Vittorio Sandri potrebbe essere l’amico di penna del liceo di un tempo, quando i contatti con il mondo esterno, quello lontano e un po' alternativo, arrivavano solo da lettere manoscritte, scambi epistolari creati da reti di amici o nati da brevi incontri delle vacanze estive.
Nel senso stretto della parola: non l’ho mai incontrato di persona, ma ci siamo sempre e solo scritti, prima nella veste di curiosi e omonimi autori sulle pagine dello stesso giornale online (FerraraItalia oggi Periscopio), poi per interessi comuni e, da ultimo, e soprattutto, per il libro L’Educazione di Giulia che ha pubblicato, nel 2022, con Faust Edizioni, casa editrice ferrarese. Un felice esordio.
Ho avuto il privilegio di leggerlo in anteprima, ossia prima che il testo fosse edito, anche se la rilettura successiva mi ha portato a volervene parlare. Perché volevo capire qualcosa di più, prima, soddisfare alcune curiosità personali, e confrontarmi quindi con l’autore.
Una piccola premessa: Vittorio Sandri è nato e cresciuto a Ferrara, dove si è diplomato al Liceo Classico Ludovico Ariosto, ha studiato Scienze Politiche a Bologna e ha ottenuto il Diplôme international presso l’Institut d’études politiques (Sciences Po) di Parigi e la Maîtrise en science politique, all’Università Paris-Nanterre.
Già il liceo e la vita parigina ci accumunavano, oltre alla passione per la scrittura e la lettura. Era l’amico di penna ideale. Il romanzo di cui vi voglio parlare è poi ambientato a Roma (con qualche excursus milanese), altro elemento che ci avvicina, essendo io romana di adozione. Riconosco tutti i luoghi in cui i protagonisti della storia, Marco e Giulia, si ritrovano a passeggiare. Alla mia domanda sul perché Roma, Vittorio mi ha risposto che, oltre a essere la città più bella del mondo (come dargli torto), Roma è la sua vita non vissuta, la possibilità, il punto interrogativo che lo accompagnerà per sempre, la sua personale domanda senza risposta (almeno per il momento). Forse quella stessa domanda di Marco, rimasta a lungo senza risposta. Sarebbe stata possibile un’altra vita diversa da quella vissuta? Come sarebbe andata se avessimo percorso un’altra strada? Un po' le sliding doors che ci portano in una direzione piuttosto che in un’altra. Una scelta, una debolezza, l’indecisione, l’incertezza, il dubbio o il caso, poco importa, spesso si va dove non si vorrebbe o invece si va dove si vuole per rendersi poi conto che sarebbe stato meglio andare altrove.
Marco non dimentica Giulia, da quei tempi giovanili di un incontro imprevisto fuori dal cinema, Giulia bellissima, dagli occhi verdi, capelli castani, quasi rossi, la voce leggermente roca, bassa, sensuale e un immancabile impermeabile blu. Magnetica, sorprendente, imprevedibile e spesso indecifrabile. Ombrosa e divertita, complice e distante allo stesso tempo, ma sempre unica. Rara come solo certe perle possono esserlo.
Siamo a Roma, quando inizia il racconto, una sera di aprile come tante e un uomo di successo che rientra a casa in un elegante appartamento del centro città. Ha tutto, benessere, successo, una moglie bella e colta, ma è tormentato da voci del passato mai dimenticato, un passato non concluso, un segreto solo suo.
Eppure lo sa: bisogna avere la capacità di riconoscere la finzione dalla realtà, smettere di negare l’evidenza, lasciarsi alle spalle quello che non si riesce più a gestire per non rischiare di dovere buttare via anche tutto il resto, tutto quanto si è guadagnato e che ci rende, tutto sommato felici; è necessario salvarsi avanzando anche nelle difficoltà, per poi guardarsi indietro e ritrovarsi, inaspettatamente, vincenti. Chiedersi “cosa sarebbe stato se” non avrà presto alcun senso e valore. Ma arrivarci richiede tempo e volontà. Ricordi da custodire gelosamente sì, ma per rinascere, per capire che, alla fine, non si è poi sbagliato troppo.
Si tratta di un tentativo di conciliare il passato con il presente, la passione con la ragione, di mettere la parola fine a dubbi e storie che si protraggono da troppo tempo, di mettere un punto e a capo, di dimostrare che ciò è realmente possibile. Di capire se è presenza o assenza. Di scontrarsi con il dilemma libertà o gelosia.
Tutto questo mentre le pagine scorrono leggere sulla città, sul lavoro e sui viaggi, come quello tanto sognato di Marco ad Amsterdam che ricorda gli sterminati percorsi in treno degli anni ’90, quando l’interrail era il vero e unico modo per comunicare con ragazzi di altre nazioni, spesso in un inglese improvvisato e masticato, di vivere altre esperienze che la tecnologia oggi ci offre invece più facilmente e comodamente.
Il libro, nato nel silenzio intimo della notte, è un po' lento, dico a Vittorio, che ammette di amare molti scrittori “lenti” come De Carlo, Pavese, Bassani, che parlano molto con sé stessi nello scrivere. E poi non dimentichiamo che Vittorio oggi vive a Cork, in Irlanda, approdatovi un po' per caso, e rimasto perché ama l’aria dell’Oceano. E che il percorso di Marco è quello di trent’anni.
Festina lente, avrebbero detto i latini. Il messaggio è quello.