Uno degli elementi che ha caratterizzato la storia di Roma dall’età imperiale fino alla fine dell’impero d’Occidente è stata sicuramente la penetrazione del cristianesimo in tutti gli aspetti della sfera sociale. Questo nuovo culto finì, nel giro di tre secoli, per diventare un elemento cruciale della storia dell’Urbs, talmente importante che nell’ultimo secolo e mezzo di vita della parte occidentale dell’impero, comportò anche la nascita di complessi monumentali impensabili prima del famoso editto di Milano del 313. Questo atto voluto da Costantino generò nel lungo periodo un cambiamento tale che portò Roma nei secoli successivi a diventare la capitale della cristianità. Con il passare dei decenni l’egemonia del cristianesimo venne confermata non solo dalla graduale scomparsa della simbologia pagana che aveva giocato un ruolo fondamentale nelle alterne vicende della città nei secoli passati, ma anche dalla costruzione di splendide basiliche adibite al culto cristiano.
Fino all’epoca di Costantino i cristiani avevano giocato un ruolo tutto sommato modesto all’interno dell’impero ma dal IV secolo in poi si ebbe una vera e propria “esplosione”: nacque infatti la società cristiana e la Chiesa, prima costretta a vivere in clandestinità, dovette fare i conti con una nuova realtà a cui adeguarsi rivedendo la propria stessa organizzazione. Questo fenomeno di cristianizzazione fu molto più rapido nelle città che non nelle campagne. Ciò spiega perché si iniziò in quel periodo a chiamare pagano chi ancora credeva nella religione tradizionale: il pagus infatti era una circoscrizione territoriale rurale abitata in gran parte da coloro che praticavano ancora la vecchia religione. Negli ultimi decenni del IV secolo i cristiani a Roma erano ormai il gruppo religioso più numeroso ma molte famiglie romane che detenevano il potere nel Senato o ricoprivano cariche nell’amministrazione erano ancora pagane. Per questo motivo le chiese fondate da Costantino erano situate lontano dal centro della città antica.
Prima della legalizzazione del cristianesimo i seguaci di questa nuova religione erano soliti incontrarsi clandestinamente in quelle che erano chiamate domus ecclesiae, ossia edifici privati che furono riadattati per le esigenze relative al culto. Erano normali abitazioni che assolvevano le funzioni di culto, battesimo, assistenza sociale, istruzione o abitazione del clero. A partire dal III secolo alcune di queste domus ecclesiae vennero donate alla Chiesa cristiana e divennero i tituli, ossia edifici identificati tramite i nomi dei loro donatori o di coloro che ne avevano curato la riconversione in luogo di culto. Il nome del donatore veniva affisso su una lastra (titulus appunto) in memoria dell’atto di generosità. Il termine titulus gradualmente andò a identificare la struttura architettonica in cui si svolgevano i riti.
Al tempo di Costantino esistevano venticinque tituli, molti dei quali vennero successivamente trasformati in alcune delle chiese più importanti di Roma, tra cui Santa Cecilia, Santa Maria in Trastevere, Santa Prassede, Santa Sabina, San Lorenzo in Lucina o la chiesa dei Santi Apostoli.
Dopo l’editto di Milano, come detto, Costantino iniziò a edificare le prime basiliche cristiane a Roma. La basilica, tipico edificio della tradizione greco-romana, venne trasformata concettualmente dai cristiani di allora e la sua funzione passò da un ambito civile-giudiziario (come era presso i Romani) a uno prettamente religioso. Le primitive basiliche cristiane mantennero sostanzialmente intatte le caratteristiche strutturali e architettoniche degli edifici classici e, date le loro dimensioni, assolvevano perfettamente al compito di accogliere la comunità dei fedeli. Nel quadro della cristianizzazione operata da Costantino, evidentemente non era più accettabile agli occhi dell’imperatore che la comunità cristiana dovesse continuare a incontrarsi e a praticare i riti nell’ambito privato e domestico delle domus ecclesiae.
Dal IV secolo in poi, quindi, la basilica si trasformò in un edificio che svolgeva funzioni religiose e con questo significato è arrivata fino a noi: oggi infatti, la parola basilica non evoca tanto i grandiosi edifici classici che Roma sfoggiava tanti secoli fa quanto delle splendide chiese.
Una differenza profonda tra i due tipi di basilica erano le decorazioni interne, che negli edifici cristiani abbondavano a differenza di quelli classici. Splendidamente e sontuosamente arredate con lampadari, vasi e altri accessori, decorate con preziosi ed elaborati mosaici e pitture murali, le chiese riservavano questo fulgido spettacolo solo ai fedeli che si radunavano al loro interno. All’esterno infatti esse apparivano spoglie e disadorne, al contrario dei templi classici che erano sempre magnificamente rifiniti. Molto spesso le colonne, le loro basi o i capitelli venivano tratti direttamente da edifici antichi, risultando disuguali per forma o materiale impiegato.
Ancora oggi entrando in molte chiese antiche a Roma si può vedere come colonne e capitelli siano in molti casi diversi fra loro, cosa che a quanto pare non interessava ai primi cristiani ma che avrebbe fatto inorridire un antico Romano abituato allo splendore e alla perfezione degli edifici classici. L’eleganza interna dei primi edifici cristiani non fu quindi una preoccupazione ma le prime basiliche, al di là di eventuali imperfezioni interne di tipo estetico, presentavano una differenza fondamentale con i tituli o le domus ecclesiae: mentre questi ultimi si confondevano con le case adiacenti e passavano praticamente inosservati, le basiliche con la loro mole comunicavano orgogliosamente il nuovo ruolo che la Chiesa e la religione cristiana iniziavano a giocare. Erano a tutti gli effetti opere di architettura monumentale che cominciarono lentamente proprio allora a cambiare il volto di Roma.
Nonostante agli inizi i templi cristiani seguissero fedelmente il modello delle basiliche classiche – che includeva una navata centrale più alta rispetto alle navate laterali (in modo che attraverso le finestre poste nella parte superiore potesse entrare la luce) e con un’abside nella parte terminale, dove era posto l’altare – con il passare del tempo sperimentarono anche altre forme, come la pianta a croce latina o greca. In particolare, nella pianta a croce latina è evidente l’intento di ricordare al fedele come Gesù venne ucciso. Costantino dotò Roma e la comunità cristiana di tutti gli edifici necessari al culto.
Sorsero quindi la cattedrale (San Giovanni in Laterano) e il vicino battistero, gli uffici e la residenza del vescovo, alcuni cimiteri coperti legati a luoghi di culto, molte chiese tra cui una per la madre Elena e la sua corte (attuale Santa Croce in Gerusalemme), un mausoleo forse in origine riservato a Costantino stesso ma poi usato come luogo di sepoltura per la madre (Tor Pignattara) e un altro destinato alla figlia Costantina che oggi è una delle più belle e tipiche chiese “da matrimoni” di Roma, l’antichissima chiesa circolare di Santa Costanza.
Tra le prime basiliche fondate a Roma, la più antica risalente proprio a Costantino è San Giovanni in Laterano, consacrata da papa Silvestro (314-335) nel 324. Essa è la cattedrale del papa come vescovo di Roma ed è, tra le basiliche romane, quella decisamente più importante. Inizialmente venne dedicata a Cristo e solo successivamente al suo predecessore, Giovanni Battista, e al suo discepolo prediletto, Giovanni Evangelista. Venne costruita nella zona di un possedimento fondiario appartenuto alla famiglia dei Laterani (da cui il nome) e che molto tempo prima era stato annesso alle proprietà imperiali. Annesso alla basilica, Costantino costruì anche il battistero, forse su parti di una domus più antica. A pianta centrale, fu non solo il primo ma costituì anche l’archetipo dei battisteri costruiti nei secoli successivi.
Come si potrà notare in tanti altri esempi di successivi battisteri cristiani, molti presentano una pianta ottagonale. Perché un battistero o i fonti battesimali dovevano avere otto lati? Perché il numero otto richiamava l’ottavo giorno della creazione, dedicato alla resurrezione di Cristo e conseguentemente a quella dell’uomo. I primi sei giorni vennero dedicati alla creazione, il settimo al riposo e l’ottavo annunciava invece l’eternità. Quasi tutte le chiese costruite nel V secolo verranno dotate di battistero per permettere l’ingresso ufficiale del neofita, attraverso il battesimo, nella comunità cristiana.
Non molto distante dal complesso di San Giovanni in Laterano oggi sorge Santa Croce in Gerusalemme, fondata dopo il 326 nei pressi del palazzo del Sessorium e edificata per conservare alcune parti della croce di Gesù insieme ad altre reliquie della Passione che, secondo la tradizione, vennero portate da Elena a Roma direttamente dalla Terrasanta. Oltre alle reliquie venne portata anche della terra consacrata del monte Calvario che fu posta nelle fondamenta, da cui il toponimo Gerusalemme. Altra fondazione di Costantino fu la basilica di San Pietro, eretta ai piedi del colle Vaticano direttamente sopra il semplice sepolcro di Pietro, ucciso nel vicino Circo di Nerone durante le persecuzioni dei cristiani avvenute dopo il famoso incendio del 64 d.C., e seppellito nel vicino cimitero. L’edificio, terminato intorno al 329, venne fondato su un grande terrapieno che fu ottenuto colmando la necropoli pagana e il piccolo centro cristiano che esisteva.
Prima dello straordinario rifacimento della chiesa che portò a quel capolavoro che vediamo oggi e a cui parteciparono alcuni fra i più grandi artisti e architetti del Cinquecento e del Seicento (e oltre), la basilica era preceduta da un atrio al cui centro stava un’enorme e antica pigna di bronzo che oggi svetta su un lato dell’omonimo cortile dei Musei Vaticani e che originariamente era usata come spettacolare fontana. Questa chiesa, creata direttamente sopra la tomba di Pietro, superò presto tutte le altre in ricchezza e prestigio e divenne con il passare del tempo un importante centro di devozione popolare in aperto contrasto con quello che era il centro ufficiale della Roma cristiana, la residenza del papa, ossia il Laterano.
Questo “conflitto” nato nel IV secolo dominò tutta la storia religiosa e devozionale del Medioevo romano e si concluse solo con il trasferimento nel XV e XVI secolo della residenza del papa dal Laterano al Vaticano, in parallelo con la creazione dei palazzi Vaticani e del rifacimento dell’annessa basilica.
Verso la fine del IV secolo un’altra imponente basilica venne eretta sulla tomba di un altro grande protagonista delle fede cristiana delle origini: San Paolo, che era stato ucciso e sepolto lungo la via Ostiense. Il piccolo sacrario dedicatogli da Costantino agli inizi del IV secolo dovette apparire troppo modesto per non essere sostituito da una basilica che per dimensioni e magnificenza era destinata a rivaleggiare con quella di San Pietro. Fu forse lo stesso papa, a quel tempo Damaso, a richiedere agli imperatori regnanti in quel periodo di finanziare la costruzione di una basilica dedicata a Paolo che rispondesse anche all’esigenza di accogliere una massa sempre più numerosa di fedeli che andavano a pregare sulla sua tomba. L’antica chiesa rimase in piedi fino al 1823, quando venne distrutta da un incendio e ricostruita nelle forme attuali, che rispecchiano però fedelmente quelle antiche.
Tra il IV e V secolo si costruirono poi diverse altre chiese che iniziarono a stravolgere il panorama urbano della città. Vanno infatti ricordate la chiesa dei Santi Giovanni e Paolo, edificata sopra due case che forse erano un antico titulus e che oggi costituiscono uno dei complessi sotterranei visitabili più interessanti di Roma; San Marco, costruita sopra un’antica domus forse di proprietà dello stesso papa che volle la costruzione della chiesa, papa Marco (336), l’unico papa finora a chiamarsi così; Santa Sabina sull’Aventino, altra splendida creazione degli inizi del V secolo; San Lorenzo in Damaso, sorta dove oggi si trova il palazzo della Cancelleria; San Lorenzo fuori le mura, che ospita la tomba di uno dei martiri più amati di Roma, Lorenzo; San Sebastiano sulla via Appia; Sant’Agnese sulla via Nomentana e i Santi Marcellino e Pietro presso Torpignattara.
Senza dimenticare Santa Maria in Trastevere; Sant’Anastasia ai piedi del Palatino; San Pietro in Vincoli, oggi famosa per la presenza del celeberrimo Mosè di Michelangelo; e Santo Stefano Rotondo, la cui parete circolare interna è affrescata con scene delle atroci sofferenze inflitte dai Romani a moltissimi santi martiri cristiani in tempi in cui il cristianesimo era ancora perseguitato.
Tra tutte le chiese di quel periodo, una in particolare ha mantenuto l’originale pianta basilicale antica, nonostante i tanti rifacimenti a cui venne sottoposta: Santa Maria Maggiore. Fu eretta (forse) durante il pontificato di papa Liberio (352-366) nel luogo di una presunta miracolosa nevicata avvenuta in agosto, sul colle Esquilino. Rifatta (o costruita ex novo) durante il pontificato di Sisto III (432-440), presenta alcune caratteristiche interessanti, come ad esempio i capitelli ionici delle colonne della navata centrale (molto insoliti a Roma dopo il II secolo d.C.) e la trabeazione di tipo classico che corre sopra le colonne, episodio questo che non comparirà più nelle chiese romane. Splendidi e importantissimi per l’arte paleocristiana sono i mosaici della navata centrale e dell’arco trionfale, che formano il più antico ciclo di scene bibliche in scala monumentale sopravvissuto a Roma.
La composizione, le figure, i gesti e le pose trovano la loro radice in una tradizione tardoantica di mosaici che a sua volta riprende il gusto classico per la gravità e il fasto imperiale. Questo aspetto è ripreso anche dall’architettura, che proclama – insieme ai mosaici – la rinascita dell’antichità classica al servizio del nuovo messaggio cristiano.
Altri splendidi mosaici si possono trovare nella volta del deambulatorio della chiesa di Santa Costanza sulla via Nomentana. Essi non solo sono tra i più antichi che ci siano giunti ma le scene che rappresentano (tra cui quelle della vendemmia) sono fra i primissimi esempi di adattamento di temi pagani alla nuova iconografia cristiana. Si avverte chiaramente il tentativo di comunicare nuovi messaggi utilizzando un tipo di linguaggio che era ancora facilmente comprensibile a tutti ma legato all’iconografia pagana. Utilizzato in ambito cristiano, questo nuovo tipo di linguaggio figurativo venne privato dei suoi significati pagani e “adattato” alla nuova religione. La scena della vendemmia, quindi, non è solo una celebrazione della raccolta dell’uva per la produzione di vino ma diventa l’immagine della vera vite (Cristo) che viene vendemmiata dall’agricoltore, Dio Padre, mentre il vino rimanda al sangue versato da Cristo per la liberazione dell’umanità.
Molti furono i simboli usati nelle opere d’arte, e in particolare nelle pitture murali delle catacombe, per veicolare i concetti fondamentali del cristianesimo delle origini. Basti pensare al pesce, la cui parola greca ἰχθύς (ichthys, “pesce”) era un acronimo usato dai primi cristiani per riferirsi a Gesù: Iēsous Christos, Theou Yios, Sōtēr, ovvero “Gesù Cristo figlio di Dio Salvatore”. Frequente era anche l’immagine dell’áncora che, mantenendo ben salda la nave, era simbolo di fermezza e rappresentava la certezza della fede in Cristo. La colomba era un altro simbolo molto comune: essa fu l’uccello che portò il rametto d’ulivo a Noè per mostrargli la fine del Diluvio universale e l’inizio di una nuova era di pace e concordia tra Dio e gli uomini e per questo divenne simbolo universale di pace.
L’immagine iconografica del Buon Pastore era tra le più diffuse nei primi secoli e rappresentava la pazienza umile, la cura e l’amore di Dio nei confronti dell’umanità. Comunissimo, poi, era anche il monogramma di Cristo formato dalle prime due lettere del suo nome scritte in greco e molte volte associate anche ad altri simboli come – oltre a quelli citati – quello del pavone, la cui simbologia legata alla resurrezione e alla vita eterna rimanda direttamente a una tradizione pagana. Nell’antichità infatti si pensava che la carne del pavone non si decomponesse mai dopo la morte: i primi cristiani, perciò, lo adottarono come simbolo della resurrezione e della vita eterna che attende il fedele dopo la sua scomparsa.
Le catacombe, il cui nome deriva da quello del complesso cimiteriale (ad catacumbas, che significa “presso le grotte” o “nell’avvallamento”) situato dove poi sarebbe sorta la basilica di San Sebastiano sull’Appia, rappresentarono una vera e propria novità nella ritualità funeraria della tarda antichità. Questo non tanto perché vennero scavate nel tufo (roccia tenera e facilmente lavorabile) per molti metri sottoterra, quanto perché le tombe, in buona parte semplici e sobrie, rispecchiavano un sentimento religioso nuovo. Le catacombe erano inizialmente chiamate coemeteria, ovvero luoghi di riposo (in attesa della resurrezione) e si sviluppavano su vari livelli in profondità per una lunghezza anche di diversi chilometri lungo le vie consolari come,ad esempio, l’Appia antica, dove si trovano le celebri catacombe di San Callisto e di San Sebastiano.
Molte volte vennero scavate in terreni messi a disposizione o donati da privati e un’eco di tali donazioni potrebbe rintracciarsi nella denominazione di alcune di queste catacombe che (forse) riporterebbe quello del proprietario dei terreni: è il caso delle catacombe di Domitilla sulla via Ardeatina, di Priscilla sulla via Salaria, o di Pretestato sulla via Appia.
Nelle pareti delle gallerie venivano ricavate le tombe, semplici cavità rettangolari dove veniva deposto il corpo (o i corpi – a volte anche due o tre insieme). Qualche tomba si distingueva per la presenza di una nicchia e spesso ai lati delle gallerie si aprivano degli ambienti più ampi che erano destinati al culto commemorativo dei morti. In altri casi questi ambienti potevano ospitare la tomba di un martire, oppure vi si ricavavano dei luoghi di culto, come nel caso della cripta dei Papi nelle catacombe di San Callisto, dove vennero sepolti alcuni dei primi pontefici della storia cristiana. La trasformazione della Roma tardoantica in una città in cui iniziarono a fiorire edifici di culto cristiani, oltre alla sempre maggiore presenza della Chiesa nella vita delle persone e all’influenza del papa (figura che “sostituì” sotto molti punti di vista quella dell’imperatore), posero le basi per una nuova età nella millenaria storia di Roma: quella legata alla Chiesa e ai pontefici.
Un’età che terminò ufficialmente solo nel 1870 con la presa di Porta Pia e l’annessione di Roma al neonato Regno d’Italia, ma che trova la sua origine proprio in questi ultimi secoli della storia antica di quella che fu la capitale di un impero straordinario.