La regola aurea valida per tutti:
Non avere nella tua casa nulla che tu non sappia utile o che non creda bello.(William Morris, La bellezza della vita)
Lo scrittore e artista William Morris definì Bibury, il più bel villaggio d’Inghilterra.
Cara mamma, mi basta chiudere gli occhi, per catapultarmi nel Natale di tanti anni fa, nei pomeriggi di dicembre, io e te a passeggiare. Come da un cilindro, uscivano fuori luminarie a forma di stelle, fiocchi, archi, tutti in fila nel cielo, muti spettatori che prendevano vita la sera, in un abbagliante scintillio per tutti gli abitanti del villaggio.
Con una mano stretta alla mia cercavi di non farmi scappare verso i giardini delle case addobbate a festa, mentre con l’altra portavi una borsa piena di biscotti. Andavamo a lasciarli in un posto magico del nostro villaggio che in quel periodo si trasformava in una fiaba, con i cottage in pietra ricoperti di muschi e licheni, come piccole casette di un presepio. Dopo pranzo noi bambini giocavamo, in attesa ogni pomeriggio di Babbo Natale per saltargli addosso, tirargli la barba e ascoltare, seduti in cerchio, le sue storie interrotte ogni tanto solo da qualche crunch crunch; i tuoi biscotti piacevano a tutti.
Giungevano da ogni parte dell’Inghilterra a visitare il nostro villaggio e nessuno andava via senza aver comprato al mercatino i famosi biscotti di Mrs. Jane. Perché erano buoni e perché il ricavato lo regalavi alla Chiesa anglicana di Santa Maria. Dopo aver preparato e lasciati raffreddare i biscotti, ne avvolgevi qualcuno con la carta del pane. Mark, il fornaio, te ne regalava sempre un po’ di quella carta quando compravi la farina e a volte ti regalava anche la farina e le uova.
La signora Anna ti aiutava a sfornare i biscotti e sua figlia Mary preparava i pacchetti per il mercatino. Dentro ogni pacchettino di qualsiasi peso inserivi una frase magica, scritta da te. Si, eri una mamma magica, con il potere di fare sorridere pure chi senza più lacrime per piangere, in te trovava conforto. I biscotti profumavano di cannella, vaniglia e amore e ogni Natale la nostra casa era invasa da quel profumo.
La tua magia mamma non terminava con l’epifania. Eri un fascio di luce che spazzava via la tristezza dal cuore. Ricordo un anno, vedendo per la prima volta la neve, presi le scarpe e corsi in giardino per afferrarla. Avevo imparato ad allacciarmele da sola e con la tua mano sul mio viso dal calore che avrebbe sciolto il polo nord (con grande disperazione di Babbo Natale) mi raccontasti che la neve tra le mani si scioglie perché non vuole farsi prendere. Il suo compito è quello di ricoprire i tetti delle case e le strade per nascondere le cose brutte. A Natale non possono esistere cose brutte. Ed è per questo che i fiocchi di neve sono leggeri come piume, come tante piccole ali d’angelo.
Sono cresciuta afferrando la memoria del Natale in una bolla di zucchero filato, una fortezza in cui bastava alzare il ponte levatoio e lasciare fuori le tristezze. Ma un giorno di dicembre, lo zucchero filato seppe di amaro e il ponte levatoio non si alzò. Quel Natale non nevicò. Le piume degli angeli ebbero un’altra missione, la nera signora aveva spazzato via il candore del Natale dal nostro villaggio portandosi via te, cara mamma. Piansero tutti al villaggio.
Mi sentii dispersa come in una brughiera senza nessun punto di riferimento, e con due bambine cresciute in quella magia, inerme, girovagai per casa dove ogni cosa parlava di te. Alice piangeva la nonna mentre Therese, sul tavolo della cucina, con le gambe penzoloni che ondeggiavano avanti e indietro, puntava il ditino verso il barattolo di vetro dove tenevi i biscotti. Quell’anno non avevi fatto in tempo a prepararli. E il barattolo era rimasto vuoto.
Anche se non era ancora il giorno dell’Immacolata, tutto l’occorrente era pronto e ben conservato, pure la carta e i bigliettini magici. Aprii il cassetto in cerca del tuo quaderno delle ricette, non lo avevo mai guardato, c’eri tu che preparavi i biscotti. Con delicatezza in punta di dita sfogliai il quaderno in cerca del tesoro. Trovai la ricetta, la tua calligrafia, le correzioni, le dosi e un asterisco sulla scritta “ingrediente segreto”. C’era dentro anche uno dei tuoi bigliettini magici, un po’ ingiallito e impiastricciato con scritto:
“Quest’anno il Natale è ancora più magico. Bibury, Inghilterra 1960”.
Fu il Natale di quell’anno che iniziasti a fare i biscotti per tutti. Per la felicità che fosse nata tua figlia Elyse. Io.
Dopo qualche ora la casa profumava di cannella, vaniglia e magia. Mamma eri con noi. L’indomani andammo ad aprire la casa di Babbo Natale.
L’ingrediente segreto l’ho scoperto: mettere amore in tutto ciò che si fa rendendolo magico. Grazie mamma.
Ho voluto ambientare il mio racconto natalizio in questo villaggio per portare nel suo incanto, speranza e sorrisi anche in eventi di tristezza infinita. Sono sicura che un giorno i sorrisi verranno messi sulla bilancia insieme alle lacrime.
E il loro peso farà la differenza.