L’attuale situazione del Sahara Occidentale sembra sul punto di degenerare in una potenziale guerra tra Algeria e Marocco. Una nuova polveriera, una vera mina vagante che improvvisamente può esplodere sconvolgendo gli equilibri precari nell’occidente africano, con gravi ripercussioni non solo in Africa, ma nell’intero mondo. La soluzione di questo grave problema sembra dipendere dalla risposta che il Marocco potrà dare alla pressante richiesta di autodeterminazione del popolo saharawi.
Per avere una migliore comprensione del pericoloso processo in atto è indispensabile richiamare un brevissimo excursus storico sui principali eventi che hanno caratterizzato queste aree africane negli ultimi 150 anni circa.
Il Sahara Occidentale è un territorio sulla costa atlantica che confina con Marocco, Mauritania e Algeria ed è in massima parte desertico. Gli abitanti originari erano i Saharawi (letteralmente "gente del deserto"), che secondo una stima dell’ONU nel 2009 erano poco più di 500.000, di cui una parte rifugiati nei campi profughi algerini e una parte distribuita nel vasto territorio del Sahara Occidentale. Sono di origine prevalentemente berbera e di fede sunnita e si dedicano primariamente alla pesca e all’allevamento del cammello. La loro origine si fa risalire agli arabi Maqil, tribù pastorale nomade proveniente dallo Yemen, che emigrarono nella regione del Maghreb nel XIII secolo.
Brevi richiami storici
Per esprimere una valutazione sulla complessità di tale argomento è indispensabile risalire alle condizioni geopolitiche che a fine ‘800 hanno generato la spartizione del territorio africano da parte dei principali Paesi europei e limitrofi. Una spartizione dovuta all’ingordigia di popoli che aspiravano all’accaparramento di quante più ricchezze possibili tra quelle naturali esistenti in Africa, con azioni che sconoscevano spesso il rispetto dei diritti umani tanto ostentato dagli stesi Paesi colonizzatori. Una spartizione concordata, ammantata da giustificazioni che sin da allora risultavano poco credibili, anche se da tutti, per puri interessi di potere, furono condivise e accettate.
Le opere di spartizione iniziavano generalmente per ogni Paese con l’assunzione del controllo di un territorio sotto forma di protettorato, ma ci volle poco a passare dal protettorato al colonialismo con cui qualche volta venivano annullate le vigenti tradizioni locali e non sempre rispettati i diritti umani degli abitanti originari.
Così come è avvenuto per altri Paesi africani, i confini del Sahara Occidentale sono stati disegnati a tavolino senza tenere alcun conto delle etnie presenti nei singoli Stati e ancora oggi in molti Paesi africani si riscontra la contestuale presenza di diverse etnie, differenti non solo per la lingua, ma anche per alcuni loro usi, costumi e religione.
La Conferenza di Berlino (1884-1885)
La vera storia coloniale africana ha origine proprio in occasione della Conferenza di Berlino apertasi il 14 novembre 1884 con la partecipazione di 14 potenze: Germania, Austria-Ungheria, Belgio, Danimarca, Impero Ottomano, Spagna, Francia, Gran Bretagna, Italia, Olanda, Portogallo, Russia, Svezia. Come si evince da una pubblicazione riportata dal sistema di archiviazione e consultazione Omero1:
L’Africa è l’area che fa maggiormente le spese di questa competizione tra le nuove potenze industriali europee. La Conferenza di Berlino (1884-1885), si svolse sotto l’ideologia che assegnava solo alle potenze europee e ai popoli bianchi d’oltreoceano il diritto alla sovranità: le altre aree erano considerate territori vuoti liberamente occupabili e spartibili. La divisione del continente africano fu fatta sulla base di una terribile violenza geografica e ideologica, seguendo cioè le coordinate geografiche o il corso dei fiumi e l’orografia, ma non tenendo minimamente conto delle caratteristiche storiche, culturali, antropologiche, economiche dei popoli che vi abitavano.
La citata conferenza diede il via alla spartizione a tavolino del continente africano da parte di alcuni stati occidentali, e da tale data possiamo dire che iniziarono i protettorati, degenerati poi in colonizzazioni.
Anche la colonizzazione spagnola del territorio del Sahara Occidentale iniziò nel 1884-1885 sotto forma di protettorato, quando, grazie agli accordi scaturiti dalla conferenza, fu creato il Sahara Spagnolo che comprendeva il territorio di Rio de Oro2 a Nord della Mauritania e la cui storia è riportata in alcune biografie dell’esploratore Emilio Bonelli.
Nel 1884, infatti, Emilio Bonelli Hernando inviato dalla Spagna esplorò i territori del “Rio y Oro” ottenendo la firma di un accordo con le popolazioni locali per il riconoscimento del controllo da parte dell'autorità spagnola del territorio: da Rio y Oro a Capo Bojador. Si trattava di popolazione quasi esclusivamente nomade, divisa in tribù guidate da capi. Il protettorato si trasformò presto in vera e propria colonia.
Poiché l’attuale vicenda del Sahara Occidentale è strettamente dipendente da tali fatti originari e dalla loro evoluzione, ritengo opportuno riportare di seguito una breve citazione su tali avvenimenti, desunta dalla biografia di Emilio Bonelli Hernando, di origine italiana e nato a Saragozza, pubblicata in spagnolo dalla “Real Academia de la Historia” e confermata dalla Sociedad Geografica Española.
Dopo aver vagato per qualche tempo la costa, decise di effettuare il suo primo sbarco nella penisola del Río de Oro, la Dahla-es-saharía degli arabi. Sbarcò da solo, senza supporto militare; era il 4 novembre 1884. Dopo aver issato la bandiera spagnola, pensò di tracciare i confini della città che lui stesso decise di chiamare Villa Cisneros. Lo sbarco non offrì ostacoli, poiché gli arabi scelsero di ritirarsi nell'interno e quel pezzo di costa era deserto. L'attività del piccolo gruppo di esploratori spagnoli fu orientata, prima, all'assistenza di gruppi nomadi e pescatori, e poi, alla pulizia di vecchi pozzi che potevano essere di acqua potabile. Dopo i primi contatti con gli autoctoni, Bonelli, in nome della Spagna, prese sotto la sua protezione i territori della costa occidentale dell'Africa tra West Bay e Capo Bojador. Dopo aver firmato un accordo con l'Ulad Bu Sbaa3 di Cabo Blanco nel novembre 1884, la Spagna stabilì il suo protettorato con la fondazione di Villa Cisneros a Río de Oro, Puerto Badía nella baia di Cintra e Medina Gatell a Cabo Blanco. […] Alla fine del 1884 Bonelli tornò a Madrid, ricevendo congratulazioni di ogni genere per la sua prestazione. Il governo spagnolo rese immediatamente noti i fatti ad altre potenze e li presentò il 26 dicembre 1884 come dichiarazione del protettorato spagnolo del Sahara occidentale.
Da quanto sopra si evince che il territorio del protettorato era desertico e di fatto quasi abbandonato dagli stessi abitanti che si ritirarono nella parte interna (verso il deserto).
Il Trattato di Fès
Il Marocco, col Trattato di Fès del 30 marzo 1912, divenne un Paese sotto il protettorato francese e nello stesso anno, con la Convenzione di Madrid del 27 novembre 1912 tra Francia e Spagna, furono regolati i confini spagnoli e francesi dal Marocco fino alla Mauritania. In quell’occasione la Spagna vide riconosciuta la propria influenza anche sulla zona settentrionale del Sahara Occidentale (Saguia el-Hamra4).
La Spagna assunse anche il protettorato:
- sul territorio del Rif, area mediterranea nella zona nord del Marocco fino ai confini con l’Algeria;
- sul territorio di Ifni, che comprende la città di Sidi Ifni sulla costa atlantica e sul territorio di Cabo Juby con la città di Tarfaya, vicino al confine col Sahara Occidentale.
Nel 1934 la Spagna occupò poi anche militarmente il territorio e insediò una amministrazione autonoma, creando l’amministrazione del "Sahara Spagnolo", che rimase fino a quando la Spagna lasciò il territorio sahariano nel 1976.
L’indipendenza del Marocco
Il 7 aprile 1956 la Francia riconobbe l’indipendenza del Marocco ed ebbe anche fine il protettorato della Spagna sul Marocco Spagnolo, formandosi così lo Stato indipendente del Marocco che comprendeva anche il territorio del Rif, ad esclusione dei territori di Ceuta e Melilla5 che sono rimasti territori spagnoli lungo la costa mediterranea del Marocco: Ceuta è all’estremità occidentale e Melilla all’estremità orientale vicina al confine algerino.
Nel 1958 finì anche la sovranità della Spagna sul territorio di Cabo Juby e nel 1969 venne lasciato anche il territorio di Ifni, definendosi così lo Stato del Marocco.
La ripartizione dei territori è indicata nella seguente immagine, riportata da Wikipedia, che rappresenta la loro suddivisione prima dell’accordo franco-marocchino del 1956 e tornerà utile anche per una migliore comprensione dell’attuale situazione del Sahara Occidentale.
Fonte: Wikipedia, Río de Oro
Il Polisario
Nel maggio del 1973 si era nel frattempo costituito il Fronte Polisario (Frente Popular para la Liberacion de Saguia el Hamra y Rio de Oro), un movimento nazionalista sostenuto dall’Algeria, inizialmente formato soprattutto da studenti che avevano l’obiettivo di battersi per l’indipendenza del Sahara Occidentale.
Il 6 novembre 1975 il Marocco lanciò la Marcia Verde o Operazione Fath, con circa 350.000 partecipanti, con l’obiettivo di liberare il Sahara Occidentale dalla Spagna.
Il 14 novembre 1975, in conformità a quanto previsto nella carta delle Nazioni Unite, viene firmato l’accordo di Madrid tra il governo spagnolo, quello marocchino e quello mauritano, detto anche accordo tripartito di Madrid. Il Trattato viene approvato anche dai rappresentanti delle tribù saharawi, ma non prevedeva alcun ruolo per il Fronte Polisario.
A seguito dell’accordo di Madrid la Spagna il 26 febbraio del 1976 lasciò il territorio sahariano che si sarebbe dovuto dividere tra Mauritania e Marocco.
Il post colonialismo
Il Marocco e la Mauritania iniziarono allora l’occupazione di questa vasta area prevalentemente desertica, ma nello stesso anno 1976 il popolo Sahrawi dichiarava la propria indipendenza proclamando la Repubblica Araba Sahrawi Democratica (RASD) e iniziando la propria lotta armata attraverso il Fronte Polisario. La RASD non è stata riconosciuta dall’ONU, ma da diversi stati, soprattutto africani, compresa l’Organizzazione degli Stati Africani che nel 1984 ha accettato come Stato membro la Rasd. A seguito di questa decisione il Marocco, come reazione, uscì dall’Unione Africana per rientraci nel gennaio del 2017.
Nel 1979 la Mauritania, che aveva già occupato Dakhla (al-Dāḫila), dopo avere subito una pesante sconfitta si ritirò dalla lotta lasciando il campo libero al Marocco che si insediò in tutto il territorio del Sahara Occidentale.
Tra gli anni 1982 e 1987 il territorio del Sahara Occidentale è stato suddiviso dal Marocco, in senso parallelo alla costa, con la realizzazione di un muro di terra di circa 2700 km disseminato di mine, governando la parte del territorio occidentale (bagnato dall’Atlantico) e lasciando sotto il controllo della Repubblica Araba Sahrawi Democratica la parte orientale. La costruzione del muro, ancorché giustificata dal Marocco, ha suscitato pesanti critiche in tutto il mondo.
L’ONU e il Piano di pace: cessa il conflitto armato
Le lotte tra il Marocco e il Polisario sostenuto dall’Algeria continuarono in maniera cruenta, fino al 1991, quando l’ONU avviò un piano di pace con la missione MINURSO (Missione delle Nazioni Unite per il Referendum in Sahara Occidentale), attraverso la quale veniva sostenuto l’impegno ad effettuare un referendum perché il popolo Saharawi potesse esprimere la propria volontà sull’autodeterminazione.
Il referendum, per varie motivazioni, a tutt’oggi non si è fatto. Il Sahara Occidentale restava e resta ancora suddiviso come rappresentato nella seguente immagine tratta da Wikipedia, in cui è evidenziato in giallo il territorio sotto il controllo del Polisario e con diversi colori la successione dell’avanzamento della costruzione del muro.
Fonte: Wikipedia, Mur des sables
Presentazione del “Piano di autonomia” del Marocco
Il Marocco l’11 aprile del 2007 presentò all’ONU un “Piano di autonomia del Marocco”, di seguito richiamato, proponendo di conferire autonomia al Sahara Occidentale come Regione Autonoma considerata però parte integrante e irrinunciabile del Regno, restando dunque al Marocco la competenza esclusiva in questioni costituzionali, religiose, affari internazionali e potere giudiziario. Una proposta che ha trovato il consenso dell’ONU e dell’Europa, ma l’immediato netto rifiuto del popolo saharawi.
A seguito della proposta di autonomia e del mancato referendum continua la tensione del Marocco anche con l’Algeria che assieme all’Iran dà un grande appoggio al Polisario. Ciò ha determinato una forte reazione da parte del Marocco che nel 2018 ha espulso l’Ambasciatore iraniano in Marocco chiudendo anche la rappresentanza diplomatica a Teheran.
Fine della tregua
Nel novembre del 2020 la tregua è cessata a seguito di azioni delle forze armate di Rabat che con le armi hanno allontanato attivisti saharawi che occupavano una strada nel territorio controllato dal Marocco, impedendo il passaggio di automezzi.
Il Marocco ha continuato nella sua linea politica sottoscrivendo accordi internazionali sulla pesca con Europa e Regno Unito, includendo in tali accordi le acque al largo della costa del Sahara Occidentale. Il Marocco ha inoltre realizzato importanti opere e infrastrutture nel Sahara Occidentale, rilanciando lo sviluppo di città che sono oggi di grande attenzione turistica, come la città di Dakhla che in quarant’anni è passata da circa 17.000 abitanti a oltre 100.000.
Sulle “Terrae nullius”
In merito alla situazione del Sahara Occidentale l’ONU si era già espresso a favore del “diritto del popolo Saharawi all’autodeterminazione” e sulla necessità che ciò avvenisse attraverso un referendum popolare sotto il controllo delle Nazioni Unite6.
La Corte di Giustizia Internazionale ha poi confermato che le terre del Sahara Occidentale, prima della dominazione spagnola, non erano “Terrae nullius”, poiché erano abitate da popolazioni nomadi, ma organizzate politicamente e socialmente in tribù rette da capi rappresentativi.
Il Marocco, di contro, ha evidenziato che il territorio non ha mai avuto le caratteristiche di uno Stato, ma da sempre è stato abitato da una popolazione nomade e che dopo l’abbandono da parte della Spagna è stato oggetto di una vera guerra tra Mauritania e Marocco a cui ha partecipato anche il Fronte Polisario per la sua conquista.
In effetti si tratta di un territorio che non ha mai avuto un ordinamento statale, che è stato una colonia spagnola per circa un secolo e in particolare per diversi anni è stato anche una provincia della Spagna. Un territorio che, lasciato dalla Spagna, ha dato il via a lotte tra il Marocco e la Mauritania con la partecipazione del Fronte Polisario, per il relativo impossessamento. Dalle lotte ci sono stati i vinti e i vincitori e questi ultimi di fatto hanno governato e continuano a governare la parte principale, quella costiera, da oltre 45 anni.
La proposta marocchina sull’autonomia del Sahara Occidentale ha avuto un recente forte consenso anche da parte della Germania, attraverso la dichiarazione rilasciata il 13 dicembre 2021 dal nuovo ministro degli Esteri Annalena Baerbock, mentre la tensione tra Marocco e Algeria è rimasta alta.
Nel mese di agosto del 2021 l’Algeria ha interrotto i rapporti diplomatici col Marocco, sospendendo la fornitura di gas che dal Maghreb arriva in Europa, venendo così a ridursi anche la disponibilità complessiva del gas utilizzabile dalla Spagna.
Il Marocco e gli “Accordi di Abramo”
Il Marocco è stato il quarto Paese musulmano che il 10 dicembre 2020 ha annunciato un accordo per normalizzare le relazioni con Israele firmando gli “Accordi di Abramo” dopo Emirati Arabi, Bahrein e Sudan a fronte del riconoscimento della sovranità marocchina sul Sahara Occidentale da parte degli USA. Il Marocco, inoltre, vanta un vistoso riconoscimento da parte degli Stati Uniti per il forte sostegno che ha dato contro il terrorismo subito dopo l’abbattimento delle Twin Towers (Torri Gemelle).
Gli USA già da diversi decenni hanno dimostrato un grande interesse alla stabilizzazione dei rapporti con i Paesi dell’area maghrebina e con l’area del Sahara Occidentale: Libia, Tunisia, Algeria, Marocco e Mauritania e sono stati i primi a riconoscere l'indipendenza della Mauritania dalla Francia nel 1960, facilitando il suo ingresso nell’ONU nel 1961.
L’accordo con gli USA per il riconoscimento di Israele ha suscitato ampie perplessità, poiché da alcuni Paesi è stato ritenuto quasi un tradimento verso il popolo palestinese. In realtà, sia prima che dopo la sottoscrizione di tale accordo, il Marocco ha sostenuto la causa palestinese manifestando apertamente, dopo l’accordo, che la sua accettazione dello Stato di Israele contribuirà alla distensione tra Israele e il popolo palestinese. Non è certamente paragonabile la situazione della Palestina con quella del Sahara Occidentale.
Nel Comunicato del Gabinetto Reale del 10 dicembre 2020, riportato sul sito di “mapexpress.ma” si legge che il Sovrano del Marocco Mohammed VI si è così espresso in merito alla questione palestinese in rapporto agli accordi di Abramo:
Il Sovrano ha anche sottolineato che il Marocco pone sempre la questione palestinese sullo stesso piano della questione del Sahara marocchino e che l'azione del Regno per consacrare la sua marocchinità non sarà mai fatta, né oggi né in futuro, a scapito della lotta del popolo palestinese per i suoi legittimi diritti. In questa occasione, il Sovrano ha osservato che il Re del Marocco gode di uno status speciale e che ha distinto i rapporti con la comunità ebraica di origine marocchina, tra cui centinaia di migliaia di ebrei marocchini stabiliti in Israele. Sua Maestà il Re, che Dio lo glorifichi, ha affermato che il Marocco utilizzerà tutti gli accordi e i contatti concordati tra il Sovrano e il Presidente americano per promuovere la pace nella regione, e che ciò non pregiudica in alcun modo l'impegno costante e continuo per la difesa della giusta causa palestinese.
Nel maggio del 2021 il Re del Marocco ha ordinato l’invio di aiuti umanitari di emergenza alla popolazione palestinese in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza.
Mancato rispetto dei diritti umani
Diverse organizzazioni internazionali denunciano violazioni dei diritti umani nel Sahara Occidentale per attività illegali. Il Termine “attività illegali” è un temine generico che deve esser espressamente chiarito, poiché dietro quelle che vengono definite “attività illegali” ci possono essere attività che non minano la stabilità dello Stato, ma rappresentano l’esternazione di libere opinioni da parte di cittadini nei confronti dello Stato, che certamente non sono illegali. È evidente che per tali “attività” non si può fare ricorso alla privazione della libertà personale o a mezzi poco umani per evidenziare il non gradimento del dissenso manifestato. Se il popolo saharwi manifesta apertamente e scrive a sostegno della loro autodeterminazione o fornisce informazioni corrette ad associazioni umanitarie per documentare eventuali violazioni dei diritti umani, senza travalicare i limiti di una corretta e libera informazione, ciò non credo possa rappresentare un’attività illegale, ma un diritto di un libero cittadino in un regime democratico. Diversamente si dovrebbe ammettere che non c’è democrazia. La lotta politica non deve assolutamente esprimersi col mancato rispetto dei diritti umani, perché si potrebbe facilmente passare dalla ragione al torto.
Tre possibili soluzioni
Allo stato attuale sembra che, per risolvere il problema del Sahara Occidentale, ci siano solo le tre soluzioni di seguito descritte.
1. L’autodeterminazione
Il decolonialismo non dovrebbe agevolare la costituzione di nuovi piccoli stati autonomi, se non in particolari condizioni socio-economiche e territoriali. Nel caso in esame, anche a seguito delle risoluzioni dell’ONU e delle decisioni della Corte di Giustizia Internazionale, se tutto è fermo, ciò potrebbe significare che esistono ancora forti incertezze sulla legittimità dell’autodeterminazione come soluzione alla decolonizzazione.
Allo stato attuale l’autodeterminazione sembra realmente difficilmente raggiungibile ed il perseverare potrà rappresentare ancora lunghi periodi di forti difficoltà economiche e sociali. Inoltre, significherebbe puntare ancora su azioni di forza col l’aiuto di altri Paesi. Aiuto che non sarà mai gratuito, ancorché mistificato con uno spirito apparentemente umanitario, dunque un aiuto che attenderà poi una adeguata ricompensa. Sono aiuti che spesso degenerano in spargimenti di sangue, mentre gli stessi obiettivi potrebbero essere raggiunti in maniera più sicura e produttiva con ponderati accordi per realizzare una delle due soluzioni prospettate come percorribili: una forte autonomia regionale o un accordo tra l’esistente Stato e il nuovo Stato.
Le remore per l’attuazione dell’autodeterminazione potrebbero trovare giustificazione nel fatto che già nel capitolo “Principio VI” della Risoluzione dell’ONU 1541 (XV) del 1960 era così scritto:
Si può dire che un territorio non autogovernato abbia raggiunto una piena misura di autogoverno mediante:
-emersione come Stato sovrano indipendente;
-libera associazione con uno Stato indipendente;
-integrazione con uno Stato indipendente.
Nel caso specifico l’autodeterminazione significa la creazione del nuovo Stato sovrano indipendente del Sahara Occidentale, con la conseguenziale vanificazione totale o in parte di quanto è stato fatto e continua ad essere fatto dal Marocco, che attualmente governa l’80% del territorio contestato. È inoltre opportuno precisare che il territorio è attualmente abitato prevalentemente da marocchini che, da diverse generazioni, hanno realizzato in quest’area strutture abitative, commerciali e industriali.
La soluzione dell’autodeterminazione è stata respinta dal Marocco in quanto ritenuta contrastante con i diritti già acquisiti successivamente alla spartizione dei territori dell’ex colonia spagnola, spartizione conquistata con lotta armata.
2. La Regione Autonoma
La formazione di una “Regione Autonoma”, che nel caso in esame sembra essere in armonia a quanto previsto dal sopra citato punto c) della risoluzione ONU 1541/1960, dovrebbe rappresentare una particolare forma di integrazione del popolo saharawi nello Stato del Marocco. Le condizioni della proposta sono evidenziate nella lettera dell'11 aprile 2007, indirizzata al Presidente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU da El Mostapha Sahel, Ambasciatore rappresentante permanente del Marocco presso l’ONU e nel relativo allegato “Iniziativa marocchina per negoziare uno statuto di autonomia per la regione del Sahara”.
Nella proposta è scritto che “attraverso questa iniziativa, il Regno del Marocco garantisce a tutti i sahrawi, all'interno come all'esterno del territorio, che essi occuperanno una posizione privilegiata e svolgeranno un ruolo di primo piano negli organismi e nelle istituzioni della regione, senza discriminazione né esclusione”.
Nel capitolo “Poteri della Regione autonoma del Sahara”, riscontrabile nel sito del Parlamento europeo, si potranno leggere, assieme a tutta la proposta e alla citata lettera di trasmissione, quanto realmente è stato offerto, non sempre riscontrabile nelle critiche scritte su tale argomento.
La proposta è stata respinta dal Polisario secondo il quale la costrizione del popolo saharawi ad essere strettamente dipendente dal Marocco non lo renderebbe un popolo libero. Tale rifiuto dovrebbe essere direttamente confrontato con la proposta in ogni suo punto, solo così, a mio avviso, si potrà capire il vero significato della proposta comprendente disposizioni interessanti che, se messe in atto, darebbero al popolo saharawi delle grandi prospettive di integrazione e di sviluppo.
3. La Libera Associazione
All’autodeterminazione richiesta dal Polisario e alla proposta del Marocco per la creazione di una Regione Autonoma del Marocco la citata risoluzione dell’ONU prospettava una terza via: la creazione di una “Libera Associazione” tra il Marocco e un nuovo Stato del Sahara Occidentale.
La “libera associazione” potrebbe garantire alla popolazione saharawi la perfetta armonizzazione con gli attuali abitanti del territorio, anche non saharawi, con una adeguata protezione dei propri diritti. La criticità consiste nel fatto che la popolazione del nuovo Stato dovrebbe dipendere dalle decisioni di un’associazione tra Stati in cui il nuovo Stato del Sahara Occidentale avrebbe pur sempre una forza minoritaria nelle decisioni da assumere, soprattutto in considerazione dell’esiguità numerica della popolazione che rappresenta il 2-3% di quella del Marocco.
Anche quest’ultima proposta, tranne che non venga formulata in maniera tale da dare ampia garanzia al nuovo Stato, non credo che potrà essere facilmente accettata, anche perché, se l’autonomia sarà ampia, è probabile che si configuri di nuovo l’autodeterminazione che non è stata già accettata dal Marocco.
Interessi economici e politici sul Sahara Occidentale
Nel Sahara Occidentale ci sono ingenti miniere di fosfati che rappresentano la ricchezza principale della regione, oltre a grandi quantità di ferro e rame. Un'altra attività economica importante è la pesca nella costa atlantica che rappresenta una ulteriore fonte di reddito.
Il Marocco ha intensificato le ricerche petrolifere affidando le concessioni a diverse società, anche straniere, per la ricerca delle probabili risorse di petrolio e gas esistenti nel sottosuolo sahariano.
Con il controllo di questo territorio c’è il controllo dei movimenti commerciali con tutta l’Africa che passano attraverso la frontiera della costa mauritana, che comprende anche il transito dei camion che trasportano il pesce che dalla Mauritania vanno in Europa7 e diversi prodotti che dall’Europa vanno in diversi Paesi africani.
Dal lato politico le nuove ricerche petrolifere, se con esito positivo, potrebbero fare diventare il Marocco un forte concorrente con l’Algeria nel trasporto del gas verso l’Europa.
Il Marocco, col territorio del Sahara Occidentale, avrebbe un forte controllo su tutta la zona desertica che attualmente lo separa dalla Mauritania.
L’Algeria è attualmente una forte potenza militare che gode dell’appoggio della Russia con il quale, aiutando il Polisario, ostacola la crescita e il prestigio del Marocco nel contesto internazionale e soprattutto nei rapporti con gli USA.
L’aiuto della Russia non è certamente disinteressato, infatti essa avrà tutto l’interesse a rafforzare con l’Algeria i buoni rapporti già esistenti e a sostenerla nelle sue lotte, anche con la fornitura di mezzi militari, guadagnando così una maggiore sicurezza per la sua presenza nel mediterraneo occidentale e nello stesso tempo nella costa atlantica sahariana attraverso il consenso del Fronte Polisario se raggiunge l’autodeterminazione.
Ovviamente su questo particolare quadro strategico anche gli USA sono fortemente interessati e non stanno a guardare, ma sicuramente cercano di fare sentire la loro forza sulle decisioni dell’ONU.
Quanto brevemente descritto rappresenta solo una sintesi dei grandi interessi economici e politici che ci sono in gioco sulla attuale tensione nel Sahara Occidentale.
L’arrivo di Staffan de Mistura
La tensione tra Marocco e Algeria è fortemente aumentata dopo il 22 settembre 2021, quando l’Algeria ha chiuso lo spazio aereo a tutti gli aerei militari e civili marocchini. La risposta dell’ONU è stata immediata, il 6 0ttobre 2021 António Guterres, Segretario Generale dell’ONU, ha nominato Staffan de Mistura, diplomatico italo-svedese già Sottosegretario alle Nazioni Unite, per affrontare i gravi problemi del Sahara Occidentale che coinvolgono in forma diretta Marocco e Algeria e in forma indiretta diversi altri Paesi europei ed extraeuropei.
Con l’arrivo dell’inviato speciale dell’ONU si spera nell’avvio di un passo positivo verso la pace in questa ex colonia spagnola sulla costa atlantica. Egli avrà l’arduo compito di trovare, se c’è, la strada di una corretta mediazione. De Mistura, già inviato speciale delle Nazioni Unite in Siria, Afghanistan, Libano e Iraq, con una ampia esperienza e dimostrata capacità, avrà buone possibilità di proporre una soluzione condivisa che possa disinnescare questa attuale pericolosa mina vagante e portare una pace in questo territorio e di riflesso nei territori viciniori.
Considerazioni finali
È difficile potere oggi ipotizzare quale possa essere la soluzione accettabile dalle due parti, tra le tre prospettate, per arrivare ad una pace duratura tra il popolo saharawi e le popolazioni viciniori.
Allo stato attuale il popolo saharawi vive in una situazione di precarietà, è ricco di antiche tradizioni e rispettoso dei propri costumi, ma fortemente staccato dal livello di modernizzazione che è stato raggiunto dal Marocco e privo, oltre che di risorse economiche, delle principali fonti di assistenza sanitaria e sociale. Per le motivazioni sopra descritte in merito all’autodeterminazione, sembra un’utopia pensare alla sua facile attuazione o comunque è un obiettivo raggiungibile non in un tempo breve e probabilmente lasciando scie di sangue e di disperazione.
Le difficoltà principali all’autodeterminazione, a mio avviso, possono così sintetizzarsi:
- lungo periodo di colonizzazione spagnola su un territorio abitato da un popolo già allora non ben organizzato a livello centrale, anche se è stato escluso che il territorio fosse “terrae nullius”;
- l’esiguo numero di abitanti saharawi in relazione alle ampie dimensioni del territorio;
- il fatto che da circa 45 anni il territorio è governato dal Marocco con potere acquisito dopo una lotta armata e la vittoria sulla Mauritania;
- il numero attuale di marocchini che da quasi due generazioni vivono in questo territorio;
- i grandi investimenti effettuati dal Marocco realizzando servizi e infrastrutture che hanno reso produttive importanti parti del territorio e reso altre parti territorio ben fruibili a livello nazionale e internazionale;
- potenziale interferenza con la sicurezza nazionale del Marocco e con i rapporti dello stesso col mondo occidentale.
E non si può tralasciare il grande progresso che sta registrando a livello internazionale il Marocco, che, grazie all’accortezza del Re Mohammed VI, è oggi riconosciuto come un Paese non governato dalle leggi dell’Islam, ma un Paese che opera nel massimo rispetto dell’Islam, la religione professata da circa il 99% della popolazione.
Un Paese nelle cui città si respira già un’aria di pace e di comprensione per gli aderenti a tutte le religioni, come ho potuto constatare direttamente e come mi è stato decantato da amici marocchini durante una mia visita in Marocco.
Un Paese che, con la firma degli Accordi abramitici nel dicembre 2020, ha riconosciuto ufficialmente lo Stato di Israele. È anche vero che con tale accettazione ha avuto la garanzia da parte degli USA di un appoggio per il pesante problema del “Sahara Occidentale”, ma è anche il Paese che riconoscendo lo Stato di Israele nello stesso tempo non ha abbandonato il popolo palestinese, contrariamente a quanto riportato su diversi articoli di stampa internazionale.
Dopo la firma dei patti di Abramo il Marocco ha promosso azioni economiche a favore della Palestina, creando un rafforzamento dei loro rapporti e non un allontanamento.
Perché dunque non pensare ad una forma di mediazione che faccia confluire l’autodeterminazione del popolo saharawi nella creazione di una Regione Autonoma che, pur facendo Parte del Marocco, possa nello stesso tempo avere una forma di autonomia regionale forte e tale da non mortificare antiche usanze dei saharawi e nello stesso tempo fare fruire la popolazione di benefici economici e sociali per le risorse naturali esistenti nel territorio del Sahara Occidentale?
La Regione Autonoma potrebbe rientrare in un programma di sviluppo economico e sociale e godere dei benefici frutto di uno statuto speciale condiviso con apportate le eventuali modifiche necessarie rispetto all’originaria proposta fatta dal Marocco, rendendo così possibile la convivenza tra le popolazioni di diversa etnia.
È evidente che il popolo saharawi ha avuto e avrà ancora la favorevole attenzione di alcune forze militari straniere, in maniera visibile o invisibile, per come sopra riportato, perché gli interessi in gioco di tipo economico e politico sono forti.
Inoltre, se il popolo saharawi pone come solo obiettivo condivisibile l’ottenimento dell’autodeterminazione, siamo certi che tale obiettivo sarà raggiunto e accettato dai Paesi limitrofi e soprattutto dal Marocco?
Allo stato attuale nessuno spiraglio della diplomazia internazionale lascia intravedere questo risultato e lo dimostra il continuo rinvio del referendum che sembra proprio confermare la poca opportunità di farlo, poiché qualunque possa essere l’esito del referendum, certamente non sarebbe foriero di pace, altrimenti si sarebbe già ottenuto.
La divisione fisica del territorio attraverso un muro, che tanto ha fatto discutere a livello internazionale, non credo possa rappresentare una soluzione pacifica per il superamento di eventuali problemi. Il muro dovrebbe essere considerato come una “emergenza temporanea” per motivi di sicurezza, per limitare il rischio di maggiori azioni cruente che potrebbero essere commesse da ambo le parti.
Infine, qualunque delle tre soluzioni descritte venisse adottata dovrebbe pur sempre passare attraverso il consenso della popolazione saharawiana, cioè attraverso un referendum. E qui si porrebbe il seguente ulteriore grande problema a cui dare risposta: al voto del referendum dovrebbero partecipare tutti gli attuali abitanti del Sahara Occidentale?
Prima di dare la risposta è opportuno considerare che l’attuale popolazione del Sahara Occidentale è costituita da persone:
- che provengono prevalentemente dal Marocco;
- che da oltre quarant’anni convivono in questi territori col popolo saharawi ed hanno quindi visto vivere su queste terre quasi due loro generazioni;
- che hanno partecipato alle prime importanti fasi di sviluppo e di realizzazione di servizi e infrastrutture del territorio.
Quale sarà la risposta?
Un “sì” non sarebbe mai accettato dal fronte Polisario, perché in caso di votazione sarebbe in minoranza.
Un “no” non sarebbe mai accettato dal Marocco, perché mortificherebbe la presenza dei marocchini che per quasi mezzo secolo hanno partecipato alla riorganizzazione di quel territorio desertico ai fini di una più vivibile fruizione.
Ciò conferma ancora una volta la validità della proposta della creazione della “Regione Autonoma”, dove l’accettazione da parte della popolazione si poggerebbe su uno statuto già condiviso delle parti interessate.
Noi siamo certi che Staffan de Mistura, con la sua lunga esperienza e alta capacità di mediazione, riuscirà a dipanare la matassa per evitare il pericolo di una nuova Palestina.
Note
1 “Omero” è il sistema di archiviazione, consultazione e pubblicazione dei dati riguardanti la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Pisa, gestito dal CISIAU (Centro Interdipartimentale di Servizi Informatici per l'area Umanistica).
2 Il nome sembra sia stato tato dato da navigatori portoghesi del XV secolo che, commerciando con scambio di merci con le popolazioni del luogo, hanno ottenuto in cambio polvere d’oro e credendo così di avere scoperto un Paese ricco di oro.
3 Ulad bu Sboa era una tribù locale, evidentemente con potere decisionale su quel territorio; il verbale venne firmato da Sid Ahmed El Vali es Shai della tribù di Ulad bu Sboa.
4 Saguia el Hamra significa “fiume rosso”, dall’omonimo fiume di sabbia rossa.
5 In ognuna di queste città è stata realizzata una barriera fisica di separazione col territorio del Marocco formata da doppia fila di pali e rete metallica sormontata da filo spinato, distanziati per consentire l’accesso a veicoli per il controllo e la sicurezza, dotate di una rete di sensori elettronici acustici e visivi, di un'illuminazione ad alta intensità, di un sistema di videocamere di vigilanza a circuito chiuso e di strumenti per la visione notturna. Obiettivo: ostacolare o impedire l'immigrazione illegale e il contrabbando. Quest’opera è stata oggetto di contestazioni a livello internazionale come per tutti “i muri che dividono due popolazioni”.
6 Risoluzione ONU A/RES/2229 del 20 dicembre 1966.
7 La Mauritania ha concluso un nuovo accordo con l’UE per la pesca secondo il quale i pescatori europei hanno l’autorizzazione a pescare annualmente crostacei, pesci di fondo, tonni e pelagici nelle acque mauritane secondo le quantità stabilite nell’accordo.