Molti sanno che cos’è la senilità perché la vivono in prima persona e se ne preoccupano, altri meno, nonostante sia un tema molto importante in quanto il tasso di crescita della popolazione nel nostro Paese, l’Italia, sia sotto zero e in questi ultimi decenni gli anziani, in percentuale, siano aumentati vertiginosamente: si tratta di un problema sociale, politico ed economico immenso.
Comunque sia, in questo breve articolo non si parlerà dell’aspetto clinico e psicologico della senilità che sarebbero temi comunque molto interessanti, al cui riguardo esistono molti articoli e libri scritti da autorevoli psicologi italiani, tra i quali, in primo luogo, segnalo un saggio scritto dal compianto Professor Marcello Cesa-Bianchi dal titolo Psicologia dell’invecchiamento (La Nuova Italia Scientifica, Roma).
Un altro aspetto che comunque non è secondario ai primi due, quello clinico e quello psicologico, è l’effetto della senilità sul comportamento degli individui, in generale, animali o umani che siano. E su questo aspetto gli animali possono darci molte spiegazioni, perché anch’essi, ovviamente, invecchiano.
Negli animali possiamo studiarne meglio l’effetto sulle loro società, spesso gerarchizzate e anche numerose (per esempio i babbuini possono formare gruppi composti da più di cento individui, una sorta di famiglia molto allargata), sugli individui più giovani, sulle maternità e quindi sulla prosecuzione del patrimonio genetico che ogni individuo cerca sempre, fino a quando può, di perpetuare.
Naturalmente questi fatti non valgono solo per gli animali, ma anche per la nostra specie, sebbene i nostri fattori culturali, etnici, religiosi, contingenti ed economici spesso influenzino questa scelta, cioè quella di avere, anche quando si è sessualmente attivi, una progenie il più possibile limitata. In sostanza, è nel comportamento sessuale che dobbiamo trovare la chiave per capire una delle conseguenze meno desiderate della senilità con tutti i suoi aspetti evoluzionistici e adattativi.
Per quanto riguarda l’uomo sappiamo moltissimo circa i mutamenti fisiologici e ormonali, con tutti i loro stadi, che si riflettono sulla vita di ognuno di noi, ma ancora non sappiamo bene come questi mutamenti, per esempio la menopausa nella donna e quindi la perdita della capacità generativa inclusa quella del desiderio sessuale, e l’andropausa nell’uomo, possano influenzare le scelte quotidiane di entrambi i sessi (o generi). Inoltre nella senilità, sia nell’uomo sia nella donna, c’è da considerare un altro fattore molto importante, cioè la perdita della capacità seduttiva, aspetto che non è marginale.
Esistono molte etnie, soprattutto orientali, in cui una donna giovane che ha molti figli ha un valore sociale superiore a quello di una donna con pochi figli o per niente affatto e anziana. Questa discriminante, più figli più valore sociale, ai nostri occhi potrebbe sembrare assurda, un segno di inciviltà, ma in verità di incivile non c’è niente.
Essa deve essere sempre valutata in funzione delle regole sociali in cui si vive e se poi tutti facessero come noi occidentali che facciamo pochissimi figli, prima o poi, spariremmo o verremmo sopraffatti da quelle culture in cui, su questo punto, esistono altri valori. In effetti è quello che sta accadendo negli ultimi decenni in Europa. Pensiamo solo a un Paese africano, la Nigeria (214 milioni di abitanti) che ha quindi una popolazione leggermente inferiore alla metà di quella dell’Europa intera (450 milioni).
Tra circa trent’anni, con il loro tasso di crescita, i nigeriani saranno più degli europei e non resteranno certo tutti nel loro Paese: molti emigreranno. Un grave errore fatto durante l’apartheid in Sud Africa, oltre alla disumanità stessa dell’apartheid, è stato proprio quello di sottovalutare lo scarto riproduttivo tra i sudafricani di origine europea (soprattutto gli olandesi, gli Afrikaner) e le popolazioni locali (Zulu, Swazi, Ndebele, Venda eccetera). Infatti, il dominio politico degli europei in Sud Africa è crollato nel 1991 come un castello di sabbia, senza la necessità di una rivoluzione armata da parte degli autoctoni che di fatto non c’è mai stata.
Il valore riproduttivo di una donna è quindi molto importante, almeno fino alla menopausa. Le donne che raggiungono questo stadio, in molti contesti culturali e sociali perdono definitivamente il loro ruolo, e la stessa sorte subisce l’uomo senile; soprattutto se malati e depressi, in occidente diventano un peso per la comunità e per le loro famiglie se non hanno (purtroppo) una buona pensione dalla quale attingere!
In molti Paesi africani, invece, i ruoli degli anziani vengono quasi sempre mantenuti, grazie alle esperienze che essi hanno accumulato durante la loro vita e che possono tornare utili a tutta la famiglia; questo è quello che comunemente si verifica in questo Continente. Nei Paesi occidentali questo avviene invece in modo molto marginale e poco frequentemente: i vecchi diventano un peso ad ogni modo, indipendentemente dalle conoscenze ed esperienze culturali che hanno accumulato nel tempo e che potrebbero sempre servire alle giovani generazioni. Poi ci sono altri fattori non secondari che generalmente si trascurano, per esempio la monogamia (unione di un solo uomo e una sola donna) e la poliginia legalizzata o meno (unione di un uomo con due o più donne).
Nelle società orientali, soprattutto quelle di cultura islamica, la poliginia è diffusa e garantisce, più che in altri luoghi, un incremento delle nascite, ma noi occidentali riguardo a questi costumi spesso storciamo il naso, considerandoli blasfemi e primitivi. In verità non sono né blasfemi, né primitivi. Quando l’ultimo occidentale rifletterà su queste regole, tra l’altro spesso legate alla propria fede religiosa, alle norme sociali e ai costumi locali, penserà che se avesse fatto diversamente avrebbe saputo a chi lasciare la sua eredità!
Per concludere, come punto di riferimento sulla senilità prendiamo il comportamento riproduttivo dello scimpanzé comune (Pan troglodytes). Non è tanto il fatto che in questa scimmia il tasso riproduttivo durante la giovinezza sia molto alto, quanto che la sua capacità riproduttiva praticamente dura dalla maturità sessuale fino alla sua morte, quindi non come negli uomini. Molti cercopitecidi, soprattutto i cercopitechi grigio-verdi (Cercopithecus aethiops) che vivono in famiglie molto allargate, con mamme molto precoci, con nonne precoci, in alcuni casi addirittura bisnonne precoci (cioè femmine attorniate da molti nipoti e pronipoti), quindi scimmie molto più matriarcali o madri-lineari sia dello scimpanzé sia dell’uomo, guarda caso, generalmente hanno tassi riproduttivi molto elevati, a meno che non intervengano fattori esterni che non hanno a che fare con la loro capacità riproduttiva.
Noi occidentali non abbiamo queste possibilità, non abbiamo famiglie allargate e non abbiamo molte nonne precoci e che saranno comunque sempre più rare. Inoltre in occidente si diventa “vecchi” molto prima della morte, non proprio come gli scimpanzé, quindi dobbiamo preoccuparci di questi fenomeni da giovani, non quando siamo incapaci di riprodurci, ma sembra che questo per noi non rappresenti ancora una priorità.