Da qualche anno si sente parlare di scuola senza voto e un esempio importante a riguardo è sicuramente dato dal Liceo scientifico Morgagni di Roma che da circa sette anni porta avanti questa nuova modalità di fare scuola. Rispetto a questi progetti che pian piano stanno prendendo vita anche in altre parti d’Italia, sul web e non solo, si sono scatenate polemiche da parte di persone contrariate rispetto a questo nuovo approccio alla scuola.
“Nella nostra scuola senza voti gli studenti non studiano per il 6 ma per il gusto di studiare” ha detto Enzo Arte.
Leggendo le parole “senza voto”, probabilmente in molti immaginano una scuola in cui bambini e ragazzi sono liberi di non impegnarsi nello studio, di fare ciò che vogliono e dove gli insegnanti non strutturano un programma didattico e non preparano verifiche scritte e orali. Questo fraintendimento è purtroppo molto spesso generato da quello che viene definito “analfabetismo funzionale”, ovvero l’incapacità di utilizzare efficacemente, tra le altre cose, le abilità di lettura e quindi l’inettitudine a comprendere, valutare e utilizzare le informazioni che si ottengono nella propria quotidianità.
Andando ad approfondire il concetto di “scuola senza voto” si può comprendere che il principio base di questo nuovo modo di pensare la scuola consiste nell’accompagnare l’allievo attraverso una riflessione sul suo percorso scolastico, sui progressi compiuti, sugli errori a cui porre attenzione per migliorarsi. Il voto, parlando di sistema scolastico italiano, è comunque previsto alla conclusione del quadrimestre e alla fine dell’anno. Quello che fa la differenza è la modalità di fare didattica e come ciascun allievo raggiunge i suoi obiettivi.
Molte, troppe persone sono ancorate ad un concetto di scuola che genera ansia, inquietudine e che in molti casi porta nei soggetti poco motivati all’abbandono scolastico e in quelli fragili, nel peggiore dei casi, anche al suicidio.
Una scuola senza voto, però, non ha l’obiettivo di generare studenti incapaci di gestire emozioni come il senso di frustrazione o senso di sana competizione, tutt’altro! Questo nuovo modo di concepire la scuola aiuterebbe le nuove generazioni ad avvicinarsi allo studio con maggior serenità e con quell’istinto con cui tutti nasciamo e che è rappresentato dalla curiosità, nella fattispecie, dalla curiosità di conoscere.
Ogni individuo è unico e questa unicità è rappresentata da differenti tempi di apprendimento, da diverse attitudini e modalità di affrontare la realtà anche a livello emotivo. Una scuola senza voto, basata sui principi summenzionati, formerebbe generazioni più consapevoli, più motivate e di conseguenza anche più forti a livello emotivo. Perché tutto ciò avvenga è necessario che gli adulti facciano un grande salto mentale e che non solo comprendano e accettino un nuovo modo di vedere, vivere e fare scuola ma che se ne facciano anche promotori. Si ha bisogno di una scuola che appaghi le esigenze cognitive ed emotive di ciascuno dei nostri bambini e ragazzi i quali, in futuro, potranno divenire adulti in grado di generare un mondo migliore.