Anno 2023. Circa 6 miliardi di persone, il 75% della popolazione mondiale, utilizza Internet. Nel 2030 si raggiungerà il 90%. Praticamente ogni persona sarà permanentemente connessa alle altre e ad ogni forma possibile di conoscenza1.
Mediamente, nel 2022 ogni persona è stata in rete circa sette ore al giorno, poco più del 40% della vita attiva. I social media hanno fatto la parte del leone, assorbendo il 35% del tempo (due ore e ventisette minuti, per essere precisi). I file scambiati sono prevalentemente foto e video2.
Tutti questi dati certificano la nascita dell’Homo Connexus, ultima mutazione dell’Homo Sapiens. Per qualche decennio ancora l’Homo Sapiens e l’Homo Connexus condivideranno lo stesso habitat, come l’Homo Sapiens ha già fatto con l’Homo Neanderthalensis, poi l’Homo Sapiens sparirà. La vita cognitiva e relazionale dell’Homo Connexus si svolgerà permanentemente nella rete, perché in assenza di essa l’Homo Connexus non riuscirà a sopravvivere, né materialmente né psicologicamente. La disconnessione gli provocherà un’ansia insopportabile e il dolore di una perdita irreparabile. Già oggi ne abbiamo le avvisaglie.
Non è facile azzardare il profilo dell’Homo Connexus. Trent’anni fa, ai primi vagiti del web, gli ottimisti prevedevano che egli, avendo a propria disposizione un numero illimitato di informazioni e di contatti sociali, avrebbe sviluppato una più acuta responsabilità nei confronti della società e del pianeta: sarebbe stato più razionale e più saggio del Sapiens, che doveva faticare non poco a cercare informazioni, costruire relazioni sociali e accedere alle conoscenze. Insomma, il Connexus avrebbe avuto modo di maturare una maggiore consapevolezza del proprio posto nel mondo, e avrebbe espanso i confini della propria identità, includendovi sempre di più il diverso e il distante.
Le cose non sono andate così. Le due ore e ventisette minuti che ognuno di noi passa sui social media ci dicono che l’Homo Connexus usa la rete per chiudersi nella bolla confortevole di una piccola comunità, rifugio permanente dalle ansie e insicurezze della vita. Più che espandere la propria identità per diventare cittadino del mondo, decide di abitare in un piccolo paesello virtuale, popolato da poche decine di anime. E con ciò appaga le proprie esigenze emozionali.
Anche per l’auspicata crescita della razionalità le cose non sembrano andare per il verso giusto. È vero che l’Homo Connexus utilizza l’ampiezza delle informazioni disponibili sul web per migliorare la propria vita quotidiana: fare acquisti, cercare un indirizzo, trovare il percorso migliore, vedere un film. Ma la maggiore disponibilità di informazioni non darà luogo a capacità decisionali superiori. Ciò perché la rete non è un mezzo tecnico passivo, ma esprime una sua intelligenza.
Gli algoritmi che organizzano e smistano le informazioni acquisiscono ogni giorno una formidabile capacità di apprendere dai dati che manipolano. Già oggi gli algoritmi conoscono i desideri, i consumi, le scelte, le abitudini e lo stile di vita di ogni utente. Con queste informazioni sono in grado di costruire un doppio digitale di ognuno di noi, più assertivo e razionale del suo originale biologico, soggetto com’è agli umori e alle debolezze del corpo materiale. Nel prossimo futuro l’uomo biologico convivrà col gemello digitale, attento, premuroso, amichevole, sempre disponibile. All’uomo biologico sempre più converrà delegare al gemello digitale la scelta su cosa acquistare, quale film vedere, che cosa ascoltare, chi incontrare, come organizzare la giornata. Sarà così comodo affidarsi ai suoi consigli ragionevoli invece di sopportare lo stress della scelta!
Una comodità che ha un prezzo: la cessione di una parte della propria vita interiore agli algoritmi del web. Con conseguenze di una portata così ampia che è impossibile prevederne gli effetti di lungo periodo.
Ciò che ci plasma come Sapiens è una straordinaria capacità di apprendimento, ovvero la capacità di assorbire l’esperienza corrente minimizzando il trauma delle novità. Ciò è reso possibile dalla nostra capacità di rimescolare gli eventi del passato e di riscrivere la propria biografia. Quante volte un ricordo insignificante, abbandonato nel buio della memoria, è stato illuminato da una nuova esperienza, ed è divenuto un riferimento importante? E, parimenti, ciò che sembrava un evento decisivo del passato è stato ridimensionato?
Modificare l’importanza e il ruolo delle passate esperienze, riconsiderarle da una nuova prospettiva, è una attività essenziale per vivere in un ambiente mutevole. Ebbene, cosa accadrà quando gli eventi della nostra vita saranno trasferiti al web sempre più e la nostra biografia sarà bloccata per sempre? Che ne sarà della vita interiore? Che ne sarà della capacità di apprendere? Come costruiremo la nostra identità?
Non ho risposte. Ma è facile prevedere che l’Homo Connexus sarà impegnato per molto tempo in una sfida cognitiva e comportamentale da cui emergerà qualcosa di abbastanza diverso dall’Homo Sapiens.
Note
1 Steve Morgan, Humans on the Internet will Triple from 2015 to 2022.
2 Simon Kemp, Digital 2022: Time spent using connected tech continues to rise.