Quantum e quanti, parole che ricorrono e ricorreranno sempre più nella nostra vita, nella cultura e nella scienza. Facciamo un piccolo passo cercandodi capire di cosa si parla. Seguendo quanto riportato in internet: “In fisica, il quanto (dal latino quantum che significa quantità) è la quantità elementare discreta e indivisibile di una certa grandezza. Per estensione il termine è a volte utilizzato come sinonimo di particella elementare associata a un campodi forze. L'idea del quanto fu formulata per la prima volta nel 1900 da Max Planck per risolvere il problema dello spettro del corpo nero e poi ripresa in forma più fondamentale in senso fisico nel 1905 da Albert Einstein per la descrizione dell'effetto fotoelettrico. Il concetto di quanto divenne poi elemento fondante di quella che viene definita meccanica quantistica”. Tutto chiaro? Non proprio.

Proviamo allora a definire il “corpo nero” per vedere di capirci di più! Il corpo nero è un oggetto ideale che assorbe tutta la radiazione elettromagnetica incidente e non la riflette. Per questo motivo, è detto "nero", secondo l'interpretazione classica del colore dei corpi. Assorbendo tutta l'energia incidente, per la legge di conservazione dell’energia il corpo nero re-irradia tutta l'energia assorbita. Si tratta di una idealizzazione fisica, dal momento che in natura non esistono corpi che soddisfano perfettamente tale caratteristica. Quanto a comprensione per i comuni mortali, siamo ancora nell’oscurità.

Non così per scienziati e ricercatori. Accade infatti che tra le tante evoluzioni verso il futuro, ricercatori dell’Istituto nazionale di ottica del Cnr e dell’Università di Firenze hanno realizzato un esperimento di simulazione quantistica che ha permesso di simulare la cosiddetta instabilità di Kelvin-Helmholtz, un fenomeno fluidodinamico che gioca un ruolo fondamentale nell'insorgere della turbolenza. L’esperimento ha permesso di riprodurre le dinamiche di interazione tra due superfluidi raffreddati a temperature prossime allo zero assoluto, dimostrando l'importanza della simulazione quantistica con atomi ultrafreddi per esplorare il comportamento dei fluidi in condizioni estreme. I risultati sono pubblicati su Nature Physics.

Un team di ricerca dell'Istituto nazionale di ottica del Consiglio nazionale delle ricerche di Sesto Fiorentino (Cnr-Ino) e dell’Università di Firenze (Laboratorio Europeo di Spettroscopia Non lineare e Dipartimento di Fisica), in collaborazione con studiosi e studiose dell’Università di Trieste nonché dell'Istituto Nazionale di Scienza e Tecnologia Ulsan in Corea del Sud e del Dipartimento di Fisica dell’Università dei Paesi Baschi ha realizzato un innovativo esperimento con un simulatore quantistico che ha permesso di fare luce su uno dei più affascinanti e complessi fenomeni della fisica: la cosiddetta instabilità di Kelvin-Helmholtz, un fenomeno fluidodinamico che gioca un ruolo fondamentale nell'insorgere della turbolenza.

L’esperimento, i cui risultati sono pubblicati sulla rivista Nature Physics, ha permesso di riprodurre le dinamiche di interazione tra due superfluidi di atomi ultrafreddi di litio (raffreddati cioè a temperature prossime allo zero assoluto, ovvero -273°C) grazie a un simulatore quantistico atomico, un dispositivo progettato per studiare e simulare fenomeni quantistici della materia in maniera estremamente controllata. Per la prima volta, è stato testato l’utilizzo di tali dispositivi per lo studio di fenomeni fluidodinamici in condizioni estreme, che risultano estremamente difficili da studiare attraverso convenzionali tecniche numeriche.

Abbiamo preparato e messo in contatto due anelli superfluidi concentrici e contro-rotanti, una configurazione che in fluidi classici darebbe luogo all’instabilità di Kelvin-Helmholtz - racconta Diego Hernandez Rajkov, associato al Cnr-Ino e dottorando del Laboratorio LENS dell’Università degli studi di Firenze - Quindi, abbiamo osservato la formazione di un anello di vortici quantizzati che gradualmente perde stabilità, e frammentandosi dà origine a una dinamica complessa, in cui i vortici interagiscono e disturbano il flusso superfluido sottostante, influenzandosi a vicenda. Attraverso l'osservazione del moto dei vortici, siamo stati in grado di identificare le leggi di scala alla base di questo fenomeno, riscontrando una coerenza con le leggi dell'instabilità di Kelvin-Helmholtz.

Il fenomeno noto in fisica come instabilità di Kelvin-Helmholtz deve il suo nome ai due studiosi Lord Kelvin e Hermann von Helmholtz, che alla fine del XIX secolo osservarono come fluidi di diversa densità e messi in moto relativo siano soggetti a perturbazioni di tipo ondoso alla loro interfaccia, che evolvono rapidamente in strutture vorticose di grandi dimensioni. Si tratta di un fenomeno e ampiamente diffuso, dall'atmosfera all'oceano alle nuvole – si pensi alle particolari formazioni nuvolose che assomigliano a grandi cavalloni, conosciute come “nuvole di Kelvin-Helmholtz” - e persino in contesti astrofisici, come nelle atmosfere stellari o nelle nebulose. È inoltre uno dei principali meccanismi attraverso il quale il moto di un fluido diventa turbolento, ovvero irregolare e caotico.

Francesco Marino, primo ricercatore del Cnr-Ino e coautore della ricerca, commenta:

Questi risultati stabiliscono una connessione diretta tra fluidi classici e quantistici, suggerendo un'interpretazione possibile della dinamica dei vortici quantizzati come manifestazione dell'instabilità del fluido sottostante. Allo stesso tempo, offrono una visione dell'instabilità classica come fenomeno emergente, originato dal moto collettivo dei vortici che agiscono sia come sorgenti che come rivelatori di questa dinamica.

Il nostro lavoro conferma le enormi potenzialità della simulazione quantistica con atomi ultrafreddi, in linea con la visione di Richard Feynman, anche per lo studio di fenomeni fluidodinamici quantistici e potrebbe portare a nuove scoperte e applicazioni in campi come la fisica dei fluidi, la meteorologia, la geofisica e la biologia.

Conclude Giacomo Roati, dirigente di ricerca del Cnr-Ino e coordinatore del team sperimentale.

A noi, comuni mortali, non resta che cercare di capire per quanto possiamo l’universo quantistico e i riflessi che secondo la scienza cominciano a farsi sentire nella nostra vita anche quotidiana ma dei quali ancora non ci rendiamo conto. L’invasività della vita digitale, dell’intelligenza artificiale nelle sue varie declinazioni sul nostro esistere e che sperimentiamo tutti i giorni con le sue implicazioni non sempre positive potrebbe sembrare ben poca cosa dinanzi alla potenza dei fenomeni e degli strumenti quantistici che ci porteranno in un’altra dimensione sia tecnica che filosofica e di comprensione del nostro esistere.

Non resta dunque che riavviare al più presto il connubio positivo tra la scienza e la speculazione scientifica e filosofica nel senso più alto. Per evitare che la crescita tecnologica possa allontanarsi in modo irreparabile dalla comprensione umana e relegare l’umanità in una condizione di minorità facile preda di potenti e malvagi, ma anche di cialtroni di ogni sorta!