L’Alto-Mahakam diventa decisamente stretto e tortuoso subito a monte del villaggio di Kasu (25 km oltre Long Bagun) da dove hanno inizio le prime grandi rapide, riam. Per proseguire è necessario noleggiare un mezzo adeguato, con due motori da 40 cavalli che consumano mediamente 35 litri l’ora, e un equipaggio esperto. Purtroppo l’alto costo del carburante nella parte alta del fiume fa lievitare notevolmente la spesa delle spedizioni. Da Long Bagun a Long Pahangai (120 km ca.) sono sette i gruppi di temute riam che occorre superare. La prima serie di rapide che si incontra appena lasciato il villaggio di Long Bagun, denominate dagli indigeni riam halo e riam udang (gamberetti), è nota per l’alto grado di pericolosità. Poco oltre si è ripagati della fatica appena compiuta con la visione paradisiaca della cascata più bella del percorso: un salto d’acqua dalla cima di una parete di roccia basaltica a lato del fiume. Il tratto più impegnativo, in quanto le grosse rapide si susseguono con brevi intervalli, comincia subito dopo la confluenza del Sungai Boh. La natura circostante è selvaggia, con ampi scorci di foresta primaria, cascate e sagome di vulcani spenti ricoperti dalla vegetazione.

Da Long Pahangai a Tiong Ohang (90 km ca.) la navigazione è tranquilla, con altre leggere cascate lungo la via d’acqua, che quassù è ancora color caffelatte. A circa metà percorso c’è l’aeroporto di Data Dawai collegato regolarmente, quattro giorni la settimana, con Samarinda. Dalla sua attivazione, un numero sempre crescente di turisti è presente nell’Alto-Mahakam e, guarda caso, anche i prezzi non sono più gli stessi. Ora si può giungere a Data Dawai seduti comodamente in aereo e scegliere di fare ritorno a Samarinda via fiume o viceversa. La maggioranza dei viaggiatori, però, si accontenta di visitare solo i dintorni in attesa del volo successivo. L’area di Tiong Ohang è abitata dai Dayak Penihing, perfetti conoscitori dei passaggi che conducono al Sungai Kapuas (Kalimantan Barat) via terra, oltre le montagne del Muller.

Per giungere a Long Apari (40 km da Tiong Ohang), l’ultimo avamposto a un centinaio di chilometri dalla sorgente, bisogna essere disposti a sopportare un po’ di fatica fisica poiché il letto del Mahakam è ormai ridottissimo e gli ostacoli naturali da superare si moltiplicano. Ne sarà comunque valsa la pena; all’arrivo riceverete un’accoglienza autenticamente Ulu che vi ripagherà abbondantemente delle fatiche del viaggio.
In generale, i tempi di risalita per giungere quassù dalla costa possono variare enormemente: da pochi giorni a pochi mesi, a seconda delle condizioni del fiume. Se l’acqua è bassa si può procedere con piccole imbarcazioni finché è possibile ma se, al contrario, il fiume è in piena occorre fermarsi a tempo indeterminato, in attesa che il livello si normalizzi. Il viaggiatore che decide di fare questo tipo di esperienza nei mesi con maggiori precipitazioni non può avere problemi di tempo. Una raccomandazione da non sottovalutare mai: evitate di campeggiare in riva ai fiumi, in particolare nelle aree Ulu, poiché il livello dell’acqua può mutare in pochi secondi e sorprendervi pericolosamente nel sonno.

Long Iram
Tranquilla stazione commerciale sull’equatore, a 470 km dalla foce del Mahakam, Long Iram è da considerarsi un paese di frontiera oltre il quale iniziano i territori occupati dalle diverse etnie Dayak. Esso rappresenta il punto estremo per i battelli in servizio lungo il fiume, il principale capolinea del Mahakam; solo in certi periodi dell’anno, quando il livello dell’acqua lo consente, alcuni kapal di linea provenienti da Samarinda superano questo punto per raggiungere regolarmente Long Bagun, 114 km più a monte. Ultimo avamposto della civiltà dei consumi dotato di energia elettrica e di un ufficio postale, a Long Iram è ancora possibile acquistare kerosene, suppellettili, fare provviste o gustarsi una birra con ghiaccio a prezzi accessibili.

La discreta abbondanza e varietà di prodotti reperibili nei negozi, è giustificata dal convergere quotidiano di numerosi acquirenti provenienti dal vasto hinterland e inoltre le merci in questa stazione costano meno del doppio di Samarinda; chi prosegue il viaggio si renderà presto conto che i prezzi di vendita saranno ancora più salati! Long Iram è percorsa in pratica da un’unica strada parallela al fiume lunga svariati chilometri: Jl. Soewondo. Dal molo galleggiante dove attraccano i kapal a Jl. Soewondo c’è una lunga passerella, al termine della quale si trovano alcune bancarelle con un chiosco sul lato sinistro e il pasar ikan (mercato del pesce) assieme al mercato ortofrutticolo sulla destra. Oltre il mercato sorgono parecchie casette a due piani allineate sull’argine, sedi di toko e mini-market.

Le attività commerciali si sono maggiormente sviluppate nella parte meridionale dell’assolata Jl. Soewondo: duecento metri, a cominciare dal molo, che si possono considerare il centro del villaggio. L’ufficio postale (Kantor Pos) risale al 1910 ed è uno dei pochi edifici dell’epoca coloniale olandese. Le costruzioni ai lati dell’unica strada sono prevalentemente abitate da musulmani Kutai (3 moschee), da gruppi di cattolici Dayak Bahau e Modang (due chiese), e da altre minoranze, anch’esse di fede coranica, come i giavanesi, i Bugis e i Banjar rimasti dall’epoca dell’oro. L’atmosfera che si respirava a Long Iram durante la corsa all’oro (lungo il vicino Sungai Kelian), terminata negli anni ’70, è ormai svanita completamente, ma per gli abitanti dell’Alto-Mahakam questa rimane una "metropoli" con negozi illuminati pieni di mercanzie, belle cose moderne, tante antenne della televisione e un kantor pos da dove chiunque può comunicare con il resto del mondo. Anche per il viaggiatore straniero, che decide di discendere il fiume da Long Pahangai, arrivare a Long Iram è quasi come tornare a casa, dove tutto torna a essere familiare.

Bastano pochi minuti per visitare Long Iram che può risultare un centro come tanti altri, dove i giovani sono spesso troppo invadenti con i turisti, ma sicuramente interessante è ciò che questo punto geografico rappresenta per gli amanti dell’avventura. Dalla fine degli anni ‘70 non è più obbligatorio registrare il proprio passaggio alla stazione di polizia di Long Iram (o chiedere il permesso speciale, surat jalan, come in passato); questo obbligo, ormai facoltativo, è stato spostato più a nord, a Ujoh Bilang, nei pressi delle prime rapide. La Polisi di Long Iram si trova comunque a 300 metri dal molo, sulla pista per Tering Lama. Per l’ufficio di assistenza civile del Kantor Camat bisogna seguire il sentiero che costeggia il fiume fino a Sukomulio, tre chilometri a monte del molo. E’ consigliabile farci un salto per un saluto agli impiegati, sempre bene informati sulla situazione generale del vasto sottodistretto di Long Iram, abitato per lo più da Dayak Bahau. Nell’ufficio date uno sguardo alla mappa dettagliata della regione con segnati i sentieri, la miriade di corsi d’acqua, i villaggi e le decine di campi per lo sfruttamento ambientale e chiedete se c’è qualche festa Dayak in programma nei dintorni.

Per chi lo desiderasse, il Camat è in grado di organizzare cerimonie folcloristiche a pagamento: basta accordarsi per tempo. Anche l’Agenzia Meranti, con l’ufficio in fondo a Jl. Soewondo oltre la chiesa cattolica e l’albergo Losmen Suka Rasa, lavora in questo genere di cose: promuove escursioni e ha contatti con diversi capi-villaggio dell’interno. I Bahau sono noti per la loro festa del raccolto chiamata Dangai, in cui la danza più bella è la Karang Sapek Ngejiak. Per manifestare gratitudine agli spiriti buoni e al Dio del riso Hunai, la tradizionale cerimonia Dangai deve durare almeno 10 giorni. Estremamente spettacolare e famosa è pure la danza Hudoq che solitamente si svolge nel mese di ottobre. I Bahau sono in parte animisti e in parte convertiti alla chiesa cattolica romana, tuttavia anche questi ultimi conservano spesso forti legami ancestrali o comunque un grande rispetto per le proprie tradizioni. Questa tribù Dayak inizia a essere massicciamente presente lungo il Mahakam e i relativi affluenti occupando i territori settentrionali dal Kecamatan (distretto) Long Iram fino a Long Pahangai.

Nel 1901 Long Iram divenne il primo quartier generale olandese dell’Alto-Mahakam con lo scopo di sedare la crisi in atto nella regione che vedeva le tribù Dayak dei Kayan e dei Bahau opposte all’aggressiva invadenza dei commercianti di razza Bugis e Kutai. Per l’occasione vennero trasferiti nell’area soldati giavanesi ma parecchie teste furono tagliate ugualmente. Nel 1907 il Sultano di Kutai affittò le terre Ulu del Mahakam alla corona olandese e l’anno successivo Long Iram era già il principale centro amministrativo della regione. Nei decenni che seguirono, con l’arrivo anche dei missionari cristiani (1923), i rapporti tra le varie etnie lentamente si normalizzarono.

Long Bagun
Questo villaggio è di fatto suddiviso in tre agglomerati distinti e separati, allineati sulla riva ovest del Mahakam: Long Bagun Ulu (a monte), Long Bagun Tengah (centrale) e Long Bagun Ilir (a valle). I tre centri distano solo poche centinaia di metri l’uno dall’altro e sono collegati tra loro e con il vicino villaggio di Ujoh Bilang da due sentieri: uno segue l’argine del fiume e l’altro, più recente e ampio, scorre un paio di chilometri all’interno. Nominando Long Bagun si può intendere generalmente come un paese unico formato da tre piccoli "quartieri" abitati complessivamente da poco meno di 500 anime rappresentanti una dozzina di gruppi etnici differenti. E’ sicuramente interessante osservare le differenze e le analogie fra alcune tribù Dayak in base alle loro aree di provenienza, anche se, poiché gran parte dei Dayak indossa abiti occidentali, non è sempre facile stabilirne le origini senza informarsi preventivamente. A Long Bagun vedrete comunque diversi Dayak veraci, con tanto di tatuaggi e lobi allungati, oltre ai rusticani dell’entroterra, massicciamente presenti al mercato ortofrutticolo e del pesce, che si svolge sul lungofiume. La religione più diffusa è quella cattolica, segue la protestante e un’esigua minoranza di musulmani e animisti.

L’unico alloggio ufficiale, aperto recentemente, è il Penginapan Artomorow (US$ 3.50 per un materasso di gommapiuma steso al suolo) e l’unico luogo di ristoro il warung al molo: entrambi a Long Bagun Ulu. Se dovessero essere chiusi o si desidera alloggiare altrove, i capi dei relativi villaggi si premureranno d’indicarvi le case dei privati dove ottenere vitto e alloggio per circa US$ 4-5 al giorno. Nei due toko, gestiti da indaffarati commercianti cinesi, si possono reperire diversi tipi di cibi in scatola, biscotti e articoli igienici, ma può capitare di trovarli poco forniti o semivuoti. L’atmosfera generale a Bagun Ulu e Bagun Tengah è un po’ deprimente, le case sono trascurate, la gente seria e ci sono pochi bambini. Long Bagun Ulu è l’insediamento più vecchio, quello originario fondato dai Dayak Uma Uai, la tribù tuttora predominante nell’abitato.

In seguito, nel corso degli anni, Long Bagun ha dato vita agli altri due villaggi costruiti poco più a valle aggiungendo necessariamente la definizione Ulu al proprio nome. Le case di Long Bagun Tengah sono invece abitate in prevalenza da Punan e da Dayak Busang-Bahau, trasferitisi dai villaggi subito a monte delle prime rapide, mentre i primi a costruire Long Bagun Ilir furono i Dayak Penihing (detti anche Aoheng), migrati da Tiong Ohang, l’ultimo grosso villaggio dell’Alto-Mahakam. Long Bagun Ilir, strettamente collegato a Ujoh Bilang, rappresenta la parte più dinamica dei tre insediamenti, quella dove una parte dei viaggiatori stranieri solitamente cerca di sistemarsi una volta sceso dal kapal o dall’imbarcazione che lo ha condotto quassù (altri preferiscono Long Bagun Ulu). L’abitazione del kepala desa, centro culturale dei Dayak Penihing, è facile da individuare per la robusta struttura e le vaste dimensioni, oltre all’enorme tamburo appeso in veranda. Le costruzioni dei Penihing si chiamano anch’esse lamin ma, a differenza delle case-lunghe classiche, queste sono case-larghe molto più corte e tozze, però ugualmente adorne di sculture in legno.

Colpiscono, a due passi dal melmoso Mahakam, l’ordine e la pulizia della casa con i legni dei pavimenti tirati a lucido. Nella veranda, che ricopre i tre lati frontali della casa, si entra scalzi per un saluto e per informare l’autorità locale delle vostre intenzioni e dei vostri bisogni, compresa la necessità di rimediare un alloggio ed eventualmente una barca per continuare il viaggio. Quello che rimane delle lamin di un tempo sono i pochi resti sparsi nei pressi del fiume e l’antico palo di Long Bagun Ulu, scolpito in memoria delle vivaci cerimonie spiritiche relegate ormai al passato. Meno di un chilometro a nord di Long Bagun, recintata da una staccionata d’assi all’interno della Sumalindo Timber Company, c’è un’importante scultura in pietra raffigurante il dio Nandi, una mucca accovacciata su di un grande macigno: l’unica testimonianza Indù dell’Alto-Mahakam (Regno Mulawarman), meta di pellegrini di ogni credo.

Da non perdere è pure la visita all’interessante quanto singolare cimitero cristiano collocato fuori Long Bagun Ilir, lungo il sentiero per Ujoh Bilang dalla parte del fiume. Le tombe sono circondate da un muretto in pietra di circa 2 metri per 2, all’interno del quale, adagiati sul pavimento in piastrelle, sono posti gli oggetti comunemente usati per un viaggio o un trasferimento: dalla valigia piena di abiti e con il thermos del caffè per un uomo, ai tegami e stoviglie varie per la donna, ai giocattoli per i piccoli defunti. Tutto questo conferma ulteriormente la natura profondamente politeista del popolo Dayak, accettata debitamente dai missionari cattolici ma non da quelli protestanti. Una presenza eterea molto radicata tra gli indigeni è quella della “rivoluzionaria” Dea Bagun. In passato (ma ancora oggi nel Borneo centrale), a ogni segno inviato dagli spiriti della foresta – come ad esempio un certo tipo di uccello che sorvola il sentiero da destra a sinistra – il cacciatore doveva subito tornare a casa senza cacciare né lavorare, ma una notte la dea apparve in sogno a un famoso sciamano ordinando di non badare più a queste cose ma di pensare a produrre e a lavorare. E’ doveroso segnalare la particolare bellezza naturale di questa regione sempre più minacciata; entrambe le sponde attorno a Long Bagun sono ormai invase dalle basi delle multinazionali specializzate nella lavorazione del legname. Per visitare i dintorni chiedete alla Kosmos Trekking nel villaggio Ulu ed eventualmente confrontate i prezzi e le prestazioni con le guide indigene freelance.

Trasporti
Long Bagun sorge su un’ansa del fiume in prossimità del piccolo affluente Sebunut, a 523 km da Samarinda. I kapal di linea giungono quassù dalla capitale (US$ 10.50) in 4 giorni di navigazione, incluse le soste notturne a Long Iram (114 km) e Data Bilang (52 km); per il ritorno si risparmia un giorno e mezzo. Alcuni piccoli vascelli coprono solo l’ultimo tratto che separa Long Iram da Long Bagun; nella buona stagione 3-4 battelli in media al mese (ogni 7-10 gg.) superano Long Iram diretti a Long Bagun. Per stagione buona s’intende il periodo in cui il livello del fiume non è troppo basso nè troppo alto: il mese più secco è spesso quello di luglio, mentre febbraio potrebbe essere quello con maggiori precipitazioni piovose, ma non è una regola fissa. In alternativa ai lenti e pesanti kapal, le agili lance impiegano un solo giorno a risalire da Long Iram, ma possono costare US$ 100-300. Il noleggio di un motoscafo da Samarinda direttamente per Long Bagun costa US$ 450 (115hp) e US$ 500 (200hp), impiegando rispettivamente 12 e 10 ore. Long Bagun si trova a 583 km dalla foce del Mahakam e a circa 380 km dalla sua sorgente.

Per Long Pahangai e Tiong Ohang
Long Pahangai è situato oltre le grandi rapide, 120 km a monte di Long Bagun. Per superare questo difficile tratto è indispensabile procurarsi una robusta speed-boat armata di due potenti motori da 40 hp e condotta da un equipaggio esperto. Se, come ogni tanto capita, il capo-villaggio e il comandante militare sono fuori per una battuta di caccia o altro, rivolgetevi all’anziano ma sempre entusiasta Padre olandese della missione cattolica, in grado anch’egli di contattare i proprietari di imbarcazioni idonee a risalire il Mahakam. Il periodo migliore va da metà marzo a metà luglio, quando le acque sono sufficientemente alte e tranquille, ma non è una regola fissa e ogni periodo dell’anno può andare più o meno bene.

Normalmente occorrono 2 giorni scarsi di viaggio (una notte in tenda) e 250 litri di carburante (10 taniche da 25 lt.) per raggiungere Long Pahangai. Per Thiong Ohang (210 km) e Long Apari (250 km), occorre circa il doppio di tempo (4 giorni scarsi con le soste) e di carburante. In questi calcoli sono compresi i consumi per il ritorno della barca a Long Bagun. Le lance misurano 12-13 metri di lunghezza e uno e mezzo di larghezza, possono caricare fino a 10 persone coi rispettivi bagagli, inclusi il timoniere di poppa e l’assistente vigile sulla punta a prua. Nei tratti liberi da ostacoli naturali le lance avanzano a 15-20 nodi all’ora. Il noleggio di questo tipo di imbarcazioni per recarsi a Long Pahangai costa US$ 300-400, da dividere tra i passeggeri. Per Tiong Ohang e Long Apari la richiesta è spesso doppia anche se dopo Long Pahangai si viaggia tranquillamente senza problemi di rapide.

La faccenda dei costi è un po’ controversa e c’è spazio per contrattare con la controparte. E’ vero che il carburante nell’Alto-Mahakam è carissimo e incide notevolmente sulla spesa del noleggio, ma per alcuni è anche un pretesto per sparare cifre stratosferiche. Possono raccontarvi che per Tiong Ohang e ritorno occorre considerare l’acquisto di 800 litri di benzina quando ne bastano in realtà 400. I Dayak, essendo di natura profondamente fiera, preferiscono incolpare il carburante anche se per la fatica e i rischi del viaggio giustamente meriterebbero un lauto compenso. Per fortuna solo alcuni, spesso i più giovani, provano a esagerare spudoratamente sui costi, questo perché ogni tanto c’è chi paga senza obiettare. C’è stato anche chi, per eccesso, si è presentato a Long Bagun con una decina di taniche di carburante caricate sul kapal a Samarinda. Sarebbe sufficiente fare l’acquisto a Long Iram anche perché a volte il carburante a Long Bagun non è reperibile. Ci ricordano che già anni orsono un gruppo di sei italiani pagò l’equivalente di US$ 820 per andare a Tiong Ohang, ma avevano fretta e soprattutto nessun problema economico. In definitiva c’è chi ha pagato 200 e chi 1000: l’importante è non avere troppa fretta e fare intendere chiaramente che oltre una certa cifra non potete andare mettendo loro nelle condizioni di dover decidere.

… Mi è capitato di trovarmi in un punto isolato dove il proseguimento dipendeva da un gruppo di indigeni (non Dayak) che per percorrere un tratto al prezzo valutabile in US$ 20 ne chiedevano 200. Il mio compagno di viaggio e io siamo rimasti 3 giorni in una tenda a lato del villaggio. Ogni 3-4 ore mandavano qualcuno con un po’ di cibo, contrattavano sul prezzo e ogni volta calavano. Al quarto giorno ci avrebbero portati a destinazione anche gratis e se avessimo tenuto duro ancora un giorno sono certo che ci avrebbero offerto qualcosa per andarcene. Questo è stato un caso limite mai più verificatosi, un’eccezione. Difficilmente si creano situazioni simili con i Dayak dell’interno… Purtroppo è opinione diffusa che tutti i bianchi siano ricchi e, parlando di prezzi, in questa visione astratta può succedere di tutto, ma solo occasionalmente. Per risparmiare, e non solo, è comunque basilare poter viaggiare con un po’ di calma e usare un minimo d’attenzione. Con del tempo a disposizione, si può anche trovare una barca di commercianti diretti oltre le rapide e ottenerne un passaggio per poca spesa o addirittura gratuitamente, certo può anche capitare di dovere attendere un giorno come un mese e non sono in molti a poterselo permettere. Qui inizia il viaggio verso le aree Ulu, verso la musica di madre natura.

Alternative al fiume
1. L’aeroporto di Data Dawai a Long Lunuk, collegato regolarmente con Samarinda, si trova 35 km a monte di Long Pahangai.
2. Un sentiero di 60 km, parallelo al Mahakam, collega Long Bagun a Long Pahangai ed è l’alternativa al fiume quando questo non è navigabile.

Long Lunuk
Grazie a questo modesto traffico di stranieri, a Long Lunuk c’è chi si è organizzato con vitto (tre pasti) e alloggio disponibili per US$ 3.50 a testa, ma c’è da credere che i prezzi subiranno sensibili ritocchi. Chiedete di Pak Bri: gestisce una specie di pensione super spartana, noleggia la barca, fa da guida e conosce qualche parola di inglese. Prima di contrattare sul prezzo per eventuali escursioni lungo il Mahakam, consultate alla "reception" il grosso quaderno coi dati dei viaggiatori che vi hanno preceduto in cerca di indicazioni utili, costi compresi. Provate a chiedere anche alla concorrenza, ma non sono in molti a essere attrezzati con grosse lance e quei pochi si sono già accordati sui prezzi. L’alternativa rimane il ketingting, che viaggia lentamente e consuma poco avendo un motore di soli 6 hp. Il paesaggio è notevole, con una serie di cascate lungo il tragitto, e bisognerebbe fare di tutto per goderselo con calma.

La quasi totalità dei bianchi che arrivano a Long Lunuk vuole vedere Tiong Ohang (45 km) e soprattutto Long Apari (85 km). Per una somma che varia da US$ 100 a 200 - dipende molto dall’abilità nel contrattare - Pak Bri vi accompagna a Long Apari con la sua lancia armata da due potenti motori fuoribordo, dorme con voi al villaggio e il giorno seguente vi riporta a Long Lunuk. La lancia è lunga una dozzina di metri e può trasportare fino a otto passeggeri coi quali dividere la spesa. Il viaggio dura circa 6 ore con l’inconveniente che nell’ultimo tratto, dieci chilometri dopo Tiong Ohang, il corso del fiume si impoverisce obbligando gli occupanti a scendere per trascinare il mezzo con un discreto dispendio di energie. Alcune agenzie propongono dei tour forzati da infarto, per fortuna poco seguiti, con partenza all’alba da Samarinda in aereo, arrivo a Data Dawai, trasbordo sulla lancia e tutta una tirata fino a Long Apari per cerimonie, danze e cibo, poi giù di nuovo a Tiong Ohang per la notte. Il giorno successivo giù ancora in barca e trekking oltre le rapide fino a Long Bagun e così via a seguire. Può essere un’idea: rivolgetevi alla Cisma Angkasa Travel di Samarinda oppure alla Ayus Wisata Tour, anch’essa di Samarinda.

Tiong Ohang
L’enclave dell’Alto-Mahakam comprende due sottodistretti con una popolazione complessiva inferiore ai 2 abitanti per km 2: il kecamatan della parte orientale conta 3500 anime ed è amministrato da Long Pahangai, mentre il capoluogo della parte occidentale, estremo territorio del Kutai abitato da 2500 Dayak, è Tiong Ohang. Il villaggio di Tiong Ohang (300 ab.) si estende sulla riva sud del Mahakam, alla confluenza del fiume omonimo. Le costruzioni governative del Camat, della clinica, della polizia e dell’esercito sono raggruppate accanto al villaggio originario, abitato in prevalenza dai Dayak Penihing (altrimenti detti Aoheng). Proprio qui il viaggiatore che intende visitare i dintorni o reclutare delle guide per raggiungere il fiume Kapuas dovrà cercare di sistemarsi, una volta terminata la breve prassi burocratica.

Tiong Ohang è un "posto di frontiera" dove bisognerebbe sostare per registrare la propria presenza nell’area e i relativi programmi: una semplice formalità. Diversa procedura viene applicata a chi giunge dal Sarawak, poiché questo non è un punto di transito ufficiale per gli stranieri: un breve rapporto scritto corredato dal foglio di via e poi vi lasceranno liberi di andare dove vi dice il cuore. Chi invece va solo a Long Apari spesso tira dritto senza neppure fermarsi. Il molo galleggiante di Tiong Ohang si trova leggermente a monte dell’abitato, collegato con il terrapieno da traballanti passerelle; tre statue animiste raffigurate col braccio alzato vi danno il benvenuto dalla piattaforma in cima all’argine. All’ingresso nel villaggio si può rimanere esterrefatti dall’incredibile concentrazione di antenne paraboliche satellitari per la televisione, probabilmente un record in rapporto alla popolazione, ma sicuramente una delusione per chi si aspetta di entrare in un remoto insediamento fuori dal mondo, abitato da feroci e primitivi Dayak. Le antenne rappresentano una giusta esigenza per compensare l’isolamento e al contempo conferiscono importanza al singolo abitante e alla comunità.

Girando per le case non è difficile scorgere altri corpi estranei provenienti dalla civiltà dei consumi, come radio ricetrasmittenti, sofisticate strumentazioni meteo, macchine da cucire a pedale e anche una lustra motocicletta giapponese, inutilizzabile quassù nella giungla. Il benessere individuale e collettivo di Tiong Ohang è dovuto principalmente ai lauti stipendi percepiti nel vicino Sarawak, dove gran parte dei giovani si reca per lavorare in qualità di operai stagionali. Questo andirivieni regolare dalla fine degli anni '70 è in parte testimoniato anche dalle mercanzie provenienti da oltre confine e reperibili nel toko vicino all’attracco. I Penihing sono anche abili intagliatori del legno e una discreta produzione di oggetti, in particolare i , ovvero gli stupendi zainetti per trasportare gli infanti destinati al mercato esterno. L’atmosfera generale suggerisce un’opulenta serenità: al mattino i piccoli vanno alla scuola, i grandi, quando non è periodo di semina o di raccolto, sanno di poter pescare enormi pesci-gatto. Nel tardo pomeriggio i ragazzi amano confrontarsi a pallavolo, con tanto di campo e rete a misure regolamentari, e nei giorni festivi l’appuntamento è alla chiesa cattolica per la messa. Tatuaggi (anche nel collo, molto simili a quelli degli Iban) e lobi allungati, patrimonio dei più anziani, sono in via di estinzione, ma le antiche tradizioni rimangono sacre e intoccabili. Le due lamin, parzialmente decorate, ornate da sculture, effigi e pali totemici, hanno la funzione di quartier-generale e rimangono gli indiscussi centri culturali del villaggio. Qui spesso vengono ricevuti e ospitati i visitatori stranieri.