La linea di confine tra l’Altopiano di Asiago e l’impero austro-ungarico era stata fortificata già dal 1908, creando la cintura corazzata degli altopiani. Vennero eretti dei forti come Campolongo e Verena per tutelare l’Italia da probabili attacchi per riportare il controllo imperiale austroungarico ai vecchi confini pre-risorgimentali (sarà proprio da forte Verena che l’Italia diede inizio alle ostilità il 24 maggio 1915). Gli austriaci fecero altrettanto con i forti Luserna, Verle, Spitz di Vezzena. Lo scenario dell’Altopiano divenne una guerra dei forti alla decisione italiana di entrare nel conflitto a seguito della firma dell’accordo chiamato Patto di Londra.
Gli attacchi italiani come quelli di Piana del Vezzena furono facilmente respinti dal nemico e si profilò in breve tempo, anche su quella linea, la lunga guerra di posizione che caratterizzò la Grande Guerra. Uno dei momenti più difficili per l’esercito italiano fu l’assalto austriaco ricordato come Strafexpedition: nella primavera del 1916 le linee italiane di Val d’Assa vennero sfondate permettendo agli austriaci di conquistare il Monte Portule, di raggiungere la zona centrale dell’Altopiano e costringendo le popolazioni a sfollare. La mattina del 15 maggio 1916, una bomba lanciata da un potente cannone nei pressi del lago di Caldonazzo cadde su Asiago facendo le prime vittime civili.
La linea difensiva italiana arretrò sul Monte Cengio e su Cima Pau, molto vicino ai centri abitati. L’operazione austriaca non portò comunque gli effetti sperati dallo Stato Maggiore austriaco. La battaglia dell’Ortigara costituì il tentativo italiano di riconquistare il Monte Portule: la quota 2105 del Monte Ortigara venne presa dagli italiani, ma tornò in pochi giorni austriaca, con circa 28mila morti. Con la battaglia di Melette di Gallio e di Foza, gli austriaci attaccarono pesantemente l’Altopiano dopo lo sfondamento di Caporetto nell’ottobre 1917, mentre gli italiani mantenevano la posizione su Cima Eckar, pur dovendo arretrare oltre la Val Franzela dove il caposaldo italiano fu sui Tre Monti fino alla disfatta.
Il contrattacco del Solstizio del giugno 1918 fece ben sperare, fino alla Battaglia di Vittorio Veneto dell’ottobre 1918 che portò alla vittoria italiana del 3-4 novembre 1918. Le scelte strategiche del Capo di Stato Maggiore dell’esercito italiano erano state oculate e avevano dato i risultati sperati. Una migliore razione disponibile per i soldati, soprattutto in fase di attacco, aveva non solo ristorato gli animi, ma aveva anche reso più forti coloro che dovevano affrontare gli assalti, duri e decisi per cercare di arrivare alla conclusione della guerra. La razione militare italiana era diventata una delle più povere, rispetto anche a quella austriaca e francese, dunque il patto nazionale che aveva siglato il massimo sforzo degli italiani per il conflitto, aveva comunque portato risultati.
La guerra dei forti ha lasciato spazio ad un museo a cielo aperto, costituito oggi da camminamenti, osservatori, trincee e fortificazioni rimaste e ristrutturate in occasione del centenario della Grande Guerra, un grande museo dell’architettura di guerra. Vi si snoda anche il “Sentiero della Pace” per oltre cinquecento chilometri, percorrendo il quale si può riflettere e rendere omaggio a chi ha combattuto per la nostra libertà, ammirando un bellissimo panorama.