Il mese scorso si è inaugurata la Stagione Lirica 2022-2023 della Fondazione Teatro La Fenice di Venezia con un repertorio di grande richiamo. Per l'occasione è andato in scena dal sublime palcoscenico veneziano “Falstaff” di Giuseppe Verdi (1813-1901), l’ultimo capolavoro del maestro di Busseto, considerato una perla dell’opera comica, una lunga e felice parabola artistica all’interno del melodramma.
Tratto da William Shakespeare, e in particolare dalla commedia The merry Wives of Windsor e dal dramma The History of Henry the Fourth, lo spettacolo è una commedia lirica in tre atti frutto della collaborazione con Arrigo Boito, con il quale Giuseppe Verdi aveva collaborato sei anni prima per Otello. Ma è un dato assodato che Verdi provasse una naturale simpatia per questo personaggio, spavaldo, un po' ubriacone e innamorato delle donne, dell’oro e della vita. Ma Falstaff in scena va ben oltre, ed è motivo per cui Boito tratteggia la fisionomia del suo protagonista mescolando sapientemente una certa bonarietà e una sagace cattiveria.
È così che ritroviamo Sir John Falstaff alloggiare con i servi Bardolfo e Pistola presso l’Osteria della Giarrettiera, dove ha pensato di scrivere delle lettere, assolutamente identiche, a due belle e ricche signore della contesa di Windsor, sperando di poter godere dei loro favori galanti. Ma le donne si conoscono e mettono in comune le due lettere decidendo di vendicarsi del troppo ardito corteggiatore. E così la storia si complica a causa di un marito geloso che a sua volta intende farla pagare all’impunito gaudente. E tra vicissitudini e azioni a sorpresa il finale volge tutto al femminile.
Se Falstaff viene messo alle corde, non troppo meglio si presenta la scena per Ford, il marito geloso, che deve accettare il matrimonio di sua figlia Nannetta con il suo giovane innamorato Fenton, anziché con il più anziano dottor Cajus. Ma, come noto, spesso “nel mondo è burla” e conviene accettare le circostanze senza prendersi sul serio. Così lo spettacolo non manca di suscitare e strappare applausi e apprezzamenti, tanto sul piano scenico che su quello musicale.
Le sonorità si richiamano spesso alle scene di caccia, pratica a cui Falstaff “si dedica attivamente”, al terzo atto però tutto si ripercuote contro lo stesso “cacciatore” e la rappresentazione diviene una vera e propria caccia all’uomo. E su di una musica assai dinamica e vivace, riecheggia la frenesia delle parole e delle citazioni che Boito inserisce nella partitura (c’è anche un richiamo al Decameron boccacesco).
Grazie al regista Adrian Noble, il direttore d'orchestra Myung-Whun Chung, e il cast costituto da Nicola Alaimo nel ruolo principale, Selene Zanetti in quello di Alice Ford, Vladimir Stoyanov come Mr. Ford, Christian Collia come Dr. Cajuse, Veronica Simeoni nel ruolo di Meg e tanti altri attori che costituiscono davvero un'opera corale, con tanti figuranti, mimi, acrobati, coristi, e con una scenografia che si ispira al Globe Theater di Shakespeare (opera di Dick Bird) e con bellissimi costumi disegnati da Clancy.
E se “Falstaff” è l’ultimo capolavoro di Verdi e la terza delle sue opere shakespeariane, è anche la sua unica opera buffa, che trova espressione e rappresentazione in un quadro di disincantata allegria. L’opera di Verdi debuttò il 9 febbraio 1893 alla Scala di Milano, riscuotendo un successo trionfale. A Venezia, al Teatro La Fenice, è stato grande l’apprezzamento da parte del pubblico per “Falstaff” e per l’encomiabile cast, e le ovazioni per il direttore d'orchestra Myung-Whun Chung, il regista Adrian Nobile e Nicola Alaimo.