“Eventi” e “performance” sono termini usurati per l’uso improprio che costantemente viene adottato nel linguaggio comune. Userò la parola evento il meno possibile perché in realtà i miei lavori contengono azioni in relazione tra di loro e mi piacerebbe dirigere gli intrecci e le connessioni tra di esse, ma verrei presa sicuramente da attacchi di panico e quindi, in silenzio, mi posiziono vicino ai musicisti.
Le origini
Nei miei viaggi sono apparentemente sola, ma l’esperienza mi ripete che siamo in tre; Ildegarda, la Sapiente del Medioevo, io e la bicicletta. Insieme cadiamo nello stesso tempo e nello stesso spazio e formiamo un’unica entità nella quale il visibile e l’invisibile sono la stessa cosa. Insieme a loro, osservo la natura che mi circonda e “vedo” future Azioni. Allora più correttamente dirò che partiamo, ora come allora, in tre e formiamo la sorgente. Il tre poi, come un fiume, si allunga, si dilata, fino al mare e nel suo percorso si moltiplica e accoglie altri affluenti; così avviene il mio incontro con amiche, amici, artiste e artisti erranti, ragazze, ragazzi e insieme diamo vita ad eventi. Eventi che comprendono il tempo della memoria e il tempo presente con una coscienza ecologica che indaga e interroga i territori dell'arte. E lo fa "a impatto zero" usando solo gli elementi che si trovano e caratterizzano il luogo prescelto. Per evocare il tempo della memoria sono sempre assenti narrazioni e tanto meno costumi, scene e d'altra parte per rappresentare la contemporaneità ho eliminato le attuali tecnologie. Posso dire che ho realizzato e realizzo i lavori con quel "nulla" che da tempo mi attrae e con lui mi confronto. Il nulla, il minimo indispensabile; secchi di metallo, sottovesti rosse, simboli primitivi, cenere, sabbia, sassi, foglie d’autunno, cassette di mele per la storia delle donne, centinaia di bottiglie di plastica impilate per il fiume. Nelle Azioni realizzate all’aperto solo corpi dialoganti con la ricchezza di un tempo e il nulla, il vuoto di oggi; solo corpi un tempo in armonia e ora in opposizione alla natura e all'ambiente. Sono i corpi che si mettono a rischio: parlano, suonano, entrano in azione con la loro naturale gestualità. Le voci non recitano, leggono, ragazze e ragazzi non danzano, camminano, corrono, costruiscono e distruggono. Il suono, il silenzio e le parole ne sottolineano l'azione. Le Azioni, in tempi e luoghi diversi, hanno preso forma e sostanza esattamente come le avevo immaginate, con qualche errore, naturalmente.
Le opere brevi
Nell’estate del 2012 ho realizzato il primo evento. Erano anni particolarmente fertili. Nel 2011, con il patrocinio della Biblioteca Classense e del Ravenna Festival avevo realizzato una mostra antologica alla Manica Lunga della Biblioteca Classense, il libro di racconti ‘Ravenna, ravenna” (Editrice dell’Altritalia) e il libro d’arte “Nero scarlatto”. In quel tempo nei mesi estivi mi trasferivo a Marina Romea e vivevo da sola in un piccolo appartamento al limite della valle. Alle mie spalle l’acqua marina e, a portata di mano, la valle. Ho vissuto, così, immersa nel mio ambiente naturale: per mezza giornata pesce d’acqua dolce e per l’altra mezza giornata pesce d’acqua marina. In questa condizione di solitudine e di silenzio, apparentemente sola, seguivo le mie vie dell’acqua.
Il primo evento, "Giuliana Anicia è qui?" si è svolto il 18 luglio 2012 nella spiaggia libera di Marina Romea. In "Giuliana Anicia è qui?" il tempo della memoria si rivolge ad una grande donna del passato, figlia d’imperatore e pronipote di Galla Placidia. Anicia fece realizzare il primo codice miniato di cure mediche con erbe e alla richiesta di Giustiniano di finanziare una guerra, rispose che aveva speso tutto il suo capitale per abbellire Costantinopoli. Anche ora, dopo undici anni, mentre scrivo mi commuovo perché queste poche righe contengono la coscienza di una libertà d’azione femminile che sta alla base di tutte le disubbidienti della storia. Il luogo per conversare con questa sconosciuta è lo spazio che fuori dal tempo lei ed io abbiamo condiviso: il mare che continua inesorabilmente a rispecchiarsi nella mia persona e non lo posso dimenticare, a meno che non dimentichi me stessa. L'amore per il mare, vivo, terreno, mediterraneo. E qui, con i piedi accarezzati da onde leggere, sono diventata testimone di eventi che la storia ha cancellato.
Nel tempo della memoria le azioni delle ragazze di rossa passione vestite governano in ordine armonico gli elementi e costruiscono una rosa dei venti con conchiglie raccolte in riva al mare. Nel centro della rosa un piccolo vulcano brucia essenze di pini marini. Il coro e i suoni “ad acqua” accompagnano le azioni.
Nella seconda parte le ragazze iniziano a scuotere vecchi secchi di metallo che contengono piccoli sassi e creano dissonanze; avvertono così che i tempi si sono straniti. Corrono poi verso il mare e creano disordine tra gli elementi.
Segue l’azione della distruzione della rosa dei venti per confonderne l'origine e scatenare tempeste perfette.
Il coro strappa i fogli che evocano il tempo di Giuliana Anicia.
Non c'è più memoria. Solo scontro.
Un urlo.
Nel 2012, il 20 agosto, mi fu chiesto di creare un evento nella pineta di Dante in occasione della giornata di lutto cittadino per l'incendio doloso che ne distrusse gran parte. Mi allontano di poco dal mare; Ildegarda io e la bicicletta ritorniamo nella pineta della mia infanzia. Prende forma così il secondo evento, Gli alberi erano Dei. Le mie mani e la mia mente erano già attrezzate ad uno sguardo che vede nella cenere e nei corpi dei pini bruciati antiche parentele di sangue. C'è così tanto di loro in me che nel creare le azioni mi ha guidata una possente passione.
Passione che ha la sua origine nel termine passus, participio passato di pati, patire. Sono ritornata nel luogo della mia genia e ho trovato le immagini di un nuovo girone infernale; cenere e martirio. È proprio così, il fuoco si è portato via anime e corpi. Tutta la carne della materia, in cielo, al mio sguardo rimangono monconi scheletriti. Qui i grigi lunari della cenere e l'opaco e scuro colore della pineta defunta; lì vicinissimo il mare azzurro intenso. Eppure, anche ora, di fronte alla morte che l'ha oscurata, non mi ritraggo e racconterò, ancora una volta, il grande inganno.
Per il tempo della memoria il canto solitario di una farfalla che vola. Per il tempo presente due citazioni; il rito funebre dei Longobardi - le ragazze compiono le azioni con lunghe canne in cima alle quali campeggia un pettirosso- e Compianto sul Cristo Morto di Niccolò dell’Arca -qui il compianto avviene sulla cenere. Qui non c'è resurrezione. Ora le ragazze, con il corpo e il viso di pura cenere, si dirigono verso il pubblico e con le mani, ne segnano il volto. Riprendono poi le aste e ritornano a fianco di quelle figure informi che ieri erano Dei. E si fanno, per passione, vigili testimoni.
Sempre sulle mie vie dell’acqua il 21 luglio 2013 nasce Splendore e Oscurità. Ricordo che l’evento avvenne nella valle al tramonto, in uno dei giorni più caldi dell’estate. Alle 14 arrivò in bicicletta da Cesena, con zainetto e violino compresi, la grande Valentina, meravigliosa cantante e violinista. Racconto questo particolare perché attorno a me ho avuto e continuo ad avere amiche e amici, brave e bravi professionisti con i quali condividevo la stessa passione. Suoni, canzoni, parole, piume, stormi in volo, in una valle che dal ricordo dello splendore di armonie sognate si trasforma, attraverso figure e azioni inquietanti, nell'oscurità di una colpa e nel luogo di una perdita collettiva. Siamo uccelli senza ali sperduti tra l'erba. L'assurdo corteo della fine segue, in reciproche cecità, suoni di inverosimili illusioni. E Vitaliana, la mia performer preferita, su di una piccola barca instabile, simile ad una divinità, percuote l’acqua e ci abbandona.
Con splendore e oscurità si conclude il soggiorno a Marina Romea, ma continuano i miei viaggi con Ildegarda e la bicicletta. Insieme partiamo alla conquista di altre sorgenti, ma le mete sono più vicine Tutte le mattine, infatti, quando mi è possibile, ma anche quando non mi è possibile, andiamo lungo l’argine del fiume. Questa strada è l’espressione massima che possa dare alla mia visione di libertà: visione carica di beatitudine per solitudine e bellezza.
Arrivata alla Chiusa di San Marco scendo dalla bicicletta e mi affaccio nel vuoto. Sotto di me tumulti, vortici di spuma bianchi e il rumore assordante della gettata d'acqua. E io rimango lì, aggrappata al gioco dell'acqua. So che arriverà il momento in cui realizzerò quello che Ildegarda io e la bicicletta vediamo. È qui tra le mie mani, lo vedo prendere forma tutte le mattine quando arrivo alla Chiusa. Per rappresentare un mondo che si è trasformato in un'Ade di ombre non ho dubbi, uso i simboli che hanno mutato le nostre vite e che quotidianamente maneggiamo con tanta disinvoltura. Ci sono diventati indispensabili e sono sportine, bottiglie e reti di plastica.
Come avevo previsto è arrivata la sua realizzazione in occasione del Ravenna Festival, nell’estate del 2025. Mentre scrivo, dell’opera breve Come quel fiume…che si chiama Acquacheta, rivedo il volto di Elena in una macchina traboccante di bottiglie. Tra il coro ricco di amiche amici, parenti, ragazze e ragazzi del Liceo Artistico Nervi Severini, demoni, musicisti dirigo una cinquantina di persone ed entra, così, in campo, il gioco grande delle relazioni.
E infine sono arrivata qui, al Parco della Pace. Dal 2015 ad oggi ho realizzato altre opere brevi nello spazio accogliente del Mama’s. Ho continuato, però, a viaggiare con Ildegarda e la bicicletta. Un giorno mi sono fermata al Parco della Pace e il mio lavoro si è arricchito di nuovi contenuti, questa volta, suggeritami dall’Albero della Vita di Paladino. Guardo quest’opera e vedo un’ampia comunità senza nessun tipo di superiorità. Vi è un intreccio, una pluralità tra figure animate e inanimate. La natura qui non è più il grande altro fuori di noi. Ragazze e ragazzi, nell’eleganza dell’essere distesi, ci ricorderanno che la terra è viva.