Per chi, come me, ha qualche anno sulle spalle (non parlo dell’essere anziani, che è una condizione dello spirito) assistere al triste teatrino che è stato imbastito su chi deve cantare cosa al concerto di fine anno a Roma è come forse si sentivano i romani d'un tempo che, nel Colosseo, vedevano altri uomini scannarsi per sopravvivere.
Perché è proprio di questo che parliamo, di sopravvivenza, seppure mediatica.
È strano avvedersi di come ormai la nostra società viva un momento di evidente divaricazione, che non è solo culturale (alzi la mano chi, sino a poche settimane fa, era a conoscenza dell'esistenza di tal Tony Effe e dei contenuti talvolta corrosivi dei suoi ''testi''), ma anche di pensiero.
Se un Paese, che ha ben altro e ben più serio di cui occuparsi, si interroga sul fatto che un rapper possa o debba cantare, al di là di quel che dice, ma solo per essere appunto un artista o presunto tale, significa che il Paese di cui sopra deve fare un salutare bagno nella ragionevolezza.
L'ukase di cui è stato fatto oggetto Tony Effe, perché, gli viene contestato, in alcune delle sue canzoni la donna viene marginalizzata, quando non addirittura ridotta al rango di mera prestatrice di piacere, parte dal presupposto che le sue posizioni possono offendere.
Ora, questo giudizio può essere condiviso o meno. Quello che balza in tutta evidenza è la pochezza di chi lo ha prima invitato e quindi escluso, come se le due cose fossero indipendenti l'una dall'altra.
Mi spiego meglio: se io decido di invitare qualcuno ad esibirsi su un palco prestigioso, il Concerto di Capodanno di Roma, e davanti ad una platea enorme, devo avere contezza di quello che l'artista ha fatto e, quindi, potrebbe fare.
Lo dico ancora a lettere più chiare: se è stato invitato Tony Effe, qualcuno lo ha valutato e soprattutto positivamente. Dopo che lo inviti e qualcuno eccepisce che nei suoi testi la donna viene vilipesa, significa solo che chi lo ha scelto non sapeva nemmeno chi aveva chiamato a esibirsi, basandosi evidentemente sui numeri delle classifiche virtuali oppure dell'insistenza di qualche agente.
Fare marcia indietro è la cosa peggiore che si potesse fare, mettendo in luce il pressapochismo di chi ha organizzato. Ma questo non toglie che la decisione di non fare salire Tony Effe sul palco è fondamentalmente giusta perché non possiamo riempirci la bocca di paroloni pseudo-analitici quando commentiamo un femminicidio e non dire nulla quando qualcuno, che comunica con centinaia di migliaia di destinatari delle sue canzoni, calpesta le conquiste delle donne degli ultimi anni.
A chi rispetta la Donna (con l'iniziale maiuscola) sempre e comunque, leggere il ritratto che ne fanno di alcuni cantanti dà il voltastomaco. Ma la cosa più sconcertante è che, a difesa di Tony Effe e del suo diritto di esibirsi, sono scesi in campo molti suoi colleghi, che parlano di una inaccettabile censura, come se correggere una cosa sia disdicevole solo perché si parla di qualcosa che lambisce il concetto alto di arte.
E resterebbe ancora molto da dire sul fatto che, per stare al fianco del rapper censurato, c'è chi, come Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, sostiene, convintamente, che in fondo Mozart e Tony Effe sono colleghi. Ora, al netto del fatto che Jovanotti (i cui testi non è che brillino, ma è un mio parere) abbia voluto lanciare una provocazione, anche solo accostare Tony Effe a chi ha segnato a storia della Musica, ieri e per sempre, è blasfemo, dal punto di vista artistico, e offensivo, da quello puramente musicale.
Ma ormai dobbiamo abituarci a tutto, a confondere una decisione avversa ad un artista come ad una censura, come a qualcosa fatto per soffocare una voce forte e indipendente. La censura, per come l'hanno rappresentata in questo caso alcuni colleghi del rapper, è ben altro e forse chi oggi grida allo scandalo dovrebbe andare a leggere quel che accade altrove, laddove chiudere la bocca ad un cantante (come accaduto di recente ad una giovane artista iraniana) è veramente un atto politico e una repressione e non invece, come nel caso di Tony Effe, evitare che idee non condivisibili abbiano, visto il palcoscenico da cui potrebbero essere pronunciate, un avallo da parte delle Istituzioni.
Invitiamo queste ultime a garantire che eventi finanziati con risorse pubbliche siano in linea con i principi di rispetto e inclusività una questione che solleva gravi interrogativi sull’uso dei fondi pubblici e sulle scelte delle istituzioni. Dopo la legittima presa di posizione di alcune consigliere del Comune di Roma e del Centro Antiviolenza Differenza Donna contro la partecipazione di Tony Effe al Concerto di Capodanno, pagata anche con il denaro delle contribuenti, si è scatenato uno tsunami di polemiche che dovrebbero fare riflettere anche coloro, in particolare alcune artiste, che fino a ieri si ergevano a paladine del rispetto della donna.