Le mangiamo o non le mangiamo? Il dubbio è amletico. Anche solo toccare le magnifiche uova della collezione “Voglio vederti danzare”, titolo di una canzone di Franco Battiato, scelto da Walter Musco, pasticcere/artista o artista/pasticcere - qui il chiasmo è superfluo - sembrerebbe un atto vandalico. Sono così perfette nel loro ricordarci i grandi talenti che hanno dato lustro alla danza da lasciarci a bocca aperta e forse…asciutta. In realtà, la collezione danzante, nata da un incontro tra Musco e l’organizzatore di eventi coreutici Daniele Cipriani, in occasione di Le Creature di Prometeo - Le Creature di Capucci uno spettacolo proposto a Spoleto nell’estate 2020 grazie a Roberto Capucci, mito della moda italiana, sono acquistabili sino a Pasquetta alla pasticceria-laboratorio romana “di ricerca” di Walter Musco, appena fuori delle Mura Aureliane - e poi eventualmente mangiabili.
Ma come si fa a sgretolare un uovo “Fortunato Depero” che riassume i suoi Balli plastici presentati nel 1918 al Teatro dei Piccoli di Palazzo Odescalchi, ripresi e pure ricostruiti dopo la sua morte? E quale ingordigia potrebbe mai avventarsi sulle stupefacenti uova/Alberto Burri: nel 1963 creò le scene di Spirituals per orchestra, un balletto con la coreografia di Mario Pistoni; oppure sul Cigno Bianco e Nero dell’immortale Lago dei cigni? Viene in mente una frase del pittore Vasilij Kandinskij in Punto, linea, superficie (1926): “Ascoltare la forma, entrare nell’opera, diventare attivi in essa e vivere il suo pulsare con tutti i sensi”.
La lista è infatti ricca di queste uova-sculture da vivere con il pulsare di tutti i sensi. Comprende Léon Bakst, con L’uccello di fuoco, creato da Michel Fokin nel 1910, Picasso con Parade del 1917, Chanel che, nel 1924, disegnò i costumi balneari di Le Train Bleu di Bronislava Nijinska, la sorella del celebre e sfortunato Vaslav Nijinskij. Il consulente Cipriani ha consigliato a Musco di trarre spunto dalla leggendaria compagnia primi’900 dei Ballets Russes, senza dimenticare l’800 di Čaikovskij, ma anche la contemporaneità con Café Műller di Pina Bausch (1978), Moses Pendleton, il fondatore di Momix e Pilobolus, in Alice (2019) e persino Issey Miyake, il couturier giapponese che, nel 1991, studiò i particolari costumi di The Loss of Small Details di William Forsythe.
Si potrebbe continuare con Matisse, Chagall, Fernand Léger e persino Keith Haring: prima di morire disegnò la locandina di uno spettacolo dei Ballets di Monte-Carlo. Ma attenzione: questa “collezione danzante” non è certo la prima ideata da Musco. Nella sua formazione e attività a zig zag - fu anche gallerista di arte tribale “Gondwana” in Via Giulia, la strada storica dell’arte a Roma - si tramutò in pasticcere nel 2009 e “timidamente” in scultore in cioccolato tre anni dopo. Avendo scoperto che di solito i grandi pasticcieri parlano di sé e del mondo in cui vivono, ossia inserendo nei loro dolci frutta e ornamenti locali, pensò di farne una professione diversa, occupandosi di letteratura, cinema, scultura, pittura e musica attraverso collezioni di uova e leccornie.
Poco alla volta i suoi clienti esclusivi cominciarono a comprendere che quella pasticceria di Largo Bompiani, a Roma, era anche un centro di cultura, in cui si poteva apprendere ciò che non si sapeva. Tra questi clienti abituali ed “eletti”, molti conservano le creazioni di Musco: le sue uova si mantengono ad una temperatura di 10-15 gradi e quando si rovinano possono essere restaurate - altra stupefacente sorpresa! - per diventare preziose nel tempo.
Musco ha dedicato collezioni all’Action Painting con il pittore Jackson Pollock in testa, a Piero Manzoni (per un omaggio ai suoi Achrome), al suprematista russo Kazimir Malevič e non sempre ne ha fatto delle uova, ma “semplicemente”, se così si può dire, delle torte. Quella del russo Malevič, dedicata al suo famoso quadro o quadrato nero (con salmone e vodka!) era per sua stessa ammissione esteticamente “brutta”, ma lanciava “un messaggio”, proprio come la torta ispirata allo scrittore brasiliano Jorge Amado (cioccolato con cremino e noce brasiliana) decorata con un cerchio a forma di corteccia simile a quella degli alberi amazzonici.
Con questo tipo di ampia progettualità artistica è intuibile che Musco non agisca da solo. Nella sua pasticceria lavorano 17 persone, 9 ricercatori, più apprendisti e stagisti. Chi entra nella ormai celebre pasticceria-laboratorio, al di là delle capacità specifiche, deve sapere che le tonnellate di cioccolato fondente morbido o bianco, fatto appositamente arrivare da una ditta francese, è per lo più il materiale di una ricerca artistica, poco consonante con accostamenti dolciari di vario gusto, ma piuttosto pertinente alla chiamata dell’artista ispiratore. Ogni “collezione”, inoltre, è un format non replicabile. Insomma, ci troviamo in un’antica bottega d’arte, ma per il cioccolato, soprattutto.
Non conosciamo altri pasticcieri, in Italia e nel mondo, che abbiano preso spunto dal Cretto di Gibellina di Burri per farne una torta. O che non si curino della tradizione delle uova pasquali, nata in epoca pagana e tribale e passata alla religione cristiana-cattolica, anche se Musco realizzò un uovo “alla” Brancusi, ispirato all’arte primitiva ma per affiancarvi subito dopo l’uovo di Lucio Fontana, ovviamente con un bel taglio... Neppure le famose uova di Peter Carl Fabergé (ovvero Karl Gustavovič Faberže), il gioielliere e orafo russo che dal 1885 al 1917 realizzò per la corte degli zar Alessandro III e Nicola II straordinarie uova di metalli e preziosi gioielli, suscitano in lui interesse, salvo per ricordarci, in questi tempi di guerra disgustosa, che la Pasqua dovrebbe essere un momento di pace.
Nessuna cultura andrebbe discriminata, per un abbraccio che grazie all’arte, alla cultura, all’auspicabile ritorno al raziocinio di politici ora fuori controllo, e auto-inabissatisi in un buco nero, dovrebbe invece far svolazzare colombe bianche di pace, tenendo sulle proprie tavole dolciumi di tutto il mondo. E uova che invitano a danzare.