La vertigine potremmo anche chiamarla ebbrezza della debolezza.
Ci si rende conto della propria debolezza e invece di resisterle
ci si vuole abbandonare a essa.(Milan Kundera)
Svitlana: un’artista che mi sorprende sempre. I suoi cambi improvvisi di registri espressivi, tecniche, stili. Eppure, è sempre lei, presente, trasparente nella sua insondabile profondità; nelle sue fabulae coloratissime come in pochi tratti neri sul bianco della tela. E ora con questa luce che mostra la pittura quale lusso dell’anima, quale photofania ricca di un raro carisma: quella “sprezzatura” di cui parlava Roberto Calasso nel suo Rosa Tiepolo, cioè quella sintesi dinamica e quasi impalpabile tra eleganza, disinvoltura, onirica consapevolezza e leggiadria.
Finalmente una pittura benianamente traboccante una sensazione totale, assoluta; un’arte fluida tra i generi, che spezza ogni mortifera distinzione di genere.
Un’arte che ci parla del mistero dell’arte: il suo esser flusso mai iniziato e mai concluso, dimensione interstiziale, liminale, allucinazione del corpo e corpo quale dispiegamento musicale e allucinatorio. “Sensazionale” in senso letterale, tecnico, corporeo. Attraverso una sua implicita reinvenzione del naif, che qui diviene ora “forma formante” universale, flusso inconscio Svitlana vince il peggior nemico della bellezza, oggi purtroppo dominante: il kitsch con le sue serialità e le sue ipocrisie. In Svitlana cogliamo con gioia la potenza dell’ingenuità e della freschezza quale sguardo aurorale, edenico, capriolante, spiraleggiante.
Una pittura che possiede la concretezza fisica del sogno, la sua invincibile credibilità.
Non conosco altra pittura che sappia stare all’altezza di quel capolavoro che è l’Insostenibile leggerezza dell’essere di Milan Kundera; “leggerezza” qui riscattata sulla tela nel senso della psicostasia egizia E quale corpo di luce, terra aerea, orizzonte che ti guarda, equilibrio che ti abbraccia ma ti lascia libero.
Il lieve passo del sogno, che è divino caso e magica necessità.
Per comprendere questa pittura occorre pensarla chiudendo gli occhi, per farsi da essa vedere, per lasciarla in noi respirare.
Quando hai iniziato a dipingere?
Prima di pensare alla pittura, avevo otto anni quando la mamma portò noi due sorelle gemelle ad un parco di giochi appena costruito nella città di Sumy, in Ucraina. Nel parco c’erano i castelli, all’entrata c’era un gigantesco gatto con gli stivali che si inchinava davanti a noi togliendosi il capello, le giostre, mai viste prima, e lì in mezzo al parco un laghetto con i cigni dove c’era una barca di legno con dentro un cinema ed un’esposizione di disegni e dipinti dei ragazzi. Io entrai in quello spazio fantastico e vidi tutti i disegni appesi ai muri e rimasi colpita da un disegno in particolare che rappresentava un bicchiere disegnato con i chiaroscuri e le ombre e riflessi, e lì mi fermai a guardare per lungo tempo, perché in quel momento mi resi conto che disegnare in generale è qualcosa che ha una certa complessità, profondità, qualcosa che io non ho mai pensato prima di poter fare, perché mia madre sempre ci portava a vedere le mostre d’arte o semplicemente ci mostrava sui libri d’arte i grandi maestri come Raffaello o Tiziano, come Malevic o Natal’ja Goncarova.
Per me era meraviglioso da vedere, ma ancora impossibile comprendere la complessità di quei dipinti, invece, quel disegno esposto sulla barchetta, aveva una misura e una semplicità comprensibile per me e quindi per la prima volta pensai che anche io potessi imparare disegnare così.
Ma la vita in Ucraina in breve tempo cambiò e tutto il Paese entrò nella miseria, nella corruzione e nell’inflazione. Il parco diventò una fogna, la vita dura e pericolosa mi costrinse a pensare di andarmene via e all’età di 17 anni per un vero miracoloso avvenimento riuscii a venire in Italia.
Un giorno passeggiando a Milano mi trovai davanti all’Accademia di Belle Arti di Brera; sentii che sarebbe stato un sogno se avessi potuto studiare in questa meravigliosa struttura.
Nel 2000 tornai in Ucraina e per la paura di uscire fuori mi rinchiusi in casa e dopo un po’ di tempo comprai una tela e colori ad olio, giusto per passare il tempo, mi misi a dipingere per prima volta cercando di raffigurare una scena sul mercato che avevo visto poco prima, dove c’erano due vecchie signore povere di circa 90 anni, buttate fuori di casa che si erano messe a litigare per una bottiglia vuota che si poteva comprare per due lire. Questo fu il primo soggetto che dipinsi e poi un ritratto di mia nonna e così scoprii di poter dipingere e che la pittura mi era stata rivelata in un modo davvero misterioso. Tornai in Italia e mi iscrissi all’Accademia per studiare pittura e scultura.
Che evoluzione ha avuto la tua arte?
Partendo dalla copia dal vero, e in seguito da diversi disegni e prove, ho studiato la forma, ho capito cosa siano la composizione e il disegno e sono arrivata ad analizzare il colore in sé, tenendo conto delle particolarità delle combinazioni di nuove tonalità e colori prese in prestito da me dagli impressionisti. Così cominciai a studiare i colori delle ombre. Poi cominciai a pensare anche al concetto di contemporaneità e come può essere definita l’arte contemporanea.
Ad oggi il concetto di sublimazione (riduzione), l’ascetismo nella quantità del colore sulla tela mi interessa in particolare, cioè la sintesi della pittura, come ho potuto vedere in alcune opere di divisionisti o puntinisti che mi hanno aiutato a respingere il concetto di contrazione e ad andare oltre.
L’evoluzione nella pittura nel mio caso è nel trovare la semplicità nel gioco di luce sulla tela usando la qualità minima di colore necessario e allo stesso tempo creare un’immagine in una combinazione di colori completi. Riduzione della pennellata fino ad arrivare un tratteggio di ritmo nella direzione ortogonale lasciando uno spazio bianco “d’aria’’ tra due pennellate di colore con la pratica concettuale dell’ascesi.
Che rapporto c'è tra la tua arte e la tua vita?
Credo che l’arte e la mia vita vadano come in un'opposizione binaria.
Che artisti ami?
Potrei nominare un elenco infinito di artisti che amo, dalla pittura fiamminga, i manieristi, l’arte barocca, i divisionisti, gli impressionisti, alla pittura contemporanea dove stimo in particolare Eric Fischl, Jeff Koons, Peter Doig, Neo Rauch, Cecile Brown, Glenn Brown, George Condo, Rudolf Stingel; loro sono gli artisti di oggi che attraverso lo studio dell'arte classica e del disegno accademico sono riusciti a trovare il proprio modo di esprimere l’arte.
Perché ti richiami al Divisionismo?
Credo che nella pittura di divisionisti e puntinisti ci sia un elemento che chiamo sublimazione, la frammentazione dello spazio, dove io, a mia volta, ho trovato una sintesi e ho saputo semplificare il tratto ad unità elementari.
Il disegno, questo dimenticato, ha ancora senso oggi? Che autonomia esprime come arte?
Credo che il disegno per l’arte e la pittura ne sia ancora le fondamenta, come uno scheletro in ogni dipinto e in ogni forma, tanto nel caso possa essere cancellato dai colori e dalle forme sovrapposte, quanto evidenziato con un tratto visibile; per fare un esempio, artisti George Condo o Glen Brown utilizzano il disegno come base per l’intera opera. Il disegno è l’inizio del lavoro artistico e anche completa il lavoro digitale nella nostra epoca. L’approccio al disegno accademico è cambiato, il formato e la forma sono cambiati, ma “Punto e linea nel piano” di Kandinsky è sempre attuale anche al giorno d’oggi.
Che rapporto tra arte e sogno e libertà?
L’arte è l’incarnazione della fantasia. Invece la fonte della libertà e il sentimento di libertà provengono da un sogno e dalla sua realizzazione, e il desiderio di realizzare un sogno, a sua volta, è la strada verso il futuro di nuove conoscenze e l’acquisizione di nuove conoscenze lo rende possibile per realizzare un sogno. Il raggiungimento dell’obiettivo e la realizzazione dei desideri è essenzialmente libertà. L’ignoranza genera paura e la paura è come una prigione psicologica, la reclusione.
La tua è una pittura femminile o un fatto-atto spirituale, che supera questa dimensione?
Io credo che nella pittura e nell’arte non ci sia differenza di genere tra i sessi. Le opere d’arte realizzate da un uomo o da una donna non dovrebbero intaccare la forza dell’opera, e se io sento l’espressione ‘l’arte femminile’, allora nella mia testa sorgono immediatamente un conflitto di interessi e un’associazione con il sesso debole, fragile come un fiorellino. Penso che l’arte sia una specie di scienza e che la scienza abbia un carattere androgino. L’arte per me è androgina.
Ucraina, oggi.
C’è una feroce guerra in corso nel mio Paese oggi. Io come artista, non riesco a trovare parole o immagini per trasmettere e mostrare l’orrore di questa guerra che provo. Tabula rasa.
Silenzio signori, fate molto rumore, non riesco sentire il pianto al confine. Il suono dell’eterno conflitto sulla terra che si trasforma in un inno.