Fluido è la parola proposta da un caro amico, artista raffinato e monaco Zen, per immaginare quale potrebbe essere il pensiero dominante di questo anno appena iniziato.

Fluido è il modo di permettere alle cose di scorrere senza tendere verso irraggiungibili mete ed obiettivi. Fluido è il concedersi al bene condiviso. Fluido è guardare il passare del tempo aprendo le mani all’ineluttabile bellezza della maturità che ci riporta alla verità del nostro essere nella vita.

Ancora una volta mi sono ritrovata ad incontrare e chiedere aiuto alle parole per riuscire a comprendere quanto sia misterioso il modo in cui da dentro di noi sgorgano suoni e pensieri in libertà che traducono e interpretano il sentire del nostro cuore senza alcun ostacolo, senza alcuna costruzione mentale.

Lasciando scorrere il fiume fluido di parole talora dimenticate, talora mai sgorgate dalla nostra bocca, talora capaci di catturarci come prede o di inoltrarsi in labirinti di ritmi e sonorità, possiamo assaporare una libertà sconosciuta, far scivolare sul corpo un sentire senza obblighi, una piacevolezza di forme, di vicinanze e abbandoni che sono espressione incantevole di quel fluido che rende tutta la nostra esistenza terreno fecondo di mutevolezza e imprevedibilità.

Le parole, come scintille che si dipartono da una luminosa stella, si uniscono a formare disegni danzanti, aeree forme che si librano in cieli variopinti.

Da questo flusso di parole ho lasciato che emergessero quelle che liberamente cercavano altre parole per raccontare altre emozioni.

Ogni mese di questo anno avrà una parola-radice dalla quale lasciar fluire quel segnale di cambiamento, di ineluttabile variabilità che pare segno di questi tempi senza certezze e forse per questo tutti da scoprire e da accogliere.

Voce

Niente ritorna al suo posto, al luogo, allo spazio fissato
Ti vedo rientrare negli edifici senza porte, senza pareti
Abbattute dall’estenuante lavoro
Dove nascondersi senza più porte né pareti
Da dove mettersi a guardare senza più finestre
E intanto tornavano le voci
Si ricostruivano nuove case
Mura innalzate a regola d’arte
Alle finestre hanno riaggiustato malamente nuove piante
Senza odore ma di lunga vita

Sogno

Seduta davanti all’ultima porta abbattuta
la vecchia venuta dal mare racconta a se stessa il cammino del mondo.
Il ricordo.
Antidoto contro la morte.
Indossa i paramenti del saggio gettando terra
sul segno ostinato del fuoco
L’antica madre potrà pur consolare
E sempre l’albero si stacca dalla radice
affondata con duri colpi
sicuro dell’essenziale filtro di aria respirabile

Desiderio

La memoria rientrata nel corpo ha evocato materia
Non trovo contorni
A fatica si strappano dal terreno sfondato di passi
Suoni inconsueti, ascoltate emozioni
Lo scontro è ancora per il potere
e ritornano le illusioni del mito
La lancia del signore del mondo si è piantata sulla terra
ma il cuore non era lì
Dal sangue altro è ricominciato

Contesa

Non ritrovo le tracce di sillabe scritte altrove non ci sono steccati cui aggiogare i cavalli
come alla fine del cammino percorso con dura fatica
La storia si srotola anormale
La norma è annidata nelle viscere del vulcano
Provata di senso l’ipotesi antica istinto-ragione
respira a fatica
In eterna contesa
I Titani hanno perduto l’assalto al cielo
Ancora una volta Eros e Thanatos

Materia

Artefice umile ma non domata
taglia e ritaglia i suoi fili in forme scontate
Le mani procedono come il cuore avanti e indietro: ritmo accettato di sopravvivenza
Altro non c’è che credere alle sue illusioni smontate e rimontate
Non c’è altro che credere
Non spiegato il mistero
è sconcertato l’onesto lavoro

Frase

Ho camminato sui fiori impastati di fango
di foglie aggrappate alle ossa scrostate di animali perduti
irrinunciabile dolore del sapere
Ho amato e amo la frase priva di senso del paesaggio
senza case né luoghi di vita compiuta
i piani sconnessi fino a curvarsi senza punto d’inizio e di fine
Tra le ombre spezzate del bosco di pioppi rimane il segreto della notte densa di luce

Magia

La rugiada celeste ha dischiuso le rose del deserto
Adone ha intriso la sabbia di rossi fiori
I petali della stella d’Oriente ricoprono le acque
specchiate nell’antica magia
Sulle otto porte della casa dei venti
siedono le sorelle custodi del mondo
I gradini di ossidiana conducono alla caverna
tempestata di pietre di luna
Le gemme attendono di sbocciare sull’albero della vita

Inno

Cangiante è il bosco di betulle
La lama di ossidiana rossa ha aperto le tenebre
L’aurora dalle dita di rosa è tornata a risplendere
sulla dimora di Ebe dall’eterna giovinezza
Sotto la torre del Tempo
la donna dal volto gentile
ha pronunciato il nome potente
La gabbia dorata del Signore della Menzogna
si è dischiusa

Chimera

Le palme di Siria si chiudono in cerchio
attorno allo scrigno che nasconde il cuore della regina
Il serpente dalle dodici teste si è sdraiato
sul petto della fanciulla piumata
entro il recinto del tempio
Il sonno della ragione ha guarito la terza figlia di Ermes
che guida le anime
oltre la montagna custodita dalla Chimera
Con i sandali alati ha percorso il sentiero
verso il giardino dai frutti perenni
L’incubo reciso ha separato luce e tempeste
Vittoria c’è stata
Altro non è dato sapere

Luna

Una stanza dopo l’altra
sono salita fino alla sommità della torre
Ho attraversato la porta del mondo
per incontrare la principessa dormiente
Il respiro del fulmine ha riaperto il cammino verso l’ottavo cielo
il talismano annodato di bianco e rosso
si immerge ad incontrare la figlia del fiume
Sul suo capo una ghirlanda di fiori del melograno
Il tronco del mandorlo in fiore
ha toccato la volta del cielo
la custode del Destino veglia sul frutto della passione

Solstizio

Il sonno divino ha generato la visione del sogno
Sette montagne di smeraldo
si innalzano dall’abisso di fuoco
Sette fiumi di acqua perenne
si versano nel mare di pietra turchese
Sette isole di cristallo
riemergono dalle onde misteriose del libero oceano
I flutti si infrangono sulla terra
imbiancata dalla luna nel solstizio d’inverno
L’orizzonte si allontana
All’infinito cammino sulla piccola sfera di corallo
Siamo nella penombra del sottobosco
Lontano mi appare la fortezza dalle mura di giada
Osservo il fanciullo che gioca con lo specchio
Crudele e capriccioso
incede sui fiori pungenti
Il vento si abbatte sulle querce
Il suono del flauto annuncia la danza nel cerchio del sole

Parabola

Strade antiche macchiate di anacronismi incrostati di ruggine
Visioni minacciose che il tempo riveste di effetti sicuri
l’età dell’oro è di rito
a strappare dagli occhi e dal cervello
l’odio vergognoso per l’assordante martirio dei buoni
Patite distorsioni di vecchi percorsi
La Terra non ha tradito
Ogni continuità si nega
Necessità ha travolto l’arroganza di tutta la stirpe
Il gelo non tarda a farsi da parte
colore insistente
la morte è ancora lontana
La parabola dell’eterno ritorno riempie di corporali potenzialità
il tentato trionfo del vuoto

Fluidità

Vicinanze tracciate con fili di calda lana
ritorta nel farsi del vedere sgomento
sospeso al trascorrere segreto di difficili frasi
rapprese nei gesti strappati al timore di intensa luce
soffocata dai rottami della mente rimasugli di morte stagioni
scivolate senza sentore alcuno
appese al dolce sciuparsi di involucri di frutti maturi
annebbiati dall’incedere barcollante di tempo esaurito
percorso nel divenire vissuto di
pulsanti fragilità
dissepolte dal terreno squarciato di
affetti violati
udibile evento ancora stravolto dallo slancio annientato
giocato sul percorso di
una strada dimenticata rischiarata dal dipanarsi senza storia di patita totalità minacciata dagli immorali esempi della
lingua parlata
travolta dalla irrecuperata percezione
della concretezza senza dimensione
penetrata fino al limite immotivato del
soggetto senza nome

Quello che porta alla creazione è un processo lungo, accidentato, denso di fratture, di lacerazioni e di ricuciture, spesso lento, impercettibile e proprio per questo difficile, talora incomprensibile, fatto di entusiasmi e di malinconia, di attimi drammatici e di gioie improvvise e dirompenti, di silenzi e di ascolto, di attese e di slanci, di visioni e di fantasmi, di ricordi, di memorie lontane, di immaginazione e di rimandi apparentemente senza legame alcuno, di associazioni di pensieri, di giustapposizioni di suoni, di segni, di percezioni, di viaggi con o senza ritorno, di prigionie e di evasioni, di lacrime e di sorrisi guardati soltanto allo specchio, di animalità e di raffinatezza, di falsità e di verità, di concessioni e di rigorosi dinieghi, di ammissioni e di rifiuti, di percosse e di carezze, di tenerezza e di violenza, di follia e di lucida coerenza, di piccole sfumature e di forti colori, di morte e di rinascita: è un fluido che cessa forse soltanto con il cessare del respiro.