Nei rapporti tra le tre religioni abramitiche, un fatto che mi ha sempre incuriosito è il divieto per i musulmani di bere alcolici, divieto che non sembra esistere nell’ebraismo e cristianesimo che hanno preceduto l’islam. E quante volte sono stati criticati affettuosamente amici musulmani quando non accettavano di bere con noi un buon bicchiere di vino e la nostra perplessità aumentava quando consideravamo che lo sviluppo della coltivazione della vite e la produzione è stata storicamente associata alle regioni del Medio Oriente, in particolare a quella che oggi è conosciuta come la regione del Caucaso e risale a ben oltre 6000 fa, in tempi dunque ben lontani dalla nascita dell’islam.

Il rifiuto di bere vino e alcolici non è però rispettato da tutti, infatti, diverse volte, essendo ospite a casa di amici musulmani, ho anche notato che alcuni di loro bevevano vino e alcolici senza porsi alcun problema. Una volta, notando in me un senso di meraviglia, uno di loro mi ha detto che per lui il veto non era un problema religioso, perché il Corano imponeva la moderazione e non la proibizione.

Premesso che ho sempre avuto il massimo rispetto per tutte le disposizioni religiose di qualunque religione, tale affermazione mi ha fortemente incuriosito e mi ha stimolato il desiderio di effettuare una piccola ricerca sull’argomento limitandomi alle tre religioni abramitiche, anche perché mi sembrava realmente strano che sotto l’insegna dello stesso Dio potessero esistere differenze così forti in merito all’uso di quest’antica bevanda e degli alcolici in genere.

Ovviamente, trattandosi di veto religioso, qualunque ricerca deve fare diretto riferimento ai testi sacri di ciascuna delle religioni abramitiche, cercando di capirne non solo i veti, quando ci sono, ma soprattutto le cause che potrebbero averli generati e le modalità di applicazione che in genere vengono adottate. Tale breve ricerca non può esimermi dal premettere alcuni cenni sul rapporto generale esistente tra alcol e religioni.

L’alcol e le religioni

L’alcol ha sempre avuto un ruolo importante nella storia delle religioni, non è un caso se molte delle antiche divinità venivano associate al consumo del vino e all’ebrezza che esso provocava. Basta ricordare Bacco, divinità della religione romana, che da protettore della vegetazione è stato poi rappresentato spesso associandolo al vino e all’ebrezza che esso provocava, soprattutto quando veniva prodotto lasciando macerare in esso foglie di edera che nel vino favoriva il rilascio di sostanze che agivano come stupefacenti.

Altrettanto importante fu la divinità romana denominata “Liber Pater”, a volte confusa con Bacco. Era un dio soprattutto agreste considerato protettore della fecondità, era anche il dio della virilità e della libertà, talvolta rappresentato con la testa adornata di pampini come Bacco. Fuflus era una divinità etrusca che appare in genere inghirlandato con pampini e alloro mentre regge una coppa. Era considerato il dio della vendemmia, del vino e della vegetazione.

Nel taoismo, l’uso di alcool è in genere apprezzato, ma qualche volta visto come ostacolo al raggiungimento della spiritualità, pertanto in alcune scritture sacre è proibito, mentre viene usato in alcuni rituali religiosi e alle divinità viene offerto in dono. Nel confucianesimo il vino viene utilizzato in diversi rituali religiosi, nei matrimoni è servito durante il banchetto nuziale. In Cina oltre al succo fermentato di uva si usava quello di altre bacche o frutti.

Nel buddismo l’uso del vino e dell’alcol in genere è proibito in quanto non consente l’illuminazione spirituale, mentre in alcuni settori del buddismo il vino è visto come elemento partecipante all’illuminazione individuale.

Nell’induismo il consumo di vino e alcolici era considerato peccato, ma ciò sembra cambiato al punto che l’India è oggi un grande produttore di vino. Assieme alle divinità sopraelencate nell’antichità c’è n’erano altre, adorate da diversi popoli, che facevano riferimento al vino e ad altre bevande alcoliche che venivano utilizzate per propiziare la fertilità, come la birra. E ciò non accadeva solo nel mondo greco e romano, ma anche nella mitologia azteca, dove Tepoztecatl era il dio dell'ubriacatura e della fertilità, in quella giapponese, dove Oinari era il dio della fertilità, del riso, dell'agricoltura, ecc., in quella mesopotamica-sumera, con Ninkasi che era una divinità associata alla birra, e così anche nella civiltà faraonica e ancora in altre civiltà.

L’alcol per ebrei e cristiani nel Vecchio Testamento

Desiderando soffermarmi sui rapporti tra alcolici e il mondo ebraico e quello cristiano è opportuno riportare preliminarmente alcuni versetti riportati del Vecchio Testamento, il Libro Sacro comune alle due religioni. La Bibbia,1 nei 46 libri che formano il Vecchio Testamento, dà molte indicazioni sul vino e sul suo uso. Una dettagliata ricerca sul rapporto tra vino e Bibbia può essere letta nella rivista online “Got Questions Ministries” dove sono riportati i libri, i capitoli e i versetti principali che fanno riferimento al vino.

Nel Vecchio Testamento, formato dai 5 libri del Pentateuco, dai 12 libri storici, dai 5 libri poetici, dai 7 libri sapienziali e dai 17 libri profetici, è raccontata la complessa storia del rapporto tra Dio e il suo popolo e in questa storia in alcuni versetti di vari capitoli dei libri citati si trovano chiari riferimenti al vino e agli alcolici in genere, alcuni dei quali, quando esprimono raccomandazioni o veti similari, vengono di seguito raggruppati. In particolare sono evidenziati alcuni versetti che avvertono sul pericolo dell’assunzione di acolici, altri che considerano positivamente l’assunzione delle bevande acoliche e altri ancora che condannano l’ubriacatezza e i suoi effetti.

Di seguito sono riportati alcuni dei versetti che avvertono sul pericolo dell’assunzione di acolici e dei danni che possono provocare, soprattutto per l’eccessivo uso.

(Levitico 10,8-11) - «L’Eterno parlò ad Aaronne, dicendo: Non bevete vino né bevande alcoliche tu e i tuoi figli quando entrerete nella tenda di convegno, affinché non moriate; sarà una legge perenne, di generazione in generazione; questo perché possiate discernere ciò che è santo da ciò che è profano e ciò che è impuro da ciò che è puro, e possiate insegnare ai figli d’Israele tutte le leggi che l’Eterno ha dato loro per mezzo di Mosè.»

(Giudici 13:4) - «Ora guardati dal bere vino o bevanda inebriante e dal mangiare nulla d'immondo.»

(Proverbi 20:1) - «Il vino è schernitore, la bevanda alcolica è turbolenta, chiunque se ne lascia sopraffare non è saggio.»

(Proverbi 31:4,6) - «Non si addice ai re, Lemuel, non si addice ai re bere del vino, né ai prìncipi desiderare bevande alcoliche. Date bevande alcoliche a chi sta per perire, e del vino a chi ha il cuore amareggiato.»

(Isaia 5:11,22) - «Guai a coloro che si alzano presto al mattino e vanno in cerca di bevande inebrianti e si attardano alla sera accesi in volto dal vino. Guai a coloro che sono gagliardi nel bere vino, valorosi nel mescere bevande inebrianti.» (Isaia 28:7) - «Anche costoro barcollano per il vino, vanno fuori strada per le bevande inebrianti. Sacerdoti e profeti barcollano per la bevanda inebriante, affogano nel vino; vanno fuori strada per le bevande inebrianti, s'ingannano mentre hanno visioni, dondolano quando fanno da giudici.»

(Isaia 56:12) – «Venite, dicono, io andrò a cercare del vino e c'inebrieremo di bevande forti! Il giorno di domani sarà come questo, anzi sarà più grandioso ancora!».

(Michea 2:11) - «Se uno che insegue il vento e spaccia menzogne dicesse: “Ti profetizzo in virtù del vino e di bevanda inebriante”, questo sarebbe un profeta per questo popolo.»

Ci sono alcuni versetti tra quelli che considerano positivamente l’assunzione delle bevande acoliche, alcuni di essi sono riportati di seguito, in essi si leggerà anche un elogio del vino e come berlo è che è gradito a Dio e può rendere l’uomo felice.

(Ecclesiaste 9:7) - «Va', mangia il tuo pane con gioia, e bevi il tuo vino con cuore allegro, perché Dio ha già gradito le tue opere.»

(Salmi 104:14-15) - «Egli fa germogliare l’erba per il bestiame e le piante per il servizio dell’uomo, facendo uscire dalla terra il nutrimento, e il vino che rallegra il cuore dell’uomo, e l’olio che gli fa risplendere la faccia, e il pane che sostenta il cuore dei mortali.»

(Amos 9:14) - «Ecco, verranno giorni, - dice il Signore - in cui chi ara s'incontrerà con chi miete e chi pigia l'uva con chi getta il seme; dai monti stillerà il vino nuovo e colerà giù per le colline. Farò tornare gli esuli del mio popolo Israele, e ricostruiranno le città devastate e vi abiteranno; pianteranno vigne e ne berranno il vino; coltiveranno giardini e ne mangeranno il frutto».

Infine si citano alcuni versetti sulla chiara condanna dell’ubriacatezza e per chi eccede nel bere il vino.

(Efesini 5:18) - «E non ubriacatevi di vino, il quale porta alla sfrenatezza, ma siate ricolmi dello Spirito». (Proverbi 23:29-35) - «Per chi sono gli «ahi»? Per chi gli «ahimè»? Per chi le liti? Per chi i lamenti? Per chi le ferite senza ragione? Per chi gli occhi rossi? Per chi s'indugia a lungo presso il vino, per quei che vanno a gustare il vino tagliato. Non guardare il vino quando rosseggia, quando scintilla nel bicchiere e va giù così facilmente! Alla fine, esso morde come un serpente e punge come una vipera. I tuoi occhi vedranno cose strane, e il tuo cuore farà dei discorsi pazzi. Sarai come chi si coricasse in mezzo al mare, come chi si coricasse in cima a un albero di nave. Dirai: «M'hanno picchiato e non m'hanno fatto male; mi hanno percosso e non me ne sono accorto. Quando mi sveglierò? Tornerò a cercarne ancora!»

L’assunzione di alcol nella Bibbia non è dunque valutata come peccato. È piuttosto dall’ubriachezza e dalla dipendenza dall’alcol che un credente deve assolutamente astenersi (Efesini 5:18; 1 Corinzi 6:12).

Ciò premesso, di seguito si evidenziano alcuni aspetti relativi al rapporto tra il vino e le tre religioni abramitiche.

Nell’ebraismo il vino è utilizzato ufficialmente in alcune festività ebraiche, come ad esempio adempiendo ad una mitzvá2 della Torà di santificare il sabato recitando il kiddush, che è una preghiera di santificazione col vino che si recita il venerdì sera all'entrata dello shabbat. Kiddush, letteralmente significa "santificazione", ed è il modo di pregare per santificare lo Shabbat (che significa “riposo”), è dunque la preghiera per la "santificazione del riposo". Durante lo Shabbat avviene l’accensione di due candele e la benedizione del vino ancor prima di quella del pane, di fatto dunque è una festa sacra allietata dal vino.

Il vino si beve anche durante i pasti della Pasqua ebraica e durante il Purim, la festa religiosa ebraica che commemora la salvezza del popolo ebraico dallo stermino sotto il regno di Serse nell’antico impero persiano.

Durante il Purim c’è l’invito a bere, purché ciò non porti all’ubriacatura. E così per altre feste ebraiche, dunque il vino diventa una bevanda perfettamente inserita nei rituali religiosi e nella vita quotidiana. Il consumo dell’alcol nell’ebraismo è comunque tenuto sotto forte controllo, perché deve essere bevuto con moderazione ed è condannata l’ubriachezza.

Poiché la halakhah (la legge ebraica) identifica l'inizio del giorno con il tramonto, lo Shabbat inizia con il tramonto del venerdì sera e termina con quello del sabato sera3 (per tradizione con l'apparizione della terza stella nel cielo).

Nel cristianesimo è stata adottata la tradizione ebraica in favore dell’ammissibilità del vino come bevanda rituale, ma è stato dato un significato ancora più profondo nell’ambito prettamente religioso, attribuendo al vino un significato completamente nuovo, indissolubilmente legato al sangue di Cristo versato sulla Croce ed un segno tangibile della sua presenza nella Chiesa mediante l’Eucarestia, che è il principale sacramento del cristianesimo dove continua la reincarnazione di Cristo come Verbo di Dio, con la trasformazione del vino in suo sangue. Nel Vangelo di Giovanni, ad esempio, sono narrate le Nozze di Cana, in cui Gesù fece il suo primo miracolo trasformando l’acqua in un vino eccellente. Anche per il cristianesimo l’ubriachezza è comunque un peccato.

Nell’Islam, la più recente delle tre religioni abramitiche, bere vino e alcolici in genere è assolutamente proibito, tenteremo pertanto di comprendere le motivazioni alla base dell’imposizione di tale proibizione. La fonte principale della ricerca è ovviamente il Corano ed proprio nel testo sacro musulmano che in diverse sure è richiamato il vino, a volte con un elogio definendolo “bevanda inebriante”, come nella sura 16 - An-Nahl (le Api), versetti 65-67 dove è scritto:

«Allah fa scendere l’acqua dal cielo e suo tramite rivivifica la terra che già era morta. Questo è certamente un segno per gente che ascolta. E invero dai vostri greggi trarrete un insegnamento: vi dissetiamo con quello che è nei loro visceri, tra chimo e sangue: un latte puro, delizioso per chi lo beve. [Pure] dai frutti dei palmeti e delle vigne ricavate bevanda inebriante e cibo eccellente. Ecco un segno per coloro che capiscono».

E nella sura 47 – Muhammad – dove al versetto 15 è così riportato:

«(Ecco) la descrizione del Giardino che è stata promessa ai timorati (si intende di Allah): ci saranno ruscelli di un’acqua che mai sarà malsana e ruscelli di latte dal gusto inalterabile e ruscelli di un vino delizioso a bersi, e ruscelli di miele purificato. E ci saranno, per loro, ogni sorta di frutta e il perdono del loro Signore. Essi sono forse simili a coloro che rimangono in perpetuo nel fuoco e che verranno abbeverati di un’acqua bollente che devasterà̀ le loro viscere?»

In questa sura addirittura si elogia il fatto che il “vino delizioso” verrà trovato nel Giardino dove andranno i timorati (di Allah).

E nella sura 52 – At-Tûr (Il Monte), ai versetti 22-23 è così riportato:

«Provvederemo loro i frutti e le carni che desidereranno. Si scambieranno un calice immune da vanità o peccato.»

Nell’interpretazione coranica dove sono stati attinti i dati non si legge espressamente “il vino”, ma in altra interpretazione del Corano il versetto 23 è così scritto: «E si passeranno a vicenda dei calici d’un vino che non farà̀ nascer discorsi sciocchi, o eccitazioni di peccato»).

In altre sure l’elogio o il riferimento al vino non è chiaramente espresso, ma è sottinteso, come nella sura 83 - Al-Mutaffifîn, dove ai versetti 22-27 è così scritto:

«I giusti saranno nella delizia, su alti divani guarderanno. Sui loro volti vedrai il riflesso della delizia. Berranno un nettare puro, suggellato con suggello di muschio - che vi aspirino coloro che ne sono degni - (un nettare) mescolato con Tasnîm».4

Così come nell’ebraismo e nel cristianesimo ci sono sure, invece, dove viene dichiarata una aperta condanna e proibizione per il vino, come nel versetto 219 della sura 2 – Al-Baqara (La Giovenca), dove a è così scritto:

«Ti chiedono del vino e del gioco d’azzardo. Di’: “In entrambi c’è un grande peccato e qualche vantaggio per gli uomini, ma in entrambi il peccato è maggiore del beneficio!”. E ti chiedono: “Cosa dobbiamo dare in elemosina?”. Di’: “Il sovrappiù”. Così Allah vi espone i Suoi segni, affinché meditiate.»

E nella sura 5 – Al-Mâ’ida (La Tavola Imbandita) – dove al versetto 90 è così scritto: «O voi che credete, in verità il vino, il gioco d’azzardo, le pietre idolatriche, le frecce divinatorie, sono immonde opere di Satana. Evitatele, affinché possiate prosperare».

E al successivo versetto 91: «In verità col vino e il gioco d’azzardo, Satana vuole seminare inimicizia e odio tra di voi e allontanarvi dal Ricordo di Allah e dall’orazione. Ve ne asterrete?»

In realtà sembra proprio che nelle intenzioni del Profeta era l’invito alla moderazione nel bere il vino, così come è riportato, ad esempio, nella Sura 4 – An-Nisâ’ (Le Donne) – al versetto 43:

«O voi che credete! Non accostatevi all’orazione se siete ebbri, finché non siate in grado di capire quello che dite;…».

In definitiva, viene evidenziato che è proibito accostarsi all’adorazione “non se avete bevuto, ma se avete bevuto troppo e siete ebbri”.

Dare un’interpretazione non necessariamente ortodossa o comunque secondo quanto riportato in testi religiosi più favorevoli al loro modo di vivere non significa che i credenti ebrei o musulmani o cristiani non conducano una vita nel rispetto dei dettami religiosi. Ognuno di loro probabilmente dà una giustificazione aderendo a una interpretazione dei propri testi religiosi, ma entrambi convergono nel condannare l’ubriachezza.

Ma, riprendendo a discutere di vino, non è forse esso un prodotto puro di un meraviglioso frutto della terra? E se il vino è stato tanto utilizzato e declamato dagli stessi arabi precedenti l’avvento del Profeta Maometto, non potrebbe tale divieto essere stato realmente imposto dal Profeta per ottenere una moderazione? Anche perché la moderazione nel bere il vino, così come nel bere alcolici, è imposta da quasi tutte le religioni, poiché l’esagerazione fa perdere all’uomo il lume della ragione.

A proposito della moderazione nel bere il vino ritengo utile ricordare un racconto che alcuni dicono di origine ebraica, altri di origine cristiana e altri di origine musulmana. Di certo è che la vite e il vino hanno origini lontanissime nel tempo trovandosi testimonianze risalenti a popoli vissuti diverse migliaia di anni a.C.

Senza riferimenti alla legenda che farebbe risalire la vite ad Adamo e Eva è certo che già 2500 anni a.C. geroglifici egiziani descrivono non la vite, ma addirittura vari tipi di vino che all’epoca venivano prodotti, con ulteriori riscontri che evidenziano la diffusione della vinificazione in Asia e in genere tra gli ebrei e gli arabi.

Il vino era definito bevanda di grande pregio. Nel periodo preislamico il vino era una bevanda amata e diffusa e veniva prodotto in buona parte del Medio Oriente. Il divieto di bere il vino nelle religioni abramitiche nasce con la nascita dell’Islam, ma venne introdotto con molta gradualità e con un divieto condizionato, come quando è scritto che «c’è un grande peccato e qualche vantaggio per gli uomini, ma in entrambi il peccato è maggiore del beneficio», dunque, c’è peccato e c’è vantaggio, ma in una ipotetica bilancia il peccato pesa più del vantaggio. Poi il divieto si intensifica al momento di recarsi alla preghiera, per non essere in stato di ebrezza e infine si arriva al divieto diretto senza mezzi termini quando è scritto che il vino è opera di Satana, dunque assolutamente da evitare.

È opportuno ricordare che, anche al di fuori delle religioni, per il vino e l’alcol in genere si passò dalla grande passione al proibizionismo, basta ricordare che nel secolo scorso tale proibizionismo lo riscontriamo anche negli Stati Uniti d’America, senza che ciò destasse eccessivo scandalo. In realtà l’alcol riduce la capacità intellettiva e non consente di agire correttamente. Ma tali nefaste conseguenze sono certamente riferite all’eccesso di uso dell’alcol che porta all’ubriacatura e non certo ad un uso moderato del vino o di qualunque altro prodotto alcolico che è valutato positivamente anche nella moderna medicina.

Alcune leggende descrivono i motivi di tale decisione assunta da Maometto, ad esempio, nel comportamento riprovevole di alcuni fedeli che, trovandosi in stato di ebbrezza, avrebbero commesso errori nel rituale della preghiera o di momenti di difficoltà in battaglia per l’eccessiva assunzione di vino da parte di guerrieri prima di affrontare la battaglia con la conseguenziale sconfitta.

La vigna e il diavolo

In definitiva, da quanto sopra descritto, si evidenzia sempre più che il danno vero dovuto al bere alcolici deriva dall’abuso, più che dal bere in maniera moderata. Perché solo l’abuso può compromettere la ragione dell’uomo.

A rafforzare tale pensiero sembra opportuno ricordare la leggenda “La vigna e il diavolo”, che alcuni la narrano come leggenda talmudica,5 altri come leggenda araba e altri ancora come leggenda cristiana, ma l’insegnamento non cambia e ancora una volta evidenzia il beneficio della moderazione nel bere e i danni dell’ubriacatura.

Nella Bibbia si racconta che, dopo il diluvio, «Noè che era agricoltore cominciò a piantare una vigna» (Genesi 9,20-27) e una leggenda vuole che durante la lavorazione della terra gli si avvicinò il diavolo, sotto le vesti di un vecchietto saggio, che chiese a Noè cosa stesse facendo e Noè spiegò che lavorava la terra per piantare dei semi dai quali sarebbe nato un frutto che gli avrebbe consentito di ottenere dalla sua spremitura un nettare divino. Il vecchietto avvicinandosi gli chiese se poteva aiutarlo per migliorare la qualità del frutto e avendo avuto il consenso subito dopo si presentò con in braccio un agnello che sgozzò facendo cadere un poco di sangue in una zolla. Allontanatosi ritornò con il sangue di un leone che aveva ucciso che versò in un’altra zolla. Ritornò ancora con una scimmia uccisa e versò ancora del sangue in un’altra zolla, infine uccise un maiale e versò un po’ di sangue in un’altra zolla ancora.

Quando Noè gli chiese il significato di quel che era stato fatto il diavolo rispose: «quando si otterrà il nettare di cui parli, chi ne berrà un poco diventerà mite come un agnello, se continuerà a berne diventerà forte come un leone, se ne berrà ancora comincerà a ridere come una scimmia e se insisterà ancora nel bere cadrà a terra e striscerà in mezzo alle immondizie come un maiale». Era questo l’insegnamento alla moderazione nel bere il vino o qualunque altra bevanda alcolica, pertanto, l’ubriacatura è condannata in tutte le religioni.

Considerazioni finali L’uso delle bevande alcoliche, ben presenti in molte civiltà e religioni anche in tempi passati, nel caso delle religioni abramitiche è regolamentato dalle rispettive scritture sacre in maniera tale che non sembra differire apparentemente per le tre religioni. Infatti, sia nella Bibbia, che nel Corano l’uso è proibito in maniera chiara quando è tale da potere provocare danni alla normale razionalità dell’uomo. L’ebbrezza è condannata nelle tre religioni abramitiche poiché può provocare momenti piacevolmente liberatori che, se non tenuti sotto controllo, possono poi degenerare in una forma di dissolutezza che libera i freni inibitori con le prevedibili conseguenze. È inoltre opportuno evidenziare che l’alcol bevuto con moderazione viene ancora oggi usato soprattutto nelle religioni animiste, dove è presente un misto tra riti e credenze, e nelle religioni politeiste.

Nell’islam però, a differenza delle altre due religioni, è sempre e assolutamente proibito, cosa non facilmente comprensibile dalla lettura dei versetti del Corano che lo elogiano. È dunque normale, ipotizzare che l’attuale proibizione da parte dell’islam, pur essendo una religione che trae origine dallo stesso Dio e agli stessi profeti delle religioni che l’hanno preceduta (ebraismo e cristianesimo) possa derivare da una interpretazione estrema dando priorità alla proibizione, rispetto la moderazione, per allontanare il pericolo dell’ubriacatura e dunque della perdita di razionalità e del controllo dei propri atti. Previsione sicuramente importante, ma potrebbe anche evidenziare un’eccessiva debolezza dell’uomo a sapersi contenere per restare nell’ambito di ciò che dal lato religioso resta ammissibile.

Che l’originaria interpretazione venga messa in parte in discussione da diversi Paesi musulmani, non sottoposti strettamente alla sharia, lo dimostra l’autorizzazione alla vendita di alcolici in diversi locali pubblici, ufficialmente concessa per vendere solo agli stranieri, ma di fatto rappresenta una piena attività commerciale che genera ottimi introiti per i commercianti locali.

È evidente che l’acquisto di alcolici anche da parte degli abitanti musulmani è difficilmente controllabile, anche perché in diversi Paesi musulmani si assiste sempre più all’aperura verso l’uso moderato degli alcolici, con una interpretazione dunque estensiva delle disposizioni coraniche che taluni mettono in atto quasi con un senso di colpa e quasi sempre in maniera nascosta.

Da tali considerazioni è evidente concludere che alcune disposizioni religiose, così restrittive e derivanti da difficile giustificazione interpretativa del relativo Testo Sacro, potrebbero variare a seguito di una adeguata contestualizzazione dell’islam, così come hanno già fatto altre religioni e soprattutto l’ebraismo e il cristianesimo, contestualizzazione che, purtroppo, tarda ad avverarsi per l’Islam, anche se da recenti illustri studiosi musulmani ne è stata evidenziata la necessità.

Verosimilmente si potrà evidenziare che queste proibizioni incidono poco sulla religiosità di un popolo, ma non si può escludere che l’eventuale disubbidienza a tale proibizione religiosa possa essere presa a giustificazione da parte di fanatici per compiere poi azioni riprovevoli e anche per innescare veri eccidi che nulla hanno di religioso, né di rispettoso della volontà dell’unico Dio che ci accomuna.

Note

1 La Bibbia è formata da ben 73 libri, 46 formano l'Antico Testamento, 27 formano il Nuovo Testamento. I primi cinque libri della Bibbia costituiscono il Pentateuco, seguono poi 17 libri storici, i libri profetici e i libri sapienziali.
2 Mitzvá (plurale mitzvòt) è un termine usato nella religione ebraica, che significa "comandamento" e rappresenta un precetto religioso ebraico.
3 Nel calendario ebraico le giornate vanno dal tramonto alla sera, le motivazioni vanno cercate nella Genesi dove i giorni vengono scanditi nel modo seguente: “e fu sera e fu mattina” (Genesi 1,5). Nella tradizione ebraica, lo Shabbat finisce il sabato sera con l’apparizione di tre stelle, circa quaranta minuti dopo il tramonto.
4 “Tasnîm” significa letteralmente “sorgente di acqua abbondante” ed è il nome di una fonte del Paradiso. Pertanto, è probabile che trattasi del vino con aggiunta di acqua di una fonte del Paradiso (Tasnîm). Dunque, il vino non è espressamente citato.
5 Il Talmud, che si può tradurre con "insegnamento" e da non confondere con la Torah, è il più importante testo sacro ebraico, assieme alla Bibbia, che regola la vita delle comunità ebraiche che vivono in qualunque località, è composto da 63 trattati con argomenti quali la filosofia, le tradizioni, la storia, i costumi ecc. e dà le basi per la tradizione morale e giuridica. Con l’occasione può essere utile evidenziare che la Torah è la prima parte della Bibbia ebraica (Tanakh) e raggruppa i libri attribuiti a Mosè, cioè i primi cinque libri della Bibbia (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio), mentre il Talmud è la legge “orale” e comprende la compilazione delle interpretazioni rabbiniche della Torah.