Da Amitabh Bachchan a Kabir Bedi, le star che si sono avvicendate al festival negli anni, ci hanno sostenuti nonostante la chiusura dei confini per sottolineare l’importanza del nostro lavoro, soprattutto in questo momento pandemico.
Con questa dichiarazione di affetto per la collaborazione al Festival River to River Selvaggia Velo, che lo organizza e ne è direttore da 21 anni, sottolinea tutta la difficoltà di questo anno, in cui non sapeva se poi sarebbe stato possibile alle star spostarsi in Italia. Ha dovuto organizzare all’ultimo momento presenze virtuali per la fine delle proiezioni e i dibattiti. Invece il pubblico italiano è stato autorizzato ad essere presente in sala.
River to River, l’unico evento in Italia completamente dedicato a indagare il volto dell’India contemporanea attraverso il cinema e la cultura, si è tenuto in dicembre al cinema La Compagnia di Firenze e nella sala virtuale Più Compagnia in collaborazione con Mymovies.it.
Il film di inizio, RK/RKay di Rajat Kapoor, ambizioso negli intenti, è risultato però ripetitivo e confuso.
Di ben altro spessore Nazarband, recente lavoro del celebrato regista bengalese Suman Mukhopadhyay, il film che ha vinto il premio del pubblico. Virtualmente in sala il protagonista maschile, Tanmay Dhanania, e molto attento alle domande del pubblico, che sono per lui di grande interesse perché ama scoprire le reazioni degli spettatori. Il film racconta di una donna, Vasanti, appena uscita dal carcere, che si avventura tra i vicoli della megalopoli Calcutta per ritrovare suo marito e la loro casa. Le sta alle costole, malgrado lei lo respinga, Chandu, un giovane ed allegro truffatore uscito di prigione nello stesso giorno. Vivace la ricostruzione di un alternarsi di schermaglie fra i due, avventure, allontanamenti e ricongiunzioni. Ma più ancora coinvolge l’argomento connesso con la rapida trasformazione della città che ingenera nella protagonista l’angoscia di non ritrovare il luogo in cui abitava. Al posto della baraccopoli dove aveva casa sorgono grattaceli. Un racconto per immagini che mette in luce la crudeltà di trasformazioni, nella grande città (in ogni grande città?) imposte agli abitanti per motivi che hanno poco a che fare con la qualità del vivere.
Molto impegnato il film Womb, in prima italiana. È la vicenda di Srishti Bakshi, giovane attivista che si imbarca in una singolare maratona dal Sud del Kanyakumari al Nord del Kashmir per raccogliere storie di donne e aiutarle a prendere coscienza dei propri diritti.
Oltre ai numerosi film, quello che ha ottenuto un alto gradimento da parte del pubblico è stato l’insieme delle suggestioni proposte dal Festival. Una mostra fotografica di fiumi, il talk La moda sostenibile a cavallo tra Italia e India, il punto vendita di prodotti di un bellissimo marchio sostenibile nel ridotto del Cinema la Compagnia, le tre ore di corso di cucina indiana in collaborazione con l’Istituto Cescot, il progetto di vita dell’attore Kabir Bedi, noto al pubblico italiano per la sua interpretazione di Sandokan, da lui narrato in remoto presentando la sua autobiografia.
Sono stati messi a fuoco così aspetti di una cultura affascinante, che ha qualcosa da insegnare alla nostra, sprecona per troppo consumismo.
Nel talk La moda sostenibile a cavallo tra Italia e India, il Festival ha portato a Firenze, il marchio di accessori e abbigliamento I was a Sari distribuito da Oxfam Italia, che dona nuova vita agli abiti femminili tradizionali dismessi (le Sari, appunto) trasformandoli in vestiti pregiati, gioielli, calzature e tessuti ornamentali realizzati a mano da artigiane degli slum dell’India. Etico, unico e sostenibile: un brand made in Mumbai che si schiera con le donne e con l’ambiente, promuovendo un concept di moda fatta di pezzi unici, con una storia da raccontare. Il progetto è stato presentato dal fondatore Stefano Funari, virtualmente in sala in dialogo con la giornalista italo-indiana Cristina Piotti. Nello shop era anche presente ogni giorno un punto informazioni.
Il Festival ha dato molto spazio all’on line sui propri canali YouTube e Facebook, fornendo anche una perfetta traduzione in inglese, così da permettere ad un variegato pubblico di seguirlo, anche se non in presenza.