Con i suoi visionari e metaforici paesaggi Paolo Salvati (1939-2014) comunica la condizione dell’uomo contemporaneo, fornendo un’originale interpretazione del binomio uomo-natura (Michela Ramadori).
Senza ricorrere a rigide regole compositive, assumendo un atteggiamento di riflesso delle esplorazioni introspettive, il pittore romano rappresenta una natura che nasce dal suo stato interiore, trasferibile su un piano universale.
I suoi aurei paesaggi non raffigurano infatti la realtà ma scaturiscono dalla condizione esistenziale dell’artista possedendo quindi un valore passionale ed evocazionale non privo di inflessioni psicologiche.
In sintonia con il suo periodo storico Salvati mostra, oltre alla propensione verso il coinvolgimento emotivo dell’osservatore, utilizzando un linguaggio personale nel cogliere la realtà esteriore e i suoi effetti coloristici e luministici, anche un sincero amore per la natura. Il paesaggio diventa così luogo dell’uomo, con il suo turbinare delle emozioni e travaglio dell’anima.
Rifiutando il concetto di pittura volta al solo piacere del senso della vista, il Maestro sposta la visione dall’occhio alla più profonda interiorità dello spirito umano, con un concetto derivante dall’Espressionismo, soprattutto francese, e dal movimento d’avanguardia dei Fauves.
La simbologia delle opere
Salvati mira quindi a rappresentare la luce e i suoi effetti su forme e colori, sperimentando insolite composizioni come la pietra e l’albero di colore blu, giungendo tuttavia a risultati aderenti all’imminente ritorno alla pittura.
Pietra blu è un dipinto del 1973-74 che annovera al centro una grande pietra blu, mentre tutt’intorno compaiono rovi misteriosi e pericolosi per l’uomo che giunto ai piedi della pietra ha come unica possibilità quella di affrontarla. Rappresenta il difficile viaggio che l’uomo è costretto ad affrontare per vivere, la pietra è il peso dell’esistenza che ci costringe a soffrire e lottare, solo coloro che riusciranno a superarla raggiungeranno la l’armonia e la gioia di stare al mondo.
Donne al mare sotto l’ombrellone è un’opera del 1973, denuncia quanto lo spettacolo immenso del mare lo affascina e lo attrae anche se la sua poetica volge all’astrazione della coscienza. In questo è evidente la corrispondenza con Sandro Luporini e il suo mare di Viareggio.
Del 1974 è il dipinto Sogno di primavera d’alta montagna, dove le figure diventano evanescenti per denunciare lo stato di sogno e la visione che nasce in esso.
Sogno d’estate è un’opera del 1975 che delinea “una nostalgica visione di un giardino d’infanzia perduta, un rifugio dalle asprezze della vita, dai rimproveri che la società disumana rivolge a chi non si allinea” (Cesare Sarzini).
Ne La montagna gialla del 1991 la sua poetica subisce una trasformazione profonda nell’alternanza della luce e dell’ombra e nell’armonia dei colori, manifesta una fluida materia elaborata con cromatiche dissolvenze e avvolgenti atmosfere.
La prima opera della fortunata serie Albero blu è stata realizzata nel 1973, il periodo più significativo della produzione del Maestro che dipinge una pianta blu spoglia, isolata e sofferente per le traversie sopportate, mentre sullo sfondo sono presenti caldi inserti cromatici. Rappresenta la metafora della difficile e solitaria esistenza umana, ma anche della tenue speranza per un futuro più sereno. In articolo Albero blu del 1982.
Tutte le opere di Salvati forniscono una riflessione sul linguaggio dell’arte e sul rapporto tra pittura e poesia, collocandosi in seno ai dibattiti della sua epoca e sostenendo la salvaguardia della specificità del codice della professione nel suo autentico significato spirituale.
Paolo Salvati nasce a Roma, nel centrale rione Esquilino, il 22 febbraio del 1939, precocemente si dedica al disegno e alla pittura palesando talento artistico. Nel 1960 consegue il diploma di geometra ottenendo il primo impiego nello studio dell’architetto Marcello Rutelli. Sebbene la professione lo impegni molto non viene meno l’interesse per l’arte continuando a dipingere con passione e visitare musei e mostre con lo zio pittore Gabriele Patriarca.
Nel 1962 è invitato alla biennale di Alatri, XIII Mostra Nazionale di Arti Figurative. L’anno successivo sposa Elettra Secco, espone in alcune collettive e ancora alla Biennale di Alatri del 1964, vendendo il dipinto Arlecchino.
In Sardegna
Nel 1967 la professione di geometra lo porta a stabilirsi con la moglie e la figlia Francesca in Sardegna dove continua ad essere attivo nella vita artistica: nel 1967 è alla II Mostra Biennale Regionale Centro Studi Arborensi svoltasi nella galleria comunale di Oristano; negli anni successivi partecipa a mostre ed esposizioni a Cagliari, Bosa, Oristano, Paulilatino, Ghilarza e Castelsardo. Alla fine del 1968 il comune di Paulilatino gli acquista un paesaggio attualmente visibile in una sala comunale. Alcuni anni dopo decide di abbandonare la professione di geometra per dedicarsi interamente alla pittura, lascia la Sardegna e rientra definitivamente a Roma nel 1972, anno che coincide con la nascita del secondogenito Andrea.
Nella Capitale, a piazza Navona
A Roma avvia una vicenda artistica piena di lavoro che per molti anni lo vede impegnato in mostre collettive, come le rassegne di arti plastiche e figurative di Trinità dei Monti e le esposizioni di dipinti lungo l’attuale Galleria Alberto Sordi, prima Colonna. Nella mostra a Trinità dei Monti del 1975 vende un paesaggio alla moglie del magnate dell’auto Ford.
In questi anni frequenta i pittori Rinaldo Caressa, Roberto Venturoni, Antonello Riommi e Alessandro Sbardella; spesso va nel suo studio-laboratorio Cesare Sarzini, allora allievo di Franco Gentilini all’Accademia di Belle Arti di Roma. Nel laboratorio, oltre a dipingere, realizza cornici a foglia oro e argento che tuttavia non gli consentono adeguati guadagni per cui inizia l’attività di ritrattista a piazza Navona. Nonostante la dura vita d’artista, a piazza Navona conosce il duca Giuseppe Avarna, poeta e profondo conoscitore di poesia francese, che gli dedica una poesia in cui cita per lui Mallarmé, Marco Pannella, Vittorio Sgarbi e altri personaggi famosi che ammirano la sua arte.
Dai primi anni Ottanta espone ed entra a far parte dei “Cento Pittori di via Margutta”. Alla fine del 1986 allestisce alla galleria La Bitta la prima personale; nel 1987 è invitato dalla galleria Apollodoro alla mostra L’ora degli architetti in cui sono presentati lavori di Michael Graves, Hans Hollein, Arata Isozaki, Paolo Portoghesi ed Ettore Sottass, in tale occasione espone i suoi dipinti.
Partecipa a mostre estemporanee e fiere nella Regione Lazio fino agli inizi degli anni Novanta quando avviene l’incontro che pone termine all’esperienza di piazza Navona. Incontra il principe Agostino Chigi Albani della Rovere, conoscitore d’arte non solo per tradizione familiare, che gli acquista diverse tele.
L’apprezzamento del principe Chigi risulta decisivo e il sostegno del mecenate gli dà serenità di spirito per realizzare la personale del 1995 nella Galleria Doria di Porto Ercole; l’anno seguente riceve il primo premio con il dipinto Scogliera in notturno alla rassegna d’arte contemporanea ArtItalia.
Nel dicembre del 2000 allestisce nella Galleria Gesù e Maria in via del Corso una personale, nell’occasione Agostino Chigi presenta un reportage fotografico sull’India. Nello stesso anno vince il primo premio della IX edizione di pittura estemporanea di Anticoli Corrado con il quadro Le stalle acquisito dal Civico Museo d’Arte Moderna e Contemporanea.
Nel 2001 espone di nuovo nella Galleria Gesù e Maria, invitato all’evento per la chiusura dell’anno giubilare, in questa occasione chi scrive ha modo di conoscere Salvati con il quale instaurerà un rapporto di reciproca stima favorito dal direttore della Galleria Fiorello Ardizzon. Nel 2003 cura un’altra personale nella Galleria Il Selvaggio, nel 2007 partecipa alla I estemporanea di Subiaco, espone al museo MaMEC di Cerreto Laziale e vince il primo premio della XI estemporanea di Anticoli Corrado.
L’anno successivo è alla mostra dei Cento Pittori di via Margutta, alla II edizione dell’estemporanea di Subiaco e al Carrousel du Louvre, Parigi. Nel luglio del 2009 a Trani presenta quadri alla Biennale d’Arte Contemporanea, curata dalla Fondazione Giuseppe De Nittis. A questo periodo risale l’incontro con il critico d’arte Paolo Levi, tuttavia altri critici si sono interessati della sua pittura, tra questi Elio Mercuri, Andrea De Liberis, Cesare Sarzini, Michela Ramadori e Alberto Moioli. Recensioni si trovano sulle riviste Cultura, Arte, Exibart, l’artista è segnalato dal 2009 sul Catalogo dell’Arte Moderna Gli Artisti Italiani dal Primo Novecento ad Oggi, edizioni Giorgio Mondadori, sull’Atlante dell’Arte Contemporanea, edizioni De Agostini e nel 2022 in copertina della decima edizione dell'Enciclopedia d'Arte Italiana Catalogo Generale Artisti dal Novecento ad oggi.
Del 2010 è la serie Unica, ritratti per etichette di bottiglie di vino d’autore. La prima opera della citata serie è Isabò, realizzata con tecnica mista e rapide pennellate ritrae una giovane donna vestita di bianco dall’espressione serena con la testa leggermente reclinata che sembra leggere un libro. Nello stesso anno, il 20 e il 21 ottobre, il pilota Andrea Palma corre nell’autodromo di Monza con l’immagine stampata a colori, sul cofano della Ferrari F430, della prima etichetta della serie Unica intitolata Isabò.
Paolo Salvati muore a Roma il 24 giugno 2014 lasciando una smisurata eredità fatta di poesia e colore.