Ci è facilissimo accettare l’idea di una connessione digitale wireless, ma se eliminiamo la componente tecnologica dal discorso e iniziamo a parlare di onde e di energia sembra di entrare immediatamente nella dimensione esoterica e buona parte degli interlocutori si perde.
Sarebbe bello se bastasse dire che siamo immersi in flussi di informazioni portate in giro per l’universo dalle onde elettromagnetiche per far capire che tutto è connesso, eppure facciamo fatica ad accettarlo. Rifiutiamo l’idea di essere noi stessi antenne, recettori ed emittenti di un flusso costante di vibrazioni, e per questo ci dimentichiamo di essere connessi a prescindere da strumenti tecnologici esterni costruiti da noi, e di avere nel nostro corpo altrettanti strumenti, forse non strepitosamente sensibili, ma sicuramente sufficienti per vivere ed essere felici. Il fatto di possedere uno smartphone o di pagare un fornitore di connessione internet ci distrae dalla consapevolezza di essere naturalmente in grado di recepire ed emettere informazioni.
Probabilmente facciamo fatica ad accettarlo o a ricordarlo perché non cerchiamo la risposta alla domanda: perché? A quale scopo essere connessi? Ogni cosa ha un senso per noi solo se ha uno scopo, e se capiremo il senso e lo scopo di quella connessione allora forse ci sarà tutto più chiaro.
Non è necessario essere esperti nelle scienze biologiche per considerare come assunto di base il fatto che ogni essere vivente intorno a noi possiede almeno uno strumento in grado di captare informazioni dall’esterno. Per restare semplici possiamo dire che noi umani abbiamo almeno cinque sensi, diversamente sviluppati, e sappiamo anche che altri animali hanno gli stessi organi di senso, ma sensibili e raffinati in maniera differente rispetto ai nostri.
Accettiamo, dunque, che un cane possa fiutare odori e sentire suoni che noi assolutamente non siamo in grado di percepire. Non ci è dunque così impossibile capire che là fuori c’è un mondo pieno di sorgenti di stimoli e di informazioni a cui noi, con gli strumenti di cui siamo dotati, non abbiamo accesso.
Il mondo che ci circonda è un’immensità di dati che noi non avvertiamo, perciò non li possiamo né elaborare né comprendere. Se però, per fare un esempio, osserviamo il nostro cane che si mette in allerta e punta il naso in una precisa direzione, possiamo attivare la nostra attenzione e guardare nella direzione giusta per identificare la sorgente di un segnale olfattivo (che per noi rimarrà misterioso). Se la nostra attenzione e il nostro sguardo sono rivolti al cane e ci troviamo quindi connessi con lui attraverso l’organo di senso della vista, possiamo usare il suo naso come estensione e amplificazione del nostro sistema sensoriale. La nostra connessione con il cane ci porta ad avere informazioni che senza il cane non avremmo avuto.
Cosa succede se proviamo a generalizzare questa dinamica? Se tutti gli esseri viventi sono dotati di strumenti per comprendere il mondo intorno a loro, e noi possiamo connetterci con un altro essere vivente, facendolo possiamo utilizzare i suoi strumenti per aumentare la comprensione del mondo intorno a noi.
E cosa succede allora se abbiamo il coraggio di espandere questa possibilità in tutte le direzioni? Ogni essere vivente intorno a noi ci porta una conoscenza del mistero e della meraviglia di tutto ciò che ci circonda. A dirlo così sembra ovvio, eppure nessuno si comporta nella propria vita quotidiana ricordandosi di questa ovvietà.
La maggior parte degli umani non prende nemmeno in considerazione che questo possa esistere veramente, manifestarsi ovunque continuamente, ed essere alla portata di tutti. Eppure attraverso l’osservazione noi possiamo cogliere manifestazioni di come gli altri esseri viventi agiscono e reagiscono al mondo nel quale sono immersi, e attraverso il contatto attiviamo uno scambio di energie sottilissime ma di grande potere. Senza la necessità che noi ne siamo coscienti le nostre cellule raccolgono informazioni preziose al punto da modificare il loro stato e il loro comportamento.
Quello che si manifesta in modo grossolano tra noi e il cane avviene anche nella dimensione microscopica e per quanto ci costi ammetterlo, le piante sono maestre in questa attività di scambio. Sanno farlo così bene perché sanno. Nella loro immobilità ascoltano tutto. Sono dotate di sensibilità per noi inimmaginabili e, a differenza nostra, si danno il tempo si sentire, potremmo dire che non smettono mai di prestare attenzione.
L’immobilità che a noi appare un intollerabile limite è il modo migliore per percepire, per captare, anche i segnali più sottili. Dovrebbe farci riflettere il fatto che abbiano popolato il pianeta milioni di anni prima degli animali e siano sopravvissute a molte evoluzioni ed estinzioni. Sono antenne ricetrasmittenti che comunicano costantemente con tutto il resto. Assorbono e condividono il loro sapere con tutti, hanno strumenti per recepire e capacità di elaborare informazioni che esprimono in molte forme diverse, e se noi ci diamo il tempo di stare, fermi, in silenzio, e in contatto, possiamo avervi accesso.
Sono informazioni che arrivano a diversi stadi di profondità del nostro essere, da quelli puramente energetici attraverso le onde elettromagnetiche, attraverso sostanze chimiche ed esperienze fisiche sensoriali, fino ai livelli ancora più sottili dell’intuito e dell’ispirazione. Dipende dalla nostra predisposizione all’ascolto e dalla nostra sensibilità innata o allenata.
La quantità e la qualità delle informazioni che possiamo ricevere ed elaborare dipende quindi dall’intensità della nostra connessione. Se il rapporto con il nostro cane è superficiale e tendiamo ad ignorare i suoi comportamenti, per quanto lui esprima una reazione, porti dunque un messaggio in merito a ciò che circonda entrambi, potremmo non comprendere nulla. Se invece il legame con il nostro compagno animale è profondo e magari vitale, saremo probabilmente in grado di cogliere nel suo atteggiamento molte informazioni aggiuntive. Più siamo vicini e disposti all’ascolto maggiore è la connessione e più chiara la comunicazione. Esattamente come per i nostri super tecnologici wi-fi, anche le connessioni tra esseri viventi possono essere scarse e piene di disturbi e interferenze oppure intense, velocissime ed efficaci.
La domanda è quindi: perché? A cosa serve tutto questo? Ebbene, serve a sopravvivere. Senza scambio, senza comunicazione, senza nutrimento, senza reciprocità, senza alternanza, senza collaborazione, semplicemente, si soffre.
Più è ampio il flusso di scambio maggiore è la vitalità. La vita è la manifestazione dell’energia e per mantenersi viva deve essere connessa ad altra energia. Per questo le forme di vita sono naturalmente dotate di sistemi, strutture e capacità per essere connesse tra di loro, e diventare gangli di un network di circolazione di energia e informazioni grande come il pianeta (almeno). Ogni volta che nella nostra vita creiamo una barriera, un filtro, un taglio, una distanza, tra noi e il resto di ciò che è vivente, perdiamo un po’ della nostra capacità di ricaricarci. E togliamo anche agli altri esseri viventi l’opportunità di avere la nostra energia a disposizione per coltivare la rete.
L’aver dimenticato quanto ciò che ci circonda sia nutrimento essenziale per noi ci ha portato ad ignorarlo, trascurarlo, distruggerlo. L’aver sottovalutato il nostro potere, il nostro peso, il nostro ruolo nell’insieme delle relazioni ci ha fatto credere di poter fare a meno della vita tutt’intorno, e che la nostra vita sia solo nostra.
Se invece, in qualche modo (ognuno il proprio) riuscissimo a credere, accettare, e comportarci di conseguenza rispetto alla nostra possibilità di entrare in connessione, per esempio, con un animale domestico, ampliando così la nostra sensibilità e la nostra consapevolezza attraverso di lui, allora si aprirebbe un varco anche verso la fiducia di essere potenzialmente in grado di connetterci con l’albero del nostro giardino, e da lì ampliare ed estendere la lista delle forme di vita con le quali scegliere di “entrare in collegamento” per poter comunicare e scambiare informazioni.
Giocare ad ampliare quell’elenco ci consente di avere accesso a fonti di energia vitale, metodi di guarigione, stati di benessere e a conoscenze ancora inimmaginabili. La scienza e la tecnologia ci stanno lavorando, e anche la filosofia e la spiritualità sempre più spesso si muovono per indagare queste dinamiche che attivano in noi il desiderio di sapere e sperimentare, l’intuito, la fiducia, l’immaginazione, lo studio, la ricerca, la creatività, la curiosità.
Per molti ampliare la propria conoscenza è una missione, per altri un appagamento, per altri un lavoro. Sta di fatto che se oltre ad affidarci solamente alle umane possibilità, o ancor peggio solamente ai dati raccolti ed elaborati da strumenti di tecnologia artificiale, ci connettessimo a quella rete di comunicazione che già esiste tra noi e ciò che ci circonda che si chiama Natura, aumenteremmo di molto le nostre capacità e possibilità. In ogni direzione. È una rete che si è perfezionata in milioni di anni di tentativi, fallimenti e successi, e potremmo fare lo sforzo di ammettere che quando siamo arrivati noi umani, era davvero meraviglioso il risultato di questo lavoro di costruzione di un insieme di singolarità interconnesse.
Ed è attraverso questa consapevolezza che dovrebbe diventare spontaneo, finanche necessario, coltivare quella rete e prendercene cura, riconoscerne il valore, studiarne le dinamiche, osservarne i comportamenti, proteggerla, apprendere soluzioni e mantenere attivo e fluido e frequente il contatto, perché essere in connessione con la vita è l’unico modo che abbiamo per poter conoscere ciò che cerchiamo e ancora non comprendiamo.