Si parla di genio e sregolatezza quando si vagliano le vite degli artisti: quasi tutti presentano caratteristiche al di fuori della norma. La psicologia ne ha dato ampia spiegazione, con molti interessanti saggi. Andy Warhol non fa eccezione: chi più di lui è stato un personaggio fuori dalle regole? Ricercare il suo vissuto nelle numerose autobiografie e biografie è stata un’ interessante scoperta, che ha dato finalmente una risposta ai tanti perchè che continuavo a pormi su di lui, ma anche percepire la sua solitudine di essere famoso e privilegiato: pochi ottengono tanto dalla vita. Lui l’ha ottenuto. Ma a che prezzo?
Andy Warhol: un geniale complessato, vittima di bullismo nell’infanzia, si è sentito inferiore agli altri per le scarse possibilità economiche della famiglia emarginata, incerto nei confronti della sessualità, spesso malato, oppresso da problemi estetici causati da un’acne invincibile e dalla caduta della pelle che rese il suo viso traslucido. Da grande ha saputo che gli amici lo ritenevano “repellente”, la sua infanzia è stata così difficile da fargli decidere di non avere figli, perchè non avessero a soffrire quello che aveva passato lui.
In aggiunta le difficoltà linguistiche causate dalla povertà di linguaggio della famiglia, la mamma conosce solo il dialetto del suo villaggio nel Regno Austro-Ungarico, dove è nata e da cui proviene: le poche parole che sa in inglese le storpia. Andy, già timido per natura, ha un grosso problema di comunicazione, che risolve solo da adulto. Ha modificato il suo nome da Andrew Warhola, americanizzandolo, in Andy Warhol ed ha lottato con tutte le sue forze per crearsi un proprio spazio, perchè lui ha il grande dono dell’abilità nel disegno e una speciale creatività che lo spinge ad esprimerla.
Nonostante la sua apparente debolezza, ha grinta da vendere, le sue contraddizioni sono numerose: le delusioni e le difficoltà hanno sviluppato in lui il desiderio di rivalsa e ben presto ha capito ciò che poteva renderlo più forte ed accettato era arricchirsi e di conseguenza suscitare la considerazione degli altri. Il padre, un minatore, emigrato all’Ucraina, spesso lontano da casa, s’è reso conto delle doti particolari del figlio e l’ha fatto studiare, con grandi sacrifici, in scuole d’arte.
Sono gli anni del boom economico, l’America sta avvantaggiandosi di uno sviluppo mai visto, nell’epoca in cui il consumismo dà vita ad una cultura di massa. C’è esplosione in ogni campo, la produzione, prima destinata ad un‘élite, sta diventando sempre più diffusa, c’è grande produzione di ogni bene acquistabile e grande richiesta in campo pubblicitario, perchè alla base della società dei consumi c’è la pubblicità, che attraverso giornali, riviste, cartelloni pubblicitari, radio e cinema, s’è creata il suo spazio, ma che trae, nella nascente televisione, la sua naturale sede di sviluppo. Andy ama svisceratamente tutto ciò che è americano ed è orgoglioso di far parte del sistema. Vuole affermarsi e può farlo solo, come ha ben capito, attraverso il successo economico.
Si rivolge quindi verso la pubblicità, lavoro creativo di tipo commerciale. Lui stesso ha raccontato che è stato assunto dalla rivista “Glamour” per pena: si è trasferito a New York e abita in un appartamento malsano con un folto gruppo di ragazzi spiantati e desiderosi di successo come lui. Di fronte alla art director di Glamour che lo esamina, dal “book”, che contiene i suoi lavori di disegnatore, fuoriesce uno scarafaggio: la sua vergogna è tale che stimola la pietà della signora e ottiene il lavoro. La sua bravura gli avvale subito salti di carriera, premi, sviluppi sempre più favorevoli, che lo rendono benestante e conosciuto in poco tempo.
Ma non gli basta: in lui l’incentivo ad ottenere di più lo spinge in alto a cercare di emergere nel campo dell’arte, nonostante ciò gli faccia perdere i lauti guadagni che ha ottenuto con la pubblicità. La sua fortuna è stata quella di trovarsi nel luogo giusto e nel momento opportuno e di saperlo sfruttare: conosce tutte le persone, soprattutto artisti, che possono favorire la sua carriera. La sua intuizione, resa più sottile dal bisogno, gli fa comprendere istintivamente cosa vuole la gente, per soddisfare il bisogno compulsivo che ha coinvolto un po’ tutti, anche lui, di fare acquisti: allora crea l’opera d’arte ripetibile.
Con molto fiuto, col gruzzoletto ottenuto dalla pubblicità, inizia a frequentare gli studi degli artisti emergenti, per acquistarne le opere. Nulla potrebbe rendere più accettabile una persona nel mondo dell’arte! Essere un acquirente! Andy ha così modo di conoscere gli artisti, ma anche le loro opere e intuire cosa va per la maggiore. Lui, da sempre ignorato e schernito, comincia a farsi apprezzare e ad avere degli amici, ad essere ricercato. Fin dall’inizio ha voluto mascherarsi perchè non si accetta fisicamente, creandosi una personalità esteriore stravagante, appariscente, con il trucco per celare l’acne e le parrucche, prima bionde, poi bianche e infine color argento, di setosi e lunghi capelli.
L’essere omosessuale ha contribuito ancora più a sottolineare la sua diversità. Le persone che frequenta sono spesso ai margini della società, per ristrettezze economiche, per atteggiamenti caratteriali, per avere comportamenti poco compatibili con le maniere della “buona società” del tempo, soprattutto per voler essere, come lui, degli artisti. E’ in questo campo che Warhol trova il suo spazio: d’altra parte, come pubblicitario, come disegnatore e come vetrinista, è stato apprezzato per la sua indiscutibile creatività: si è fatto conoscere, soprattutto disegnando scarpe da donna con i tacchi.
Sa disegnare, sa creare, ma non ha il sacro fuoco dell’arte: l’arte per lui è un mezzo per arrivare ad avere tanto denaro, che lui tiene arrotolato negli stivali, che adora ed odia al punto di gettarlo in un fiume, per il piacere di vederlo affondare. La sua insicurezza lo porta a chiedere a tutti “ Cosa debbo dipingere?” Rivolge durante un party la stessa domanda ad una signora, la quale risponde “ Dipingi la cosa che ami di più!” Andy riflette, poi si rende conto che sono i dollari la cosa che preferisce su tutto: e li immortala in serigrafie che passeranno alla storia: perchè la sua è l’arte del banale, dell’ovvio, dell’oggetto più usato, dell’immagine più conosciuta.
Lui non inventa, ma riproduce e ripete all’infinito, ingigantisce immagini della pubblicità, poi passa alle serigrafie e i suoi soggetti sono bottigliette di Coca Cola, zuppe Campbell’s in barattolo, scatoloni contenenti le spugnette Brillo, immagini dei personaggi più famosi in quel momento, come Marylin appena morta, Liz Taylor quando si ammala, Mao Tzedong, il politico più discusso in quel momento, Jackie Kennedy rimasta vedova e tanti altri personaggi che si mettono in fila per essere immortalati. Poi passa ai fiori e a tutto quello che lo interessa della pubblicità.
Alla fine non sa neanche più cosa immortalare e chiede, come al solito, consiglio ad un amico, che stufo delle continue, noiose richieste dell’incerto Andy, risponde “ Dipingi una mucca”. E Andy gli fa trovare un grosso muso di una mucca dipinta di un rosa schocking, con un’audace sfondo senape. L’amico rimane di stucco: l’immagine è un capolavoro! Perchè il suo gusto è unico, fa la differenza. Quando Andy decide di immortalare le Drag Queen, sente di avere in comune con loro l'inclinazione per i maquillages, per i profumi: i suoi gusti e atteggiamenti sono molto vicini alla sensibilità femminile, sa che sottovoce viene chiamato “ Checca”, si sente affine a questi personaggi ai margini della società ed ha una attitudine particolarmente felice nel delinearne la personalità.
C’è in questa sua ricerca tutta l’attenzione della condivisione: l’essere diverso provoca sofferenza, incertezza, insicurezza, dolore e dileggio, tutte cose che Andy ha percepito nei suoi confronti come nelle Drag Queen. E questo lo si legge nell’accostamento dei colori che ti danno un immediato impatto sensoriale, che disorienta, è diverso, spiazzante, ma sa ammaliare.
E ti trasmette un fastidio, una sottile sofferenza impalpabile che restituisce il disagio della difficoltà di stare al mondo, che è stata sempre quella di Andy, fin da quando, bambino, viene dileggiato col nomignolo “Macchia” per il problema della pelle, che si è sempre sentito inferiore per la timidezza nel comunicare con un accento che provoca risate e scherno, lui butterato dall’acne, con la pelle traslucida e a macchie, lui precocemente calvo, ma con una grande forza di volontà di rivalsa quell’implacabile volontà che gli permette di osservare gelidamente, senza intervenire, i figli dei ricchi che giocano a “fare l’artista” e si rovinano con alcol, droghe, psicofarmaci, sesso sfrenato.
E’ stato accusato di questa noncuranza nei confronti degli esseri bellissimi e fragili di cui si attornia, attirandoli come le api dai fiori melliferi. Addirittura ha rischiato la vita e ricevuto tre colpi di rivoltella da una di loro, una che si era sentita sfruttata e gettata via da lui, Valerie Solanas. Andy, nella sua Factory fa lavorare i suoi assistenti, la sua opera va avanti benissimo senza di lui, che si limita a sviluppare la prima opera, le altre saranno copie ripetibili all’infinito.
Andy attrae a sè, magari per avversione, è odiato, ma osannato da tutti. Se lui è presente tutto conta di più, acquista prestigio: è carismatico, ha le conoscenze che contano, frequenta i locali alla moda, fa le cose più scontate, ma considerate più moderne, più americane, più attuali, Eppure lui non ha alcuna stima di sè, non ha neppure il coraggio di chiedere, lui trattato “ di merda” dai suoi collaboratori, la cena in albergo o di dirigere una cameriera, col terrore della morte, degli aerei, lui che viaggia continuamente da un continente all’altro. Teme la morte e aspira a fare qualcosa di importante, a lasciare un segno.
Ma il segno l’ha già lasciato con la sua opera Pop, che neppure lui stima così valida e rilevante! Con una mente tanto labile da essere costretto a sostituire la memoria con la registrazione di un magnetofono, con le immagini della sua Canon, con la sua macchina da scrivere, col suo bizzarro cinema, in cui riprende, attimo per attimo, situazioni che creano grande noia. Teme di perdere l’attimo, gode nel veder succedere le cose, le più strampalate, come le più trasgressive. Anche lui consuma alcol e droga, ha relazioni omosessuali con persone “bugiarde e inaffidabili”, come li descrive lui, ha uno strano e pericoloso rapporto con il cibo che lo porterà alla morte prematura a causa di un intervento alla cistifellea, perchè è esageratamente goloso di dolci, di cui vorrebbe vivere, non sa mangiare in compagnia, nei grandi e ricercati ristoranti che frequenta con i suoi amici.
Il cibo che gli viene servito lo ignora, preferisce parlare e non sa fare le due cose insieme: si fa confezionare il cibo che non consuma, per abbandonarlo nella strada, destinato ai senzatetto. Anche il suo rapporto con il sesso è strano: ritiene che l’atto in sè sia faticoso, preferisce l’autoerotismo, che pratica ogni sera ascoltando i Duran Duran, come dichiara lui stesso, perchè preferisce la fantasia alla realtà. Ha comunque avuto molte relazioni omosessuali, che spesso l’hanno deluso, per le sue scelte sconsiderate. Anche le sue azioni sono stravaganti: non sa mai come vestirsi, eppure fa tendenza, non sa dire le cose giuste, si sente sempre fuori luogo e solo nella sua camera da letto, dove vorrebbe poter fare ogni cosa, addirittura nel letto stesso, si sente sereno.
Allora accende i quattro televisori, si attacca spasmodicamente al telefono con l’amico del momento e passa una serie infinita di ore a parlare del nulla. Lui stesso è stato giudicato il “Nulla”: dice che ha lasciato correre la diceria, perchè non avrebbe saputo come difendersi, pensa che tutte le cose siano il nulla, lui stesso non crede in “niente”. La corazza che si è costruito attorno come autodifesa, perchè troppo ferito, gli è servita per reagire, ma poi si è ritrovato con un profondo pessimismo che lo convince che tutte le cose vanno storte: nullista a al punto che, quando le cose vanno veramente male, non prova nulla, così catastrofista da dichiarare che nascere è come “esser venduti come schiavi”.
D’altra parte non vuole porsi problemi perchè nessuno vuole avere a che fare “con un disperato” e lui, che sa di non essere amato, ha bisogno della sua corte attorno che gli faccia la claque, da solo è un inetto. Ha realizzato opere che sono passate alla storia, anzi l’hanno fatta, ha costruito un’epoca, ha indirizzato il gusto, ha caratterizzato il periodo ”underground”, musica, droga, sesso libero, oggi si direbbe “fluido”, denaro facile, vite sprecate e tragedie infinite, con lui è nata la controcultura, il Pop ha preso sviluppo, sono nate le superstar, le discoteche e quanto è giovane e moderno, le persone si sono sentite uguali, perchè ha creato un’arte di massa destinata alle masse, condivisa da tutti, l’élite non è più un privilegio.
Ma lui a lungo è rimasto indenne dalle tragedie che si disvelavano davanti a lui, ha cercato di tenersi al di fuori, di ciò che gli avrebbe procurato danno, fino a che non è stato ferito e costretto a proteggersi con un gilet antiproiettile, timoroso di un nuovo agguato. Ha osservato, si è fatto osservare e ha invidiato le vite di coloro che avevano successo, disinvolti, belli, sicuri di sè e i più invidiati sono quelli che dirigono un programma televisivo, perchè, lui che si sente la testa vuota, labile mentale, che “predica bene e razzola male”, si muove con la leggerezza di chi non vuole partecipare, perchè sa di non essere all’altezza.
Come sa perfettamente che la sua non è una grande arte e che della sua arte nessuno ha bisogno: d’altra parte ritiene che il business sia la miglior forma d’arte: il suo obiettivo! Il suo esecutore testamentario, Hughes, alla sua morte entrando nella sua abitazione, interdetta a tutti, vi ha trovato un vero e proprio tesoro! Warhol ha acquistato tutti gli oggetti, anche i più costosi, che desiderava, in più esemplari, che riempiono ogni angolo possibile dello stabile. Gli oggetti sono ancora impacchettati e registrati puntualmente giorno per giorno, mese per mese: non gli servivano a niente, solo voleva soddisfare il bisogno compulsivo-ossessivo di avere ciò che gli era mancato.
Ne è stata fatta un’asta i cui enormi ricavati ancora oggi vengono utilizzati per finanziare gli studi dei giovani artisti. Alla fine ha lasciato all’arte i suoi “tesori”, quelli che teneva rinchiusi e abbandonati, appagato solo dal loro possesso. Warhol sull’arte ha detto “La più grande opera d’arte è la natura”, forse per questo motivo, non si è cimentato con essa, ritenendola inarrivabile. E’ stato tutta una contraddizione, ha segnato un grande cammino all’arte, ma è anche stato il testimone fedele di un’intera epoca documentandola in modo incancellabile. Alla fine è diventato quel personaggio famoso a cui ambiva, perchè pareva rendergli meno dolorosa l'idea della morte.