Sono nuovo agli studi di antroposofia e di quel vasto mondo (quasi sconfinato) che riguarda latu sensu l’esoterismo. Così, mi trovo nella fase in cui cerco di fare baconianamente “tabula rasa” di ogni “idola”, ma, e per giunta alla mia età, facile non è; salto pertanto mio malgrado di continuo a nuove conclusioni, “capisco”, sono pieno non di dubbi, ma di momenti di chiaroveggenza. Succede quando si è nuovi a un percorso, ed è una fase dalla quale, come autore di romanzi, mi lascio avvolgere senza imbarazzo e piacevolmente. So che la metà delle cose nella mia mente in tema di astrologia sono corbellerie: ma sono fantasiose, e se non altro le fantasie sono un potente carburante per i motori della narrativa. Allora penso, leggendo Steiner, che l’antroposofia nasca da un processo di ibridazione tra scienza goethiana e angeologia dantesca – in realtà, presa a nolo da Dionigi l’Aeropagita, di cui si fa menzione negli Atti degli Apostoli. L’accoppiamento di Goethe e Dante nel vasto e più evoluto intelletto di Rudolph Steiner ha dato vita all’antroposofia. Alla Scienza dello Spirito. Questo mi rinfranca. Mi fa pensare la letteratura sia fondativa. La letteratura serva. Abbia un impatto.
Anche alla base di Scientology c’è letteratura: la fantascienza prodotta da L. Ron Hubbard. Le teorie di Scientology sono già presenti nei racconti e nei romanzi di fantascienza di L. Ron Hubbard e solo successivamente sono diventati parte integrante di un corpus di opere per così dire teoretico. Goethe e Dante hanno fondato l’antroposofia. L. Ron Hubbard… Scientology. Questo mi riempie il cuore. Tra le altre cose, mi fa riflettere sul valore ricchissimo in possesso dell’espressione inventata da Samuel Coleridge “sospensione dell’incredulità”. Un’opera letteraria può essere così potente, per bellezza, da creare uno stato di sospensione permanente dell’incredulità nei suoi lettori. I lettori di L. Ron Hubbard non hanno smesso di credere una volta letta l’ultima pagina dei suoi romanzi, ma hanno continuato a credere in quelle storie anche una volta chiuso il libro. A me pare quasi assurdo, ma è così. Nei fatti. Immaginate.
Voi leggete una magnifica storia piena di elementi fiabeschi. Chiuso il libro la storia vi ha talmente catturati da costringervi ad andare in giro vedendo quegli elementi di fiaba nella realtà e predicandoli addirittura. Volete credere in quella storia. Volete, quella storia, vera. Volete la realtà così com’è in quella storia. Angeli. Colori. E perché non angeli colorati? Serafini verdi e cherubini rosa e troni azzurri. Spiriti al profumo di miele. Ombre refrigeranti dell’aldilà. L’uomo non vuole sapere. L’uomo vuole vivere qualcosa di bello. Interessante. Nella Genesi non c’è un solo cenno al pentimento di Adamo per aver mangiata la “mela”. Nessuna supplica di tornare nel Paradiso Terrestre. Nessun tentativo nemmeno, mi pare, di edificare un Paradiso Terrestre sulla Terra. Di piantare alberi del giardino edenico. Di ricreare quell’atmosfera. Ma la realtà è che gli uomini (o una parte non trascurabile d’essi) molto spesso desiderano tornare indietro.
Desiderano ri-ammantare di fiabesco una realtà fredda e deludente. Desiderano tornare alle favole. Nel considerare Scientology la ritengo (saltando appunto alle conclusioni, per cercare di farmi un’idea generale e proseguire lungo il sentiero appena imboccato dell’esoterismo) una sorta di sfondamento del Protestantesimo. Scientology è il Protestantesimo derivato non da sistemi di fede (in particolare cristiano cattolica), ma da una espansa galassia di sette e conventicole più o meno iniziatiche. Anche Scientology è iniziazione. Percorso durissimo. Anche Scientology è, come i culti iniziatici non fondati su paperbacks di fantascienza, rivelazione di un segreto occulto appreso il quale si capisce il senso più riposto del mondo.
Anche in Scientology sono previsti premi e punizioni. Il premio più grande è un lavoro di successo. Notorietà. Popolarità. Il segreto di Scientology è ormai noto, ed è stato elaborato dallo stesso fondatore L. Ron Hubbard. Riguarderebbe una razza aliena che avrebbe dominato il nostro pianeta novanta milioni di anni fa. Ma non è molto differente, questo segreto, facendo le debite distinzioni, dai segreti di alcuni culti iniziatici antichissimi – come i Misteri Eleusini, a esempio. Pertanto, Scientology mostra lo schema di funzionamento di qualsiasi setta, qualsiasi comunità, qualsiasi “chiesa”: anche se, a differenza dei movimenti iniziatici di antica tradizione, il segreto alla base di Scientology è molto simile, diciamolo chiaro, al luccicante pezzo di un vecchio flipper, con lucine rosse e verdi ad accendersi e spegnersi e il totalizzatore dei punti a ruotare impazzito su se stesso – ding! ding! ding! bang!
Viene in mente la rappresentazione teatrale di Gottold Ephraim Lessing dal titolo “Nathan Il saggio”. In questa celeberrima storia (anche se probabilmente ad oggi meno conosciuta rispetto a “Magnolia” e a “Codice Swordfish”) il punto nodale è che Lessing pone sullo stesso piano le tre grandi religioni monoteiste riconoscendo infine la vera religione quella in grado di rendere l’uomo migliore. Che significa: anche se nessuna delle tre fosse vera, esse comunque nulla all’uomo fanno di male, ma anzi lo rendono migliore. Più civile, più educato, più rispettoso, più paziente, più… buono. Lessing aveva compreso, insomma, il significato più ampio delle grandi religioni, e specialmente di quella derivante da Cristo, ossia un fondamentale messaggio di Pace e Amore. Pace. Pace, innanzitutto. Chi cerca animosità, in Cristo, casca male. Invece, pace, comprensione, apertura. Allora, tornando ai culti iniziatici e alle Chiese Protestanti, si potrebbe scrivere un seguito della storia di “Nathan Il Saggio”, immaginando questa volta i tre anelli della parabola narrata dal mercante ebreo a Saladino non siano più tre, ma un numero sterminato (circa diecimila). Analogamente a quanto detto per le religioni monoteiste, possiamo dire per i culti iniziatici: anche non fossero veri, essi comunque nulla di male fanno all’uomo. Pertanto, se un culto iniziatico non propugna valori contrari all’uomo, e all’esistenza, è accettabile.
Ecco ad esempio perché Papa Benedetto accolse la Chiesa Essena. Oltre a essere un’antica, nobile e rispettabile tradizione, non fa nulla di male, anzi, li migliora, i suoi iniziati – del resto, furono gli Esseni a crescere il piccolo Cristo: dunque, costituirono per Lui la sua scuola materna e le elementari, giocavano con Lui, Gli facevano le boccacce per farlo ridere, e tutte le cose, si può supporre, che si fanno con un bimbo per distrarlo. Ma ecco anche perché la Chiesa Cattolica allontanò Valdo ed accolse invece San Francesco. Valdo voleva distruggere la Chiesa. San Francesco, invece, chiedeva solo pacifica convivenza. Così come la Chiesa non è completamente nel giusto nell’essere com’è, anche San Francesco non era completamente nel giusto nell’essere com’era: ma questa imperfezione è insormontabile, giacché la pienezza dello Spirito è data solo a Gesù e, secondo quanto si racconta negli Atti degli Apostoli, a chi l’ha ricevuta per mano di Gesù – e non, attenzione!, attraverso prove iniziatiche, delle quali, nel Vangelo, non è spesa Parola! Anzi, gli Atti degli Apostoli sono il racconto di quanto ricevere in dono la grazia dello Spirito Santo rappresenti un percorso in salita, fatto di persecuzione e condanne.
Pertanto, almeno nel Vangelo, avviene l’opposto rispetto al percorso iniziatico: prima si riceve la Verità, e poi comincia la salita; invece, le tappe iniziatiche sono fatiche da sopportare in vista del disvelamento della Verità. Inoltre, le pratiche spirituali hanno lo scopo di entrare in contatto con il divino. Ma la domanda allora è: è realmente lecito entrare in contatto con il divino? Il divino lo vuole, questo contatto? O non si rischia, piuttosto, di uscire da questo contatto (sempre che questo contatto avvenga e non sia frutto di un contatto di natura differente o una mera convinzione) devastati? La curiosità uccise il gatto.
Una digressione. Non è facile per me affrontare argomenti esoterici. Non solo perché sono all’inizio del percorso (e non so neppure se ho azzeccata la via), ma anche perché percepisco gli argomenti esoterici come territori del diavolo.
Chi leggerà, questi scritti, una volta pubblicati, ad esempio? Probabilmente, chi dedito a pratiche di magia ed esoterismo ha abbandonato le reti di protezione della religione. Vive come si fosse strappate le palpebre dagli occhi ponendosi in stato perennemente vigile. In cerca. In cerca di segni. Dire falsità, pronunciare eresie, per questi soggetti è degno di una condanna totale e senza appello. Prendiamo tre figure. Lovecraft. Pasolini. Pavese. H.P. Lovecraft nelle sue interviste ha sempre negato di essere dedito a culti esoterici. Scriveva solo racconti dell’orrore. E si documentava per farlo. Il suo interesse, però, si esauriva qui. Tendo a prenderle per vere, queste dichiarazioni. Perché anch’io ho fatta la stessa cosa. Ho sempre letto l’horror senza avvicinarmi mai all’esoterismo. Eppure, rileggendo oggi i romanzi di Stephen King li scorgo disseminati di elementi esoterici. In più, una delle frasi più celebri dell’autore del Maine è: “Ragazzi, il romanzesco è la verità dentro la bugia e la verità di questo romanzo è semplice: la magia esiste!”. La magia esiste.
It di Stephen King, nonché il Talismano scritto a quattro mani con Peter Straub, sono, oltre a tutto quello che sono, trattati sulla magia e sui suoi effetti reali nel mondo; e non solo, ma sul superamento stesso della magia. La magia, ci dicono, in fin dei conti, It e Il Talismano, è dentro ognuno di noi. Perciò, capisco Lovecraft e le sue dichiarazioni. Puoi scrivere centinaia di racconti intrisi di esoterismo senza credere all’esoterismo. Fatto sta che H.P. ci salutò all’età di quaranta sei anni per passare a miglior vita a causa di un tumore all’intestino. Anche Edgar Allan Poe morì in circostanze misteriose.
Cesare Pavese (che affrontò temi di sacrifici umani in Paesi Tuoi e in altri scritti) si suicidò e Pier Paolo Pasolini fu assassinato mentre era alle prese con la stesura di un romanzo su vari scandali italiani dalle ramificazioni esoteriche. Pasolini e Pavese sono più simili, a mio parere, di quel che si pensi. Li dividiamo a causa dell’affermazione un po’ frettolosa di Pasolini su Pavese secondo la quale Pavese sarebbe stato, nell’opinione di Pasolini, uno scrittore medio e mediocre. Ma, da romanziere, mi chiedo come mai su Pavese venne interrogato proprio Pasolini. Da romanziere mi chiedo: chi fu il giornalista che pose quella domanda? E chi commissionò quell’intervista? Forse, quella domanda pioveva da piani assai alti. Proveniva da qualcuno che la sapeva lunga e forse voleva far sapere a Pasolini di saperla lunga. Magari Pasolini lo capì pure all’istante, quel giorno, davanti al giornalista, ed ecco perché rimase infastidito dalla domanda e dal giornalista e diede quella risposta. Per fortuna, almeno Stephen King è ancora vivo. Blindato nella sua abitazione. Pieno di miliardi. Ma una volta un furgone lo investì… Non è facile per me affrontare temi esoterici. Per niente. Fine della digressione.
Riprendendo il filo del discorso sul fondamentale conflitto tra bene e male alla base di ogni forma di credo, Feuerbach diceva che non è stato Dio a creare l’uomo, ma l’uomo a creare Dio. Da qualche tempo mi chiedo (ripensando anche alle parole di Paul Dirac difronte alla sua equazione fisico-matematica più importante: “Ho inventato un’equazione più intelligente di me”; e rielaborando liberamente alcuni concetti espressi da Corrado Malanga) se l’uomo non sia forse superiore al suo Creatore. A volte, come dimostrano le parole di Dirac, e come mi dimostra la pratica pressoché quotidiana della scrittura, si crea qualcosa di molto più grande di noi stessi. Forse, noi uomini siamo più grandi dei nostri creatori, se assumiamo i nostri creatori non siano il dio biblico e quello neotestamentario. Non perché abbiamo un’anima, come dice Corrado Malanga. Non perché abbiamo plasmato a nostra immagine Dio, come diceva Feuerbach. Ma perché abbiamo etica.
Da tempo mi circola nella testa il soggetto per un racconto. Supponiamo compaia sul pianeta l’Essere Creatore. Creatore di Tutto. Nella mia immaginazione questo Essere ha le sembianze di Devilman, l’eroe del cartone animato giapponese. Alto una trentina di metri, un fascio di muscoli esaltati da un incarnato ceruleo, e un volto mascherato di sembianza taurina. Devilman afferma di essere il creatore di ogni cosa e di essere assetato di sangue, violenza e distruzione. Solo tramite sangue, violenza e distruzione ci sarà salvezza per l’uomo. Caos, disgregazione, entropia. Solo così ci si salverà. Ma dalle profondità degli abissi urbani, tra le macerie di uno scenario apocalittico e postatomico, si fa avanti la figura di un uomo con lunghi capelli bianchi, la barba candida, segnato sul viso, e parecchio muscoloso nelle sue vesti lattee. Nella mia immaginazione quest’uomo somiglia in tutto e per tutto a Toki, l’eroe del cartone animato giapponese Ken Shiro. Toki affronta Devilman e prende a dialogare con lui. Il dialogo è una forma di scontro spirituale. Calci e pugni di uno scontro fisico si sostituiscono con tesi, argomenti ed esempi di un discorso dialogico razionale. Così, Toki e Devilman, anziché menarsi, discutono.
Devilman ride in continuazione alle parole di pace del buon Toki e gli risponde: “Mi dispiace, amico mio. Vi è andata buca. Sono io il Creatore di Tutto; e il Creatore di Tutto è Malvagità allo Stato Puro. Il Creatore di Tutto salverà solo chi agirà all’ombra dell’odio e del rancore, dell’ira e della vendetta, della violenza, della lussuria più sfrenata che lasci però inesausti e insoddisfatti e nell’ingordigia più grande di cibo, averi e voglia di ballare il tip-tap sulla testa degli sfigati più decerebrati al mondo!”. Okay, non so se questa roba la metterò, nell’edizione definitiva del racconto; ma è solo per dare un’idea di quanto questo Devilman sia molto, mooolto… come dire?, severo ed esigente.
Toki, tenendosi lo stomaco per ricacciarsi la nausea nelle budella a causa delle parole di Devilman, gli risponde: “Ok, Mary! Roger. Neanche dopo una bottiglia di Vernel avresti potuto essere più chiaro! Ma… poi, quando ci hai salvati, dove ci porti di bello?”. E Devilman risponde: “Vi porterò in un inferno merdoso, pieno di insetti che vi divoreranno, e porci che vi rosicchieranno, un paesaggio fatto di montagne di sterco d’ippopotamo percorsi da fiumi e torrenti di succhi gastrici e bile nera e verdastra, e nuvole piene di bava di cani San Bernardo idrofobi, e non ci sarà uno, un solo ombrello a ripararvi…!”, “Mm. Capisco. Quindi, il premio per esserci comportati male, sarà un gesto ancora più malvagio di tutti i gesti che abbiamo compiuto…”, “Sì, brutta copia giapponese di un Socrate Deficiente! Sì! Così è. Questa la realtà. Perciò, vi conviene fare adesso quello che domani vi sarà fatto! Distruggete tutto e… fatemi… fatemi… divertire hahahahahaha!
Eh sì, questo Devilman è proprio cattivo, e in effetti, anch’io, se mi ci metto, riesco a creare personaggi terrificanti… Farò i conti con questo aspetto di me stesso assieme alla mia analista – un giorno. Fatto sta, comunque, alla fine Toki si rende conto di una cosa: i concetti malvagi si auto-divorano e conducono al nulla. Perciò, anche non ci fosse salvezza compiendo il bene, il bene andrebbe compiuto comunque per evitare un male molto maggiore ad attenderci; e anche ci fosse salvezza compiendo il male, compiendo effettivamente il male appunto ci cacceremmo in una situazione ancora più brutale per noi; e anche se compiendo il bene, ci fosse ad attenderci lo stesso il male descritto dal Creatore di Tutto in questo racconto, almeno avremmo il ricordo di quando compivamo il bene ed eravamo esseri decenti, in grado di governarci, e di costruire qualcosa, per quanto inutile, per quanto effimero. Insomma, Toki si rende conto di questa cosa: anche difronte a un dio malvagio, è irrinunciabile all’uomo il bene. Il sì positivo alla vita.
Non so bene come finire il racconto, ma penso di finirlo facendo in modo che Toki nonostante tutto trovi la forza di fare una carezza a Devilman o forse gli regali un fiore. Devilman va su tutte le furie (“Un uomo che regala un fiore a un altro uomo! Non lo posso sopportare! E’ così… Simoniaco!”) e compie delle bastardate incredibili, ma più tardi si pente e si dice: “Certo che ho fatto proprio lo stronzo prima… In più non so nemmeno bene cosa voglia dire la parola “simoniaco”. Sono pure un asinello…”. Così, Devilman cerca di riparare facendo qualcosa di forse non buono ma appunto riparatorio nei confronti di Toki. Solo che non gli riesce tanto, e si sente… si sente pure cretino.
Per concludere questo breve pamphlet su una sorta di controriforma fondata sulle religioni new-age, qualsiasi esoterismo affermi valori contrari all’uomo, afferma in realtà la nostra superiorità di uomini come esseri dotati di un’anima come dice Corrado Malanga, di una mente creatrice di Dei Buoni, come afferma Feuerbach e insomma di etica, della capacità di distinguere il bene dal male, di percepire la differenza tra male e bene.