Lo storico e biografo Caio Svetonio Tranquillo (circa 70-130 d.C.), più noto semplicemente come Svetonio, letterato di rango equestre ed autorevole funzionario imperiale durante gli ultimi anni di regno di Traiano (98-117 d.C) e nei primi anni di Adriano (117-138 d.C.), costituisce una delle principali fonti informative in merito alla figura di Nerone (54-68 d.C.), oggetto della Vita di Nerone, facente parte delle Vite dei dodici Cesari, come viene popolarmente chiamata l’opera svetoniana De Vita Caesarum, che copre cronologicamente lo spazio compreso tra Giulio Cesare (100-44 a.C.) e Domiziano (81-96 d.C.), offrendo così un’interessante miniera di fatti e curiosità sui vari personaggi della Dinastia Giulio-Claudia e della successiva Dinastia Flavia.

Tra le altre notizie, Svetonio riferisce che l’Imperatore Nerone introdusse per primo a Roma, nel 60 d.C., i Giochi quinquennali denominati Neronia, celebrati per la seconda volta nel 65 d.C., e suddivisi, secondo il modello dei Giochi Olimpici dell’antica Grecia, in tre parti, riservate, rispettivamente, agli agòni musicali, alle gare atletiche ed alle competizioni equestri.

Questa importante innovazione nel campo dei Ludi e degli Spectacula (i “Giochi” e gli “Spettacoli” pubblici dei Romani) risulta testimoniata anche dalla monetazione dell’epoca: ad esempio, uno splendido semis, semisse o semi-asse, di rame/bronzo (cfr. immagine della moneta, proveniente da collezione privata) del peso di circa 4,35 grammi per 2 centimetri di diametro, databile intorno al 64 d.C., riporta al dritto il ritratto del Princeps con testa “laureata” (cinta da corona di alloro) e legenda che sintetizza i titoli e le cariche (NERO CAE AVG IMP: Nerone Cesare Augusto Imperatore).

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Mentre al rovescio viene raffigurata una sorta di tabula lusoria, da intendere come tavolo sul quale erano esposti i premi dei Neronia (si riconosce, in particolare, la corona della vittoria ed un vaso da assegnare ai vincitori delle gare e dei giochi), ai quali si riferisce l’iscrizione CERT(amina) QVINQ ROM CON(stituit), che ricorda come Nerone “istituì i Giochi quinquennali di Roma”; presenti, infine, le iniziali SC ad indicare l’emissione monetaria ex Senatus Consulto (“per decreto del Senato”, che controllava ancora la coniazione ènea).

I Giochi e gli Spettacoli dei Romani non erano semplici svaghi, intrattenimenti e divertimenti pubblici di carattere marginale, ma rappresentavano un elemento centrale della stabilità di governo dell’Impero e della pace sociale: il buon umore ed il consenso del popolo erano infatti assicurati essenzialmente da due fattori di concordia: annona et spectaculis, le distribuzioni di grano (assegnazioni di razioni alimentari) e gli spettacoli, ovverosia, come diceva il poeta satirico Giovenale (circa 55-140 d.C.), panem et circenses, il pane e il circo.

I romani, sia ricchi che poveri, disponevano all’epoca di Nerone di una vasta gamma di spettacoli pubblici, fruibili essenzialmente in tre luoghi: il circo, la lunga struttura ellittica riservata alle corse dei carri, come il Circo Massimo, il più grande (ma non l’unico) di Roma, situato nell’avvallamento tra il Palatino e l’Aventino su una vasta area che poteva contenere fino a 150 mila spettatori; l’anfiteatro, di forma cilindrica e circolare, che ospitava l’arena dei combattimenti tra gladiatori, scene di caccia a belve feroci, rievocazioni di battaglie navali previo allagamento (naumachiae), come l’Anfiteatro Flavio (Colosseo), capace di 70/80 mila spettatori; il teatro, struttura semicircolare dove si poteva assistere a rappresentazioni drammatiche, musicali e coreografiche, come il Teatro di Marcello (circa 13 mila spettatori) e il Teatro di Pompeo (circa 12 mila spettatori), situati nel Campo Marzio.

Ancora prima dei Neronia, già nel 59 d.C., dopo l’assassinio della madre Agrippina, Nerone presentò due grandi Giochi, entrambi nuovi nella storia dello spettacolo romano: i Ludi Maximi, Giochi denominati “massimi” per celebrare l’eternità dell’Impero ovvero la salvezza dell’Imperatore che, minacciato dalle trame della madre ed in seguito alla morte di quest’ultima, festeggiava pubblicamente lo scampato pericolo. I Ludi Iuvenalium, Giochi della Gioventù, anche detti, più brevemente, Juvenalia, che celebravano un particolare rito di passaggio, una cerimonia di carattere privato: il primo taglio della barba del ventunenne Nerone e la relativa dedica in offerta votiva a Giove Capitolino.

Lo stesso Princeps concorreva nelle diverse competizioni, avendo maturato nel tempo un’evoluzione artistica che gli consentì la transizione dalle iniziali esibizioni private, poste in essere da dilettante, alle successive esibizioni pubbliche, realizzate ormai da professionista del palcoscenico e dell’ippodromo.

Nerone, infatti, fin da ragazzo aveva coltivato una grande passione soprattutto per la musica e le corse dei carri: subito dopo l’accesso al trono nel 54 d.C., avviò un intenso programma di studio della citharoedia, la “citarodia” o canto narrativo accompagnato dal suono della cetra, strumento musicale caro al dio Apollo, spesso rappresentato anche nella monetazione dell’epoca (al rovescio di alcune serie emesse dal 62 al 68 d.C. compare Apollo “citaredo” in chitone fluente con la cetra nella mano destra, figura interpretabile anche come Nerone in veste di Apollo); nel 59 d.C., Nerone cantò per la prima volta in pubblico sulla scena dei suoi Juvenalia privati, nel 64 d.C. si esibì a Napoli cantando in greco e nel 65 d.C. gareggiò trionfante nei Neronia a Roma; parallelamente, anche la sua carriera di auriga passò da semplici esercitazioni private alla prima partecipazione pubblica ad una corsa dei carri organizzata in un circo nel 64 d.C.

L’esperienza artistica di Nerone fu ulteriormente coronata nel 66 d.C., allorquando l’Imperatore si dedicò ad una spedizione in Grecia, la peregrinatio Achaica, un viaggio ed una visita di circa un anno (fino al 67 d.C.) in terra ellenica, finalizzati a partecipare al circuito dei Giochi come concorrente ormai esperto nelle diverse specialità di gara; infatti, suo scopo dichiarato era gareggiare nelle sei grandi competizioni atletiche ed artistiche dell’epoca, quali erano le Olimpiadi a Olimpia, i Giochi Nemei ed Erei ad Argo, i Giochi Istmici a Corinto, i Giochi Pitici a Delfi, i Giochi Aziaci a Nicopoli; pertanto, il decantato “filellenismo” di Nerone non sfociò in alcun pellegrinaggio ad Atene e a Sparta per approfondire la conoscenza della cultura greca, ma si limitò ad una prolungata presenza nei siti dei vari festival per la partecipazione ai diversi Giochi.

Scrive infatti Svetonio:

Soprattutto ambiva alla popolarità...Si diffuse l’opinione che dopo aver riportato le corone per le vittorie teatrali avesse in animo di gareggiare con gli atleti alle Olimpiadi del prossimo lustro...Dato che già era stimato pari ad Apollo nel canto e al Sole nella guida dei carri, aveva deciso di imitare anche le imprese di Ercole.

Per tradizione, il culmine delle imprese sportive era rappresentato dai Giochi Olimpici che furono celebrati per la prima volta nel 776 a.C. in onore di Zeus ad Olimpia, nel Peloponneso; con il passare dei secoli, le originarie corse a piedi e gare di lotta furono affiancate da diverse nuove prove, quali le corse di cavalli e di carri, il lancio del disco e del giavellotto, il pugilato, il salto in lungo ed altre competizioni che contribuirono ad allungare il programma agonistico da uno a cinque giorni; le Olimpiadi venivano regolarmente celebrate ogni quattro anni nel pieno dell’estate e, a partire dal III secolo a.C., furono il punto di riferimento principale per scandire l’intera cronologia greca.

Al fine di favorire Nerone, il primo Imperatore in carica a visitare la Grecia dai tempi di Augusto, le Olimpiadi del 65 d.C. furono rinviate di un anno, per la prima volta in otto secoli, e furono spostate dall’estate all’autunno, per consentire la partecipazione del Princeps che arrivò in Grecia ai primi d’autunno dell’anno 66 d.C. accompagnato da un grande e variopinto seguito; inoltre, alle gare atletiche furono aggiunte, per la prima volta, competizioni artistiche, quali il canto e la recitazione, che agevolavano ulteriormente l’illustre concorrente.

Le fonti storiche hanno tramandato il ritratto di un Imperatore che credeva nel proprio talento e che pensava di rappresentare Roma cantando, recitando e gareggiando con serietà e rigore sulla scena e nel circo davanti a migliaia di sudditi, al pari di un generale che ricercava la gloria in una campagna militare.

Per quanto ovvio, non possiamo dubitare che l’Imperatore vincesse qualunque gara: gli avversari, i giudici e gli spettatori del pubblico venivano sempre persuasi - con lusinghe, minacce e denaro - ad assecondare il trionfo di Nerone; si racconta, per esempio, che durante una corsa rischiosa egli cadde dal suo carro, ma la giuria greca che sovrintendeva ai giochi gli concesse ugualmente la corona della vittoria, ricevendo in contropartita una ricca ricompensa in sesterzi, in deroga alla tradizionale gratuità dell’incarico.

Nerone si suicidò l’11 giugno del 68 d.C. e, nel congedarsi, pronunciò la famosa esclamazione finale: Qualis artifex pereo! (Quale artista perisce con me!), frase che ben si adatta alla figura di un Imperatore che aveva sempre ed ardentemente desiderato essere protagonista e primo attore, così come risulta testimoniato sia da tanti episodi della sua breve ed intensa vita, sia anche dal drammatico epilogo.