In un periodo storico in cui, in varie parti del mondo, si spera che le tensioni esistenti in diversi Paesi e tra diversi Paesi possano attenuarsi, sembra che ci sia chi promuove la nascita di una nuova crociata, aizzando cristiani contro musulmani, una promozione che potrebbe avere come naturale conseguenza la forte ripresa della “Guerra Santa” islamica. Forse chi sta leggendo penserà si tratti di una “boutade”, una vera battuta di spirito provocatoria e paradossale. E invece no, è un’interpretazione (e non solo mia) del contenuto del discorso che il politico radicale olandese Eva Vlaardingerbroek ha tenuto a Budapest (Ungheria), al CPAC1 del 25 e 26 aprile 2024, in cui si è discusso dei cambiamenti demografici in Europa.

Fatta questa breve premessa si ritiene indispensabile chiarire quanto sopra affermato analizzando il contenuto del citato discorso, diffusissimo su internet, riportandone alcune delle frasi più importanti che sono state fortemente contestate in tutto il mondo, ad eccezione da parte di alcuni politici di Paesi che certamente nella linea del loro Governo non hanno sposato la “democrazia”. Il filmato del discorso è stato rimosso da YouTube per "incitamento all'odio", ma la diffusione in scala mondiale era ormai avvenuta ed il filmato è lo stesso visibile.

Il discorso è stato ben preparato affinché, con frasi una dopo l’altra pronunciate con tono crescente e convincente, potesse fare scaturire un applauso di condivisione da parte degli ascoltatori, giocando con abilità sull’attuale situazione di disagio che spesso provano cittadini di Paesi ospitanti gli immigrati. Ovviamente, nel discorso vengono bypassate le responsabilità dovute alla mancata integrazione della maggior parte degli immigrati e non certo solo per colpa loro, ma in massima parte per la poca conoscenza dei motivi che li hanno spinti ad abbandonare i loro Paesi dove venivano perseguitati, uccisi per lotte interne o per religione o da dove scappavano dall’assoluta povertà per pericolo della loro sopravvivenza. Persone che hanno abbandonato luoghi natii e affetti familiari col consapevole rischio di perdere la loro vita durante il tragitto.

Nel discorso, come è chiarito di seguito, assieme a notizie vere sono state inseriti dati che non sembrano avere un riscontro con la realtà, ma sono sufficienti per elevare l’attenzione degli ascoltatori e per dare una parvenza di verità a tutto il discorso ammantato dalla bellezza e dal fascino della relatrice e dai riferimenti cristiani che hanno probabilmente giocato un ruolo importante nella comunicazione.

Non si può certamente addebitare solo agli immigrati la colpa della loro mancata integrazione, come non può essere loro addebitato se, a seguito dalla mancata integrazione e al loro tentativo di isolamento ed emarginazione da parte della popolazione locale, si siano innescate reazioni di violenza, soprattutto in alcuni quartieri di importanti città europee dove gli immigrati vivono in una condizione di vera emarginazione e forse senza un sufficiente adeguato controllo sociale.

Sul discorso di Eva Vlaardingerbroek

L’ouverture del discorso è imperniata sull’elencazione di azioni di criminalità effettuate da immigrati nei giorni precedenti la conferenza, indicandone una stretta correlazione tra presenza di immigrati e aumento della criminalità così espressa: «Ma sappiamo tutti che questi non sono più incidenti. Se c’è una cosa certa, è che sappiamo, e lo sanno anche i nostri governi, che esiste un legame tra immigrazione di massa e criminalità». Una dichiarazione che non trova alcun riscontro con la realtà, infatti, anche se è noto che parte dell’immigrazione disagiata ed emarginata e senza un completo controllo delle forze dell’ordine è in parte gestita dalla criminalità organizzata, basterebbe leggere quanto è riportato nei dati registrati da Eurostat negli ultimi 10 anni, per riscontrare che al notevole incremento del numero di immigrati in Francia, Germania, Italia, Spagna e diversi altri Paesi europei non corrisponde analogo incremento del numero dei crimini generali commessi. Ma allora chiediamoci perché vengono diffusi dati così fuorvianti. L’unico obiettivo sembrerebbe il tentativo di incutere paura a quanti, abbagliati dall’effetto temporaneo di tali affermazioni o da puri interessi politici, applaudono senza ben comprendere gli enormi danni sociali che ne possono derivare dall’attuare quanto previsto nel discorso citato.

Dopo questi primi riferimenti la relatrice si sposta sull’ipotesi dell’invasione dell’Europa da parte del mondo islamico. Un argomento già sufficientemente trattato nell’articolo Tradizioni islamiche in Europa: sfide e controversie. Nel suo accorato intervento si tenta di dimostrare che l’Europa è già invasa da musulmani e per rendere più appariscente la citazione elenca percentuali di musulmani in città olandesi, oltre che a Londra e a Bruxelles, non menzionando ovviamente i dati reali che vengono pubblicati dall’Eurostat Statistics del 2023. Da questi dati, come esempio, sono riportati di seguito quelli di alcuni Paesi con indicato il numero di immigrati in migliaia e tra parentesi la relativa percentuale rispetto gli abitanti del Paese. Belgio n.606,6 (5,2%), Bulgaria n.64,6 (1%), Germania n.7.715,0 (9,1%), Grecia n.649,9 (6,2%), Spagna n.4.394,9 (9,1%), Francia n.4.074,6 (6,0%), Italia n.3.746,9 (6,4%), Ungheria n.142,3 (1,5%), Olanda n.713,5 (4,0%), Austria n.842,5 (9,3%), Polonia n.402,8 (1,1%), Portogallo n.565,3 (5,4%), Romania n.158,8 (0,8%), ecc. Ovviamente tali dati fanno cadere le prospettazioni disastrose evidenziate dalla relatrice; e pensare che questo forte attacco parte da un politico olandese, di un Paese, cioè, che registra immigrati pari al 4% della loro popolazione, ed è rivolto al popolo ungherese dove gli immigrati sono 1,5% della loro popolazione. Una semplice considerazione sufficiente a ridurre fortemente le prospettazioni di un’Europa sull’orlo del baratro che potrebbe salvarsi solo con l’avvio di un regime razzista.

Proseguendo nel suo pressante invito non poteva mancare un attacco ai politici che sono contrari a queste evidenti forme di razzismo e ciò viene fatto citando la Grande Teoria della Sostituzione, l’idea dell’esistenza di un complotto a livello mondiale secondo cui ci sarebbe una cospirazione globale per sostituire i bianchi con persone di altre etnie, facendo paventare alla classe bianca e medio-bassa di perdere i loro privilegi nei confronti dei migranti stranieri che arrivano in Occidente. A questa teoria, in effetti, sembra si rifacciano complotti e attacchi armati di matrice razzista in varie parti del mondo, in genere alimentati e sostenuti da alcuni politici di estrema destra. Non è poi difficile scoprire che alcuni sostenitori di questa teoria siano anche oppositori intolleranti di qualunque altra religione oltre il cristianesimo, dell’omosessualità e dell’aborto per impedire che la mancanza di nuove nascite possa contribuire ad una futura estinzione della razza bianca. Una teoria, ovviamente osteggiata dai movimenti femministi, ma condivisa anche da alcuni cattolici conservatori, che in tal caso sarebbero in netto contrasto con tutte le direttive e gli insegnamenti quotidianamente diffusi da Papa Francesco.

Con tono deciso, dopo aver parlato della “Sostituzione” in atto e dopo avere accusato l’establishment politico europeo di corresponsabilità di quel che sta accadendo, la relatrice dà il suo affondo finale certamente non foriero di pace e di serenità. Infatti, dopo avere ulteriormente evidenziato aspetti legati alla potenziale invasione dell’islam, afferma che l’istituto totalitario e dell’Unione Europea deve cadere così concludendo:

Quindi l’unica risposta è che la Torre di Babele dev’essere distrutta. Signore e signori, noi siamo le figlie e i figli delle più grandi nazioni sulla terra e dobbiamo chiederci: cosa ci è successo? Da dove veniamo e, soprattutto, dover stiamo andando? Le nostre élite hanno dichiarato guerra contro di noi e ora è giunto il momento di indossare l’armatura completa di Dio, reagire e vincere.

Una citazione biblica (la Torre di Babele) ad avviso dello scrivente fuori luogo, ma ancora una volta utile per dare forza al successivo invito di fare crollare l’attuale struttura politica europea che mette in repentaglio le radici cristiane.

Un breve ricordo dell’inquisizione del 1492 in Spagna

Nell’ascoltare queste affermazioni sembra quasi un ritorno al passato e ritengo utile ricordare quell’altra forma di protezione del cristianesimo messa in atto con l’Editto di Granada del 31 marzo 1492 (Decreto dell'Alhambra), della regina Isabella I di Castiglia, detta Isabella la Cattolica, e del consorte Ferdinando, che ordinava a tutti gli ebrei di lasciare il regno entro quattro mesi, a meno che non si convertissero al cristianesimo. Gli ebrei che non vennero espulsi rimasero perché si convertirono e furono chiamati “conversos”, ma furono comunque soggetti alla sorveglianza dell'Inquisizione che spesso metteva in dubbio la sincerità delle loro conversioni. I musulmani inizialmente avevano il diritto di continuare a praticare la loro religione. Tuttavia, questa tolleranza durò poco, infatti, nel 1502, un editto reale ordinò a tutti i musulmani della Castiglia e di altre parti della Spagna, come in precedenza agli ebrei, di convertirsi al cristianesimo o di lasciare il regno. Molti musulmani si convertirono e furono conosciuti come “moriscos”, ma anche loro furono spesso perseguitati e discriminati.

Forse questo messaggio olandese vuole istigare alla ripetizione di episodi simili? Magari con la riproposizione di un nuovo Torquemada, quella figura centrale nella storia dell'Inquisizione spagnola che ha avuto un ruolo significativo nell'espulsione degli ebrei dalla Spagna nel 1492, convincendo la regina Isabella che le loro abitudini e la loro fede stavano portando i cattolici verso l'eresia. Lo stesso principio dopo l’espulsione degli ebrei venne poi applicato, con lo stesso rigore, ai processi nei confronti dei moriscos che fossero stati sospetti di falsa conversione. Una pagina storica in cui gli interessi politici economici e religiosi si fusero in un unico sistema di espulsione. L’espulsione dalla Spagna e dai Paesi sotto il controllo spagnolo di ebrei e musulmani non ebbe certamente risultati positivi, soprattutto nei rapporti tra modo musulmano e cristiano, poiché la cultura musulmana aveva lasciato nei secoli, in quei Paesi segnali positivi le cui tracce sono ancor oggi ben visibili anche a chi tenta di farle dimenticare.

Un richiamo alle crociate

Un altro ritorno al passato potrebbe essere il desiderio di cacciare i musulmani dalle loro Moschee e dall’Europa, quasi come una nuova crociata da giocare in casa. Ma anche per tali eventi corre l’obbligo ricordare che le crociate di allora, pur avendo favorito la conoscenza e le contaminazioni in ambito culturale, ebbero un impatto negativo anche sulle relazioni tra l’Europa e l’Islam, suscitando diffidenza e paura reciproca. La fede sincera di molti crociati fu spesso strumentalizzata e messa al servizio di interessi economici e politici, oltre che religiosi e i rapporti tra cattolici e ortodossi e fra cristiani e musulmani si ruppero in modo quasi irreparabile.

Su cristianesimo e cattolicesimo nell'Unione Europea (UE)

In considerazione che Eva Vlaardingerbroek si è convertita al cattolicesimo nel febbraio 2022 e invita tutti i cristiani a seguire il suo invito si ritiene opportuno evidenziare alcune brevi indicazioni sull’attuale presenza cristiana nell’Unione Europea, per meglio comprendere l’effetto che posso provocare alcuni pressanti inviti rivolti ai cristiani:

  • la popolazione dell'Unione Europea (UE) nel 2024 è stimata intorno ai 447 milioni di persone, con una stima basata sui dati demografici più recenti e sulle proiezioni di crescita e cambiamento della popolazione negli Stati membri dell'UE, ancorché suscettibile di leggere variazioni a causa di fattori come tassi di natalità, mortalità, migrazione e politiche demografiche specifiche di ogni paese membro;
  • nel 2014, si stimava che la popolazione cristiana nell'Unione Europea fosse di circa 280 milioni di persone. La popolazione cristiana include cattolici, ortodossi e protestanti, che sono le principali denominazioni cristiane presenti nell'UE;
  • che tale stima è anche confermata dall’Annuario Pontificio del 2024 e l’Annuario Statistico della Chiesa del 2022, dove è riportato che il numero di cattolici battezzati in Europa è rimasto stabile, attestandosi a circa 286 milioni sia nel 2021 che nel 2022. Nonostante non ci siano dati specifici per il 2024, possiamo presumere che la situazione sia rimasta relativamente invariata, considerando la tendenza alla stabilità negli anni precedenti. Pertanto risultano cristiani battezzati circa il 60% della popolazione dell’Unione Europea (UE).

I dati sopra riportati ci dovrebbero fare riflettere su come meglio affrontare le sfide attuali europee in termini di pace e di migrazione a partire, soprattutto per i cristiani e i cattolici in particolare, dalle comunicazioni e dagli inviti di Papa Francesco e dalle parole pronunciate recentemente dal vescovo Mariano Crociata, presidente della Comece2 che riunisce i vescovi dei Paesi membri dell'Unione Europea, e riportate su “vatican news”, con cui si ribadisce l'importanza di sostenere i valori comunitari per meglio affrontare le sfide della pace e delle migrazioni, la promozione della solidarietà, la difesa della vita, della famiglia e dell'ambiente:

Crediamo che per noi europei questo progetto iniziato più di 70 anni fa debba essere sostenuto e portato avanti, soprattutto in questi tempi “difficili e incerti", con una serie di crisi negli ultimi anni e vere e proprie sfide da affrontare nel prossimo futuro, come le guerre in Europa e nei Paesi vicini, le migrazioni e l’asilo, il cambiamento climatico, la crescente digitalizzazione e l’uso dell’intelligenza artificiale, il nuovo ruolo dell'Europa nel mondo, l'allargamento dell’Unione Europea e la modifica dei trattati.

Il rischio di una “Guerra Santa”

La prosecuzione della pace nell’Unione Europea non può essere compatibile con un discorso, così pieno di odio e di puro razzismo, da sembrare proprio un invito all’avvio di una vera “Guerra Santa” da parte di musulmani di tutto il mondo contro i cristiani. È ben noto che i pensieri di Papa Francesco hanno un impatto significativo su molti cristiani in Europa e non solo tra i cattolici, ma tra gli aderenti ad altre denominazioni cristiane e che le sue opinioni su questioni di fede, morale e giustizia sociale trovano spesso eco in un vasto pubblico. Ora, se chi ha fatto simili discorsi si professa cattolica o se cristiani si professano quanti tendono a seguire i relativi inviti sopra citati, ritenendo di muoversi contestualmente nell’ambito cristiano, se avessero dubbi sugli argomenti relativi all’accoglienza e all’integrazione è opportuno che leggessero alcune lettere ed encicliche sui migranti emanate dal Santo Padre. Tra le encicliche desidero ricordare: “Laudato si” del 24 maggio 2015 e “Fratelli tutti”, del 3 ottobre 2020, sulla Fraternità e L'amicizia Sociale. Ulteriori messaggi sono stati anche diffusi in occasione delle diverse “Giornate Mondiali dell’Emigrazione”. Sono documenti discussi, studiati e condivisi da cristiani di diverse confessioni.

Infine, soprattutto a chi da cristiano desidera lanciare segnali di violenza e di razzismo in Europa propongo di rileggere, per quanti desiderosi di pace non l’avessero già letto, il famoso “Discorso della Luna”, che l’11 ottobre 1962 pronunciò Papa Giovanni XXIII, nel giorno che aveva visto aprirsi il Concilio Vaticano II, in cui disse:

Continuiamo dunque a volerci bene, [...] cogliere quello che ci unisce, lasciar da parte, se c'è, qualche cosa che ci può tenere un po' in difficoltà...

Questa frase, ormai famosa, è stata comunemente tradotta come: “Bisogna ricercare ciò che unisce, tralasciando ciò che divide”. Forse dalla lettura o approfondimento di questi documenti si potrebbe meglio comprendere e valutare la pericolosità dell’invito della relatrice.

E non mi pare che l’obiettivo dell’invito fatto dal politico olandese fosse in sintonia, né con l’enciclica “Fratelli tutti”, né con il “Discorso alla Luna”, né con altri messaggi costantemente enunciati da Papa Francesco sull’argomento di pace tra i popoli e sui migranti.

Considerazioni finali

Il discorso pronunciato dal politico di estrema destra olandese è stato tenuto con un crescendo sempre più provocatorio, quasi a dare l’impressione di volere perseguire l’apologia della violenza attraverso la propaganda e l’istigazione ad agire per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa.

Nel discorso sembra materializzarsi, frase dopo frase, l’esistenza di un piano ben preparato per far salire la tensione agli ascoltatori e spargere paura, per colpire una parte, ancorché minima, di democratici con l’obiettivo di intimidirne di conseguenza una larga parte della totalità. Sembra quasi un invito alla cacciata di tutte le persone musulmane esistenti in Europa per allontanare così il pericolo di una diffusione dell’islam e avere una nuova razza pura cristiana (sembra ancora un triste ritorno al passato!).

Oppure potrebbe trasformarsi quasi un chiaro invito alla formazione di nuove “Crociate”, basta ricordare le sopra citate parole: “ora è giunto il momento di indossare l’armatura completa di Dio, reagire e vincere”, ovviamente senza nulla dire sul fatto che le guerre religiose di un tempo, da qualunque appartenenza religiosa promosse, sarebbe opportuno che fossero dimenticate, perché non hanno rappresentato periodi gloriosi per nessuna religione.

Ad avviso dello scrivente, invece di promuovere una campagna su temi così pericolosi, sarebbe opportuno considerare che la migrazione è un fenomeno complesso con molteplici sfaccettature, che le politiche e le percezioni riguardanti la migrazione possono variare notevolmente a seconda del contesto e delle opinioni individuali e che è fondamentale affrontare questo argomento con sensibilità e basarsi su dati accurati per una discussione fondata su una corretta informazione. Ad esempio, è opportuno in tal senso considerare:

  • che nell’Unione Europea vivono circa 447 milioni di persone, di cui 24 milioni sono cittadini di paesi extra UE (il 5,4% della popolazione totale dell’UE);
  • che nel 2022, nel mercato del lavoro dell’UE, su un totale di 193,5 milioni di persone di età compresa tra i 20 e i 64 anni, erano occupati 9,93 milioni di cittadini di paesi extra UE (il 5,1% del totale);
  • che, pertanto, una forza lavorativa non indifferente a sostegno delle attività lavorative nei Paesi europei è dovuta propri ai migranti, per attività che sono state anche in crisi proprio per la mancanza di mano d’opera europea.

Purtroppo non bisogna sottovalutare che il pericolo di tali discorsi è che possano trovare terreno fertile per l’attuale situazione economica generale e soprattutto in ragione delle forti diseguaglianze esistenti nel mondo, facendo sognare il facile accesso ad una migliore economia e ad una pace duratura attraverso l’esaltazione del razzismo.

Con le considerazioni già ampiamente riportate nell’articolo Migranti e traffico di esseri umani: la tratta dei nuovi schiavi, dalla quale ritengo opportuno riportare di seguito alcune brevi parti finali, valide oggi ancor più di ieri. Dovendo tenere sempre valida la distinzione tra “migrante in cerca di rifugio” e “migrante economico”. Il primo ha dovuto abbandonare la propria residenza o il proprio Paese a causa di una guerra, di una calamità naturale o per motivi di fame o di sicurezza personale in genere, che cerca poi rifugio in altro Paese assumendo la condizione di rifugiato quando viene regolarmente accolto. Il secondo mira, con legittima aspirazione, a migliorare la sua posizione economica e sociale, ma in tal caso il suo accesso deve essere preventivamente autorizzato, perché ritenuto compatibile, dal Paese ospitante.

Nell’articolo sopra menzionato, tra le considerazioni finali si legge:

I trasporti attraverso i trafficanti impoveriscono ulteriormente gente già molto povera, perché per ogni partenza dall’Africa vengono pagati agli scafisti migliaia di euro. Un effettivo controllo concordato dei migranti nelle coste sud del Mediterraneo e una seria politica dei rimpatri, da mettere in atto in tutta l’Europa, darebbero la possibilità di accogliere persone che potrebbero così evitare lo sfruttamento e integrarsi nel Paese ospitante, diventando forze lavoratrici attive col pieno riconoscimento dei loro diritti umani e il ripristino della loro dignità. Il Governo italiano mira attualmente a dissuadere i trasporti illegittimi e a non cedere alle critiche dell’opposizione, fin quando non saranno chiarite le regole che, come prima cosa, dovrebbero evitare i tanti morti in mare. Fino a quando non ci sarà un preciso accordo tra Europa e Paesi transfrontalieri, che consenta un controllo sullo stato effettivo dei migranti prima del loro imbarco per l’attraversamento del Mediterraneo, il divieto di sbarco dalle navi non autorizzate nei porti europei potrebbe avere i seguenti risultati positivi:

  • scoraggiare le partenze dei potenziali profughi dai loro Paese, rendendo ben noto che il rischio che corrono per la loro vita e per il buon esito della traversata è probabilmente superiore al rischio dovuto alla permanenza nel loro Paese;
  • ridurre l’attuale enorme traffico di esseri umani;
  • ridurre il numero di “nuovi schiavi” poiché molte delle persone clandestine, una volta sbarcati in Paesi europei, verrebbero indotte alla prostituzione e allo spaccio di droga e tenute sotto costante controllo dalla malavita organizzata;
  • ridurre la potenziale scomparsa di bambini di cui si perdono facilmente le tracce dopo il loro sbarco;
  • eliminare il transito delle navi delle ONG che si prestano ad attuare discutibili “salvataggi in mare per pericolo di affogamento”;
  • valorizzare il contributo delle ONG, indirizzandolo al trasporto dei migranti autorizzati, con una piena assistenza e cura dei passeggeri a scopo umanitario.

Infine deve essere sempre ben evidenziato che la vera povertà, presente in alcuni Paesi dell’Africa sub equatoriale, potrà essere vinta potenziando gli interventi economici in quei paesi, aiutandoli a meglio utilizzare le loro risorse naturali, evitando così inutili sfruttamenti da parte di alcune multinazionali e l’illecito arricchimento personale di pochi individui del loro Paese. Questo problema, in considerazione anche delle migliaia di migranti morti provenienti dall’Africa sub equatoriale, dovrebbe però essere affrontato fortemente oltre che dall’UE anche dall’Unione Africana, poiché alcuni governanti di Paesi interessati al fenomeno migratorio sembra che mirino più a consolidare i loro potere politico ed economico nell’ambito del Continente, che ad affrontare, per tentare di risolverlo, questo triste problema.

L’Unione Europea certamente non mancherà al suo impegno di concedere il diritto d’asilo a quanti ne hanno le caratteristiche, ma non potrà mai consentire un ingresso indiscriminato e incontrollabile idoneo ad alimentare economicamente i trafficanti di esseri umani e la malavita organizzata, sotto il cui potere e controllo restano irretiti tanti migranti, tra i quali potrebbero trovarsi persone ricercate dalla giustizia nei loro Paesi. Nel DNA della popolazione europea esiste il vero senso dell’accoglienza umanitaria, ma nei limiti che non venga trasformata in involontaria condivisione del malaffare.

Mi sembra opportuno evidenziare che uno dei grandi benefici dell’Unione Europea è stato di averci allontanato dalle guerre, che resta sempre il più grande desiderio dei suoi abitanti. Il popolo europeo è prevalentemente per la democrazia pura, lontana da alcuna forma dittatoriale e non vuole certamente annullare i grandi passi fatti per privarsi di quanto ha già raggiunto, perché inviti simili a quello sopra menzionato, ancorché apparentemente elegantemente edulcorati, porterebbero inesorabilmente ad un incremento del razzismo con conseguenze non auspicabili e neanche prevedibili. Noi europei dobbiamo essere orgogliosi di avere allargato i nostri confini a popoli sotto oppressioni dittatoriali che oggi annoveriamo tra i nostri fratelli europei e con i quali stiamo continuando a costruire assieme una casa comune. Per quanto sopra esposto non è comunque possibile affermare categoricamente la totale apertura indiscriminata e incontrollata a tutti i migranti, né il rifiuto della loro totale accoglienza: la verità non sta da una sola parte.

La democrazia è una condizione sociale che normalmente si raggiunge dopo un processo culturale lento attraverso cui il popolo europeo unito può aspirare ad una pace duratura, mentre la perdita della democrazia può avvenire in tempi rapidi, trascinandosi dietro la pace. É questo che desideriamo noi europei dopo quel che abbiamo raggiunto dalla Seconda guerra mondiale ad oggi? O dobbiamo avviare un processo che ci possa portare a dovere affrontare nuove guerre, anche religiose? E, in considerazione che l’invito è rivolto soprattutto ai cristiani, ritengo opportuno evidenziare l’antico proverbio derivante dal libro del profeta Osea (versetto 8,7[1]): «E poiché semineranno vento, raccoglieranno tempesta». È così difficile capire cosa si potrà raccogliere seminando razzismo e invitandolo alla violenza? Desideriamo per noi e per i nostri figli: un futuro di pace o di continue guerre e atti terroristici?

Note

1 CPAC (Conservative Political Action Conference) è una conferenza annuale organizzata dalla American Conservative Union (ACU), considerata uno degli eventi più importanti per il movimento conservatore negli Stati Uniti. La conferenza riunisce politici, attivisti, commentatori e sostenitori del conservatorismo per discutere di politiche, strategie e questioni rilevanti per il movimento. Il primo CPAC si è tenuto nel 1974. L'evento è nato in risposta alla crescente necessità di un forum in cui i conservatori potessero incontrarsi, condividere idee e coordinare le loro attività politiche. Nel corso degli anni, il CPAC è cresciuto in dimensioni e importanza, diventando una piattaforma significativa per i leader conservatori e un punto di riferimento per il lancio di nuove iniziative e candidature politiche. Tra i partecipanti abituali del CPAC vi sono membri del Congresso, governatori, intellettuali e commentatori dei media, oltre a figure di spicco del Partito Repubblicano. Il CPAC si tiene tipicamente ogni anno verso la fine di febbraio o l'inizio di marzo e include discorsi, pannelli di discussione, e sessioni di networking.
2 La Commissione delle conferenze episcopali della Comunità Europea, in lingua latina Commissio episcopatuum Communitatis Europaeae (COMECE), è un'organizzazione cattolica romana che riunisce i vescovi europei con lo scopo di esaminare la politica e la legislazione dell'Unione europea (UE) dal punto di vista della dottrina sociale della Chiesa cattolica. COMECE non deve essere confuso con il Consiglio delle conferenze dei vescovi d'Europa (CCEE). (Wikipedia)