A Roma, in Parlamento, Monica Ciaburro è Vice Presidente della IV Commissione Difesa della Camera dei Deputati e, al contempo, membro della XIII Commissione Agricoltura. In provincia di Cuneo, terra in cui vive, l’Onorevole Ciaburro è sindaco di Argentera, un Comune montano (1625 m s.l.m.) in Valle Stura, già assessore dell’Unione Montana Valle Stura Argentera e vice presidente della Banda municipale di Cuneo. In una conversazione ci illustra gli obiettivi del suo mandato, volti a supportare e stimolare la collaborazione tra Governo, Istituzioni, Imprese e Territorio, per creare benefici e fornire opportunità di crescita al nostro Paese e ai suoi cittadini.
Cosa significa per Lei, figlia d’Arma, essere Vice Presidente della Commissione Difesa della Camera dei Deputati?
La mia elezione a Vice Presidente della Commissione Difesa della Camera dei Deputati (9 novembre 2022) è stata un momento di grandissima emozione. Provo una profonda responsabilità civica nei confronti degli uomini e delle donne che indossano la divisa, che ogni giorno con impegno e sacrificio rischiano la propria vita per il paese e per garantire la sicurezza di tutti i cittadini. Troppo spesso i Corpi di Polizia, che lavorano a livello locale e statale, non hanno riconoscimenti economici adeguati. Inoltre sono necessari strumenti legislativi, e non solo, più consoni, affinché le Forze Armate e le Forze di Polizia possano svolgere il compito loro assegnato. Io stessa, come parlamentare e come sindaco, mi sento al servizio della cittadinanza, della comunità e svolgo il mio ruolo con passione, dedizione e rinunce. All’etichetta antepongo la concretezza dei fatti. Continuerò anche ad essere membro della Commissione Agricoltura per portare avanti le tante istanze, che già nella scorsa legislatura si erano messe in campo.
Come segretario e componente della XIII Commissione Agricoltura quali sono gli obiettivi del suo programma politico?
La difesa dei Comuni, in particolar modo di quelli più marginali è parte fondamentale del mio programma politico a Roma. Per me, incontrare gli amministratori del territorio e i rappresentanti delle micro e delle piccole imprese agricole e artigianali, ascoltarli, discutere con loro di sviluppo creando sinergie positive, rappresenta un importante opportunità di confronto e condivisione. Penso che fare squadra, agendo in modo coordinato sia fondamentale per concentrarsi sul presente, pensando al futuro. L’identità culturale di un territorio è tradizione, è parte integrante della sua storia e quando si pensa all’ Italia si pensa anche all’ enogastronomia. Il cibo è simbolo di ogni regione, è identità. La nostra terra così ricca e varia da nord a sud ci regala infiniti sapori. È nostro dovere farne conoscere l’esclusività, avere la capacità di rendere eccezionale ciascun prodotto della natura, regolamentandone tutte le singole fasi della filiera agroalimentare. In passato l’esodo di intere famiglie dalle campagne e dalle aree suburbane, la scarsità di risorse, l’assenza di un turismo massiccio non avevano permesso in alcuni casi ad alcuni nuclei demici di svilupparsi, o in altri casi addirittura di esistere. Invece, negli ultimi tempi il trend turistico e culturale sta cambiando. Stiamo assistendo alla graduale riscoperta di un’Italia nascosta e misteriosa. Il numero di estimatori, che rifuggono le mete del turismo di massa a vantaggio di un turismo sostenibile, focalizzato sui borghi, è in crescita. Parecchie località rurali, anche grazie all’operosità di tanti italiani, stanno conquistando l’attenzione di un pubblico sempre più consapevole e curioso. I piccoli centri abitati sono realtà dinamiche. Le persone che vi risiedono, però, devono poterci vivere bene. Tra le mie priorità vi è proprio quella di garantire a chi ha scelto di rimanere nei paesi di provincia, un lavoro, che permetta ora e in futuro una vita serena anche dal punto di vista economico. A tal proposito, l’impiego delle tecnologie digitali nella promozione e nell’innovazione delle attività lavorative risulta fondamentale.
Qual è la sua opinione riguardo al “cibo sintetico”?
Non sono contraria alla ricerca. In una nazione come l’Italia, caratterizzata da una svariata filiera agroalimentare, costituita per la maggior parte da piccoli produttori locali, mi sembra assurdo incentivare la realizzazione di cibi sintetici. Inoltre perché rischiare l’omologazione? Perché snaturare il sistema agroalimentare italiano, tra i primi in Europa per valore aggiunto agricolo? In Provincia di Cuneo le firme raccolte in pochi giorni per la petizione “No al cibo sintetico”, promossa da Coldiretti, Campagna Amica, Filiera Italia e World Farmers Markets Coalition sono state oltre 5000, compresa la mia. Esse dimostrano quanto noi cuneesi abbiamo a cuore il futuro della nostra agricoltura e del cibo naturale, la salute di tutti e la tutela della biodiversità. In qualità di membro della XIII Commissione Agricoltura ritengo indispensabile la tutela delle nostre secolari tradizioni agroalimentari, di assoluta e indiscutibile eccellenza.
Onorevole Ciaburro, Lei è stata nominata anche responsabile del dipartimento montagna di Fratelli d’Italia.
Per la montagna c’è tanto, tantissimo da fare. Il Ministro Lollobrigida, durante la Giornata Internazionale della Montagna, ha dichiarato: “Le nostre montagne sono un patrimonio che va custodito, difeso e tutelato.” Il Governo Meloni sta già lavorando con Regioni ed Enti locali per promuovere interventi mirati alla salvaguardia della biodiversità di boschi e foreste. Con lo spopolamento delle zone alpine e appenniniche degli anni Sessanta-Settanta le infrastrutture e i servizi si sono concentrati soprattutto nelle grandi città, a discapito dei paesi e, in particolare della montagna, considerata una regione periferica. É giunto il momento di passare all’azione, di porre un freno alla spopolamento. Per far ciò è opportuno cambiare prospettiva. Occorre pensare alle nostre montagne come a un ecosistema da riscoprire, da rivalutare. Occorre proporre una politica per le entità alpine e appenniniche, un percorso strategico per il contrasto all’abbandono, affinché questo meraviglioso ambiente umano e naturale possa finalmente riconquistare la sua centralità. Inoltre bisogna promuovere una fiscalità agevolata per chi risiede e lavora in montagna. Sono parecchie le realtà a soffrire di mancanza di fondi: rivendite di prodotti agroalimentari del territorio, botteghe d’artigianato locale, baite dove c’è una produzione agricola di alta qualità, impianti di risalita, rifugi, ma anche hotel, bed & breakfast, agriturismi, locande e ristoranti. Se si pensa che moltissimi gestori di impianti sciistici hanno visto in un anno lievitare le utenze da 20.000 euro a 60.000, siamo di fronte a cifre insostenibili. La risposta non può essere triplicare i prezzi per i cittadini e, senza un aiuto, chiudere rimane la sola alternativa.
Per decenni uno dei più grandi problemi delle aree marginali è stata l’assenza di una politica adeguata. Cosa prevede per la montagna la legge di Bilancio del Governo Meloni?
Le leggi sulla montagna c’erano. Pensiamo all’Art.44 della Costituzione, alla Legge 31 gennaio 1994, n.97 del Senatore Carlotto, purtroppo mai applicata in modo organico e strategico per mancata volontà.
Dopo anni terribili, ora la Legge di Bilancio del Governo Meloni rappresenta un fondamentale cambio di passo a favore della montagna: di chi ci vive, ci lavora, di chi cerca ogni giorno, con molti sacrifici, di far girare l’economia e mantenere una buona qualità di vita.
Il testo prevede l’istituzione di un fondo nello stato di previsione del Ministero del Turismo con una dotazione per le annualità dal 2023 al 2026. Inoltre saranno stanziati aiuti per i piccoli Comuni sotto i 5mila abitanti a vocazione turistica con un Fondo istituito dal Ministero del Turismo. La dotazione complessiva, sempre per le suddette annualità, è di 34 milioni di euro, destinati a finanziare progetti destinati a Comuni per accessibilità, mobilità, rigenerazione urbana e
sostenibilità ambientale. Nella legge di Bilancio, oltre a un milione di euro l’anno destinati a progetti di snow farming, sono stanziati anche fondi per l’eventuale smantellamento di impianti sciistici obsoleti. Sono 200 i milioni messi a disposizione per ristrutturare e mantenere sicuri ed efficienti gli impianti di risalita.
Promuovere il turismo invernale nelle aree montane e, di riflesso aumentare l’indotto generato dalle attività sciistiche, significa far rivivere l’economia di intere comunità. Questa misura rappresenta una prima grande risposta al settore e finalmente una presa di posizione forte e decisa da parte del Governo.
In aggiunta servono servizi materiali e immateriali per chi risiede già in montagna e per chi decide di trasferirvisi stabilmente. In primis, la presenza di medici, assistenti sociali, OSS, operatori sociosanitari dev’essere più diffuso sul territorio. È necessario un piano intergrato sinergico, che garantisca servizi socio assistenziali alle Comunità.
Come sindaco di Argentera e assessore dell’Unione Montana Valle Stura Argentera ha ben presenti le criticità delle aree di montagna. Quali sono però i punti di forza?
Le montagne sono spazi vitali. Sono ricche di boschi, di sorgenti, costituiscono delle grandi risorse. In più regalano pace, quiete, tranquillità. Rappresentano un antidoto allo stress quotidiano. Forse non è un caso che persone abituate a vivere nelle metropoli a un certo punto decidano di lasciare casa e lavoro per trasferirsi in montagna.
I villaggi montani permettono di far crescere i propri figli in un ambiente sano, in armonia con la natura che li circonda. Stimolano il senso di appartenenza a una comunità, facilitano le relazioni dirette con l’amministrazione comunale, la nascita di amicizie coese, rivolte alla solidarietà, alla disponibilità e all’ascolto reciproco.
I Comuni sono le sentinelle di un territorio.
I tagli ai Comuni montani e la conseguente unione di più Comuni non risolve il problema.
Una buona amministrazione comunale deve sapere e poter tutelare il territorio e chi ci abita.
Molte tragedie idrogeologiche a valle si sarebbero potute evitare se solo fosse stato preservato il monte.
Gli abitanti di montagna questo lo sanno bene. Conoscono il territorio e lo salvaguardano.
Ma c’è molto altro. I piatti tipici, le tradizioni culturali, i dialetti, le architetture, gli ambienti naturali quasi intatti, la rete di strade secondarie, che collegano con un sottile file rouge ciascuna vallata alpina, costituiscono quei sapori e quei saperi, che possono divenire autentici presidi d’identità locale con un enorme potenzialità di sviluppo di un turismo sostenibile a vantaggio e in difesa delle entità alpine.
Se penso alla mia terra, ad Argentera e alla valle Stura, penso a una zona transfrontaliera, a un’antica regione delle Alpi Cozie che attraverso il Colle della Maddalena penetra in Provenza, contraddistinta dall’area denominata Occitania.
Mi vengono in mente le antiche case in pietra e legno di Ferrere ritenute una “preziosissima testimonianza dell’architettura occitana”, la Fiera dei Santi a Vinadio, l’Ecomuseo della pastorizia a Pontebernardo, il Consorzio L’Escaroun per la valorizzazione della razza ovina sambucana, ottima produttrice di latte, carne e lana, i crusèt, una pasta simile per forma alle orecchiette, tipica da un lato e dall’altro del Colle della Maddalena, quindi confezionata sia in Valle Stura che in Ubaye. Queste tipicità, unite all’innovazione e alla creatività sono alcuni degli elementi basilari per la crescita e lo sviluppo economico di un’area.
Prima di essere riconfermata a Montecitorio, esercitava la professione di docente di didattica di musica. Quali nuovi scenari prevede per la scuola?
A mio parere una scuola moderna, al passo con i tempi, dev’essere un “sistema aperto”, in stretta con il territorio, in cui svolge a supporto delle famiglie il suo ruolo di formazione. Al centro dell’interesse c’è sempre lo studente e il suo successo scolastico. Un’istituzione scolastica intesa come “sistema aperto”, ha l’obbligo di fornire agli alunni le giuste competenze per il futuro. Il Governo Meloni ritiene basilare garantire a tutti l’accesso e la frequenza alla scuola, riducendo al minino il disagio sociale e l’abbandono scolastico. A fare la differenza è il merito. Le parole: merito, meritocrazia sono fondamentali, affinché i risultati di allievi eccellenti siano giustamente e adeguatamente riconosciuti.
Uno Stato giusto fornisce le condizioni ottimali a giovani volenterosi per poter cresce e migliorarsi all’interno dello stato e per rappresentarlo.