passo ad intervistarlo, come mi sarebbe tanto piaciuto fare e fingendo di fargli delle domande, lascio rispondere lui con le parole che ci ha lasciato:
Pablo, cos'è per te l'arte?
La cosa che più mi sorprende è che tanta gente abbia la pretesa di capire l'arte. Mi chiedo: ha senso voler capire il canto degli uccelli? Ha senso voler penetrare il mistero della notte, dei fiori, delle cose belle che ci circondano e che amiamo? Eppure quando viene il momento dell'arte, la gente chiede di capire, perchè? Io credo che l'unica cosa che la gente deve capire è che l'artista crea perchè deve creare, non merita di ricevere più attenzione di tutti gli altri elementi che compongono l'universo e che, come l'opera d'arte, ci danno gioia, consolazione, emozione, paura. Io non chiedo a chi guarda le mie opere che una cosa: provare un'emozione vicina a quella che mi ha spinto a creare quell'opera.
Dove attingi l'ispirazione per creare le tue opere?
Ogni quadro mi arriva da lontane e segrete radici e non posso pretendere che chi poi lo osserva ritrovi le vie tortuose di quel lungo viaggio che, del resto, è oscuro anche a me. Ma posso chiedergli di rivivere i miei sogni e le mie emozioni emerse da spazi misteriosi e giunte ad assumere forma nel quadro sulla misura di ogni uomo del nostro tempo.
Se io stesso non sono in grado di capire tutti i significati delle mie opere, come può, chi li guarda gridare il suo diritto a svelare ciò che io stesso solo confusamente intuisco? E' il momento finale che è chiaro, e questo può essere letto. Ciò però non significa capire: capire vuol dire distendere sul piano bidimensionale della ragione tutto ciò che c'è ed è visibile e tutto ciò che non è visibile e anzi nascosto e affondato. Una simile operazione non ha senso di fronte all'opera d'arte che esiste come sintesi e non accetta, se autentica, di essere analizzata.
Cosa pensi dell'arte e di come viene interpretata dagli artisti?
Ad eccezione di pochi artisti che davvero hanno determinato e determinano delle rivoluzioni autentiche, la maggior parte dei giovani pittori d'oggi non sembra saper bene quale strada percorrere, verso quale meta muovere. E allora si rivolgono al passato, magari simulando un violento impegno critico e rifanno esperienze altrui, solo mascherate di novità. Questi artisti commettono il medesimo errore di chi, osservatore di quadri, vuole capire.
Essi, cioè, capiscono e capendo rinunciano alla loro libertà, buttano via la possibilità oggi aperta a tutti di intervenire con nuove azioni e nuove idee. Soltanto rinunciando a capite e affidandosi all'emergere violento o sereno delle voci che l'artista sa raccogliere in sé e fuori di sé. Rendendosene conto o no. Si può fare dell'arte, si può cioè aspirare a collocarsi come minuscolo frammento dell'universo.
A quale corrente o artista hai attinto?
Non voglio dire che in me non operi il passato. Dico, anzi, che è tutto il passato che opera in me. Ma opera come nel formarsi della notte e del giorno che sono sempre medesimi ma sempre rimangono misteriosi. L'errore è cercare di capire questo passato. In tal caso esso ci è restituito sterile e morto. Abbiamo oggi legioni di pittori che dipingono “nello stile di ...”.
Pochi che si presentano con la loro individualità, piccola o grande che sia. Ma non sono per questo pessimista. Come io non posso vivere senza l'arte ritengo che nessun uomo e nessuna epoca possano vivere senza l'arte. Quindi è stupido dire che “L'arte è morta”. Io amo l'arte come sola ragione della mia esistenza. Tutto ciò che ho fatto in comunione autentica con l'arte mi ha dato soddisfazione e gioia.
L'intervista è finita e debbo rilevare che presenta una freschezza tale che pare veramente realizzata oggi... L'amore con cui descrive il suo rapporto con l'arte mi fa pensare che in lui siano convissute molte personalità, tante quante la sua creatività fosse un grado di supportare. Le sue opere gli hanno regalato l'immortalità. Ma non penso sia stata il suo obiettivo perchè per lui questo amore purissimo era il fine ultimo, l'arte per l'arte, demone indiscusso della sua lunga vita, di cui noi gioiamo, ma che tanto ha rivoluzionato l'arte!!