Davanti a gesti efferati, omicidi o esplosioni di aggressività incontrollata, che compaiono spesso senza preavviso, senza che si possa intuire qualcosa di strano nella persona, nei giorni precedenti, nelle abitudini, si rimane evidentemente spiazzati. E si rimane ancora più spiazzati quando si viene a sapere che l’omicida ha compiuto gesti insani senza avere nessun motivo, senza ragione, in una sequenza di gesti che appare quasi casuale. Senza movente.
Devo dire che, anche per chi come me si occupa della mente umana, del suo funzionamento sano e dei tratti o delle strutture patologiche, l’assenza totale del movente lascia interdetti.
Anzi, per chi come noi psicologi è abituato a ricercare le cause dei fenomeni, tutto ciò risulta particolarmente strano, bizzarro, esce da qualsiasi inquadramento, a meno che si tratti di persone con una diagnosi precisa e con un trascorso ben definito e diremmo segnato, che lascia presagire azioni del genere.
Allora mi voglio interrogare su questo fenomeno, nella speranza di fare una qualche luce su tutti quegli omicidi, che oggi appaiono frequenti, che vengono compiuti in maniera improvvisa, da persone, talvolta anche molto giovani, che non presentano situazioni particolarmente problematiche, almeno all’apparenza, e che rivelano di aver agito senza motivazione alcuna.
Il movente. Ciò che “muove”. Quali potrebbero essere i motivi, magari sconosciuti ai soggetti stessi, inconsapevoli delle ragioni che li spingono ad agire?
Mi pare di poter ipotizzare alcune cause:
Il lockdown. Anche se sono trascorsi alcuni anni, non dimentichiamo che la chiusura in casa e l’impedimento di qualsiasi attività relazionale e sociale, il blocco nel contatto con la natura, l’impedimento di praticare attività fisica e di scaricare la naturale spinta aggressiva, ha provocato dei danni di cui porteremo le conseguenze ancora per anni. Siamo stati messi letteralmente “in cattività” e, come succede per gli animali messi in cattività, abbiamo manifestato varie reazioni, prima fra tutte lo scoppio di aggressività incontrollata e apparentemente immotivata.
L’eccessiva centratura sulla performance: si studia in funzione del mercato, si è costantemente concentrati sui voti, sul confronto con i voti degli altri, con le aspettative di chi sta intorno. Ai ragazzi non si spiega che la scuola è fatta per insegnare a capire il mondo, a leggere le situazioni, a fare scelte consapevoli, ad essere liberi. Ai ragazzi si dice di scegliere un percorso di studi non tanto in base alle loro attitudini, desideri, curiosità, propensioni, bensì in base alla richiesta del mercato. Richiesta che, per definizione, è temporanea, mutevole, anche difficilmente prevedibile. Ma soprattutto un simile orientamento castra le attitudini a vantaggio dell’economia, facendo percepire al ragazzo che lui conta soltanto in quanto ingranaggio nel sistema capitalistico, ancora oggi proprio allo stesso modo che lamentava Marx.
L’uso, anche sporadico o occasionale, di sostanze psicotrope, alcol e droghe. La richiesta di una sostanza che altera la percezione e le facoltà è indice di una carenza, di un disagio più o meno forte, di un bisogno di adeguamento, di accettazione o altro. In ogni caso, anche nel caso delle droghe cosiddette leggere, è bene ricordare che l’uso di sostanze, oltre ad alterare il funzionamento mentale, neurologico e dei neurotrasmettitori, in molti casi porta alla luce nel soggetto qualcosa che era nascosto, sopito, una patologia sottostante la normalità che altrimenti in condizioni normali non sarebbe emersa. In gergo tecnico, si dice che le sostanze, comprese quelle cosiddette leggere, possono “slatentizzare” parti negative e patologiche della personalità, tirando fuori componenti di patologia in modi a volte non più reversibili. Non sono rari gli episodi psicotici in seguito all’assunzione di sostanze, anche nei giovanissimi. Ricordiamo inoltre che non abbiamo certezza della composizione precisa di una sostanza, essendo un mercato illegale, con percorsi non definiti e per nulla controllati. Quello che viene considerato fondamentale oggi, il tracciamento, in questo caso è totalmente incontrollato e di conseguenza anche le reazioni sono di difficile classificazione e omologazione.
La difficoltà a vivere e sperimentare la frustrazione: il non ottenere quello che si desidera, la latenza prima della soddisfazione di un bisogno, la totale impreparazione ad accettare l’errore, la delusione, la difficoltà. Anche in questo caso, la nostra società non sembra educare alla frustrazione. A scuola soprattutto non si spiega a sufficienza che sbagliare è fondamentale per imparare, per crescere, che la difficoltà serve, è funzionale a diventare più forti. Si parla sempre di resilienza, ma che cos’è la resilienza se non la capacità di rialzarsi dopo un errore? E come si può coltivare se l’errore non c’è?
Queste le ragioni che spingono i gesti efferati, l’aggressività incontrollata. Tra queste cose a mio avviso si devono ricercare le cause, i motivi, i moventi appunto. Anche e soprattutto quando il movente non c’è, o non è dichiarato in quanto il soggetto non sempre è consapevole delle sue dinamiche interne.