Pensiamo di sapere tutto su Aladino, spesso influenzato più dal film Disney che dalla novella originale. Pensiamo che la storia sia ambientata a Baghdad o in qualche città araba medievale,che il genio sia uno ed esaudisca solo tre desideri e che la novella appartenga alla celebre raccolta delle Mille e una Notte. Invece, se leggiamo la storia originale, scopriamo che Aladino è cinese (nonostante i personaggi siano chiaramente musulmani), che i geni, o meglio, i jinn, sono due, uno nella lampada e l’altro in un anello, che i desideri sono infiniti e che...Aladino non appartiene alle Mille e una Notte. E così anche un’altra tra le novelle più famose delle Mille e una Notte è stata in realtà inserita arbitrarriamente. Tutte e due queste storie popolari ci sono arrivate grazie ad Hanna Diyab, che le raccontò ad Antoine Galland il quale poi le inserì nelle Mille e una Notte.
Ma chi sono Hanna Diyab e Antoine Galland? Tra i due il più noto è certamente il secondo. Galland era un archeologo e orientalista francese vissuto ai tempi del Re Sole che, venuto in possesso di un manoscritto libanese delle Mille e una Notte, le tradusse in dodici volumi tra il 1707 e il 1717 per farne dono alla marchesa d’O. Grazie alla traduzione di Galland la Francia prima e poi l’Europa conobbero la meravigliosa novellistica arabo-persiana. L’importanza della traduzione di Galland, pur rimaneggiata in alcuni punti, non può essere messa in discussione: fu una vera rivoluzione. Secondo Borges il romanticismo comincia con Galland. Ma nel suo diario Galland ammette che le due storie di Aladino e Alì Babà sono state aggiunte, e che provengono dai racconti di un cantastorie siriano di religione cristiana maronita di nome Hanna Diyab.
E nessun’altra notizia ci è data su questo misterioso personaggio. E questo sino al 2015 quando venne ritrovata e tradotta la sua autonbiografia Da Aleppo a Parigi: le peregrinazioni di un giovane siriano ai tempi di Luigi XIV il cui manoscritto è conservato presso la Biblioteca Vaticana. Ed ecco che balza ai nostri occhi una figura avventurosa e beffarda come quella dei personaggi dei suoi racconti.
Giovane siriano cristiano di Aleppo, da giovane pensa di farsi monaco, ma il noviziato non dura molto. Aveva certo sete d’infinito, ma in un altro senso. Si mette a lavorare per mercanti francesi e impara il francese, l’italiano e persino l’antico provenzale: dalla sua esperienza monastica aveva guadagnato anche la conoscenza dell’antico siriaco. A questo punto incontra l’archeologo francese Paul Lucas, a caccia di antichità esattamente come il mago maghrebino della favola di Aladino era alla ricerca della lampada e dell’anello coi jinn. Hanna Diyab diventa il suo interprete e braccio destro Ma, a differenza del mago della favola, Lucas non si approfitta di Hanna.
Anzi, se lo porta in quel di Parigi dopo un lungo viaggio attraverso Egitto, Libia, Tunisia per approdare a Livorno, poi a Genova e infine a Parigi. E qui il nostro Hanna approda addirittura a Versailles, alla corte di Luigi XIV, probabilmente la più prestigiosa d’Europa.e trova un lavoro presso la Bibliotèque Royale de France dove incontra Antoine Galland. E qui nasce la storia di Aladino che, pur non appartenendo strettamente alle Mille e una Notte, diventerà la novella-simbolo della raccolta, divenendo poi spunto di infinite riduzioni letterarie e cinematografiche sino al più noto (e infedele) cartone della Walt Disney.
E diventerà la più celebre novella di ambiente musulmano, pur essendoci stata portata da un arabo cristiano. Ma oltre alle storie di Aladino e Alì Babà Hanna Diyab racconterà a Galland anche la favola del principe Ahmed e della fata Parì-Banù, che sarà la base del primo cartone animato tratto dalle Mille e una Notte, ovvero "Le avventure del principe Ahmed della tedesca Lotte Reiniger". Anche questa novella delle Mille e una Notte non appartiene alla raccolta originale.
Hanna Diyab era comunque un bel tipo: girava per Versailles vestito in foggia araba, portando un gerboa del deserto in una gabbietta.
Ad un certo punto Hanna si stanca della Francia e vuole tornare ad Aleppo. E lì passerà il resto dei suoi giorni come mercante, mettendosi in società col fratello e facendo un sacco di affari floridi (e di figli con una ragazza sposata non appena tornato in Siria) E lo immaginiamo in qualche caffé, a fumare il narghilé senza minimamente sospettare che i suoi racconti “orientali” diventeranno una pietra miliare dell’immaginario occidentale