Una fotografia deve avere dietro di sé un pensiero; c’è sempre un rapporto emotivo con la realtà che si osserva.
E di pensieri Letizia Battaglia ne aveva molti – sul sociale, sui bambini, le ingiustizie, la sofferenza, il dolore, la morte, ma uno in particolare: la lotta alla mafia.
Siciliana, nata a Palermo il 5 marzo 1935, Letizia Battaglia è stata la più grande fotografa italiana, e una delle più importanti della scena internazionale.
Il suo impegno sociale, professionale e ovviamente artistico, è l’accurato frutto delle sue immagini, è il suo occhio che ha immortalato storie, vicende, fatti e accadimenti della Sicilia e di un tempo drammatico in cui si viveva sotto il piombo della mafia. Proprio per questo Letizia Battaglia è un simbolo internazionale nel mondo, una figura eroica, una paladina nella difesa dei diritti umani, contro la criminalità delle mafie.
Letizia Battaglia è morta ieri notte a 87 anni, nella sua ultima battaglia, in quella che la consacrerà, in quanto meritevole di tributi istituzionali, e di riconoscimenti di valori e di giustizia contro tutte le mafie, contro gli abusi e le disuguaglianze, i soprusi e le violenze. In quanto lei c’era sempre. Nei fatti criminali, anche i più sanguinosi, lei scattava e immortalava, riprendeva e con la sua macchina fotografica colpiva. La mafia aveva una grande antagonista in lei, una forza superiore dell’ordine, una potenza dell’immagine che veniva veicolata in tutto il mondo, che non lasciava spazio ad ambiguità. Era la sua fotografia. La fotografia di Letizia Battaglia. E che fotografia. I suoi racconti in bianco e nero restano nella nostra memoria, fissi e constanti, come segni indelebili. Tracce di una memoria, o l’ordine di un discorso, nell’ impegno civile e democratico, e di una presenza insostituibile. Letizia Battaglia o la forza di una missione per la sua gente, per la sua città, Palermo, e per il suo Paese, l’Italia, contro le mafie. Dai primi passi quando dal 1974 al 1991 dirige il team fotografico del quotidiano L’ora di Palermo, fondando poi l’agenzia “Informazione Fotografica”, alle riprese fotografiche sul campo, tra i delitti e gli assassini per mano delle mafie, i massacri di giornalisti e delle scorte di poliziotti, e di Piersanti. Sì Piersanti Mattarella, presidente della Regione Siciliana, e fratello del Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, che lo soccorse appena colpito a morte da un commando, e lo vide spirare tra le sue braccia e che Letizia Battaglia immortalò in quel momento decisivo, nel segno di una guerra drammatica che si consumò il 6 gennaio 1980.
E qualche anno dopo, 1982, nella strage di Capaci cadeva un altro grande magistrato Giovanni Falcone, e cadevano sotto il piombo della mafia gli agenti della sua scorta, tra cui Vito Schifani, di cui Letizia Battaglia ha ritratto la moglie Rosaria, in bianco e nero, con questi “colori” che le dividono il viso a metà, tra la vita e la morte, tra una speranza e la resistenza.
Infaticabile paladina di giustizia e di culture: fondò la rivista Mezzocielo, e le sue immagini in un bianco e nero denso di contrasti diventano a più riprese vincitrici di prestigiosissimi premi e riconoscimenti internazionali tra cui a New York, nel 1985, il premio Eugene Smith, in Germania nel 2007 “The Erich Salomon Prize” e a New York (2009) il “Cornell Capa Infinity Award”.
E che dire di altre sue immagini che attingono dalla vita di strada e dal sociale, in veri e propri reportage di comunità: dalla Bambina con il pallone al Gioco del killer dove accanto alla chiesa di Santa Chiara è un bambino con passamontagna che impugna a due mani una pistola. Sempre sulla strada e sui bambini di strada, a Monreale a fare i lavapiatti, o dallo sguardo triste e malinconico, conoscendo già il loro futuro.
Uno stile potente e forte quello di Letizia Battaglia che immortalerà i tanti morti caduti sotto il piombo della mafia. Il giudice Gaetano Costa ripreso in sequenza ancora vivo, il capo della Squadra Mobile Boris Giuliano sul luogo dell’omicidio di Lorenzo La Corte, ma anche la sua scrivania ricoperta di fiori dopo il suo assassinio nel luglio del 1979. Il giudice Giovanni Falcone ritratto ai funerali del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, o con la sua scorta davanti al Tribunale di Giustizia. E ancora il manifesto “Peppino Impastato è stato assassinato” e il luogo dove fu ucciso a Cinisi dalla mafia il giovane giornalista, fino al ritratto del Pubblico Ministero Roberto Scarpinato, per arrivare alle foto di vita quotidiana, dalle donne agli anziani, ai contadini a Portella della Ginestra, alle rappresentazioni religiose pasquali, che testimoniano il grande valore di Letizia Battaglia, e il suo impegno civile e sociale.